Il personaggio

«Nei miei numeri mi identifico, infiniti frammenti da condividere»

Paolo Grassi, pittore e scultore, quindici anni fa ha avuto l’intuizione vincente: creare un’opera continuativa, un eterno movimento
21.07.2022 10:10

Danno sicuramente l’idea del movimento le opere di Paolo Grassi, 63 anni, pittore e scultore. Artista… un po’ per caso potremmo dire. Ancora oggi a chi, giustamente, lo definisce così - al suo attivo numerose mostre, collettive e personali, anche all’estero, pubblicazioni e riconoscimenti - risponde: «In realtà io sono Paolo e faccio questo. Se è arte o no non lo so».

Schivo, un po’ timido, riservato, Grassi oggi ‘vive di rendita’, nel senso che quindici anni fa ha avuto l’intuizione vincente, quella che l’ha fatto svoltare e, col tempo, conoscere e apprezzare. Ha inventato un concetto, come lo definisce lui, «una linea di storia infinita, un’opera continuativa, di cui tutti potessero averne una parte, un frammento».

Il sogno

Paolo Grassi è nato e cresciuto a Losone. Da piccolo sognava di viaggiare, era sempre col naso dentro gli atlanti, le enciclopedie (all’epoca mica c’erano i pc!). «Mi immaginavo di essere in quel luogo, in quell’altro… sognavo percorsi, itinerari…». E riecco l’idea del movimento (tanto per restare al tema di questa Illustrazione). Ma i sogni, si sa, spesso ci mettono un po’ ad avverarsi. Inoltre, da piccolo era un bimbo gracile e i suoi genitori tendevano a proteggerlo. «Mi volevano odontotecnico, a me sarebbe invece piaciuto lavorare in un’agenzia di viaggi». Alla fine inizia un apprendistato di grafico. «In realtà non avevo talento per il disegno e ho avuto non poche difficoltà. Una volta terminato l’apprendistato mi sono messo in proprio, grafica, pubblicità. All’epoca avevo già parecchi amici artisti ma nessuno che mi dicesse prova a fare qualcosa di tuo. Poi nel 2000 ho ereditato un terreno di famiglia e ho pensato di provarci. Ho disegnato e progettato la mia casa con annesso un atelier». Un buon inizio. Nel 2003, complice un soggiorno a Barcellona dove alcuni amici artisti lo spingono a presentare i suoi lavori, in seguito organizza una mostra. Qualche mese dopo, alla Biblioteca di Locarno si presenta con la mostra Acqua rivelatrice. Nel frattempo, Grassi continua a fare grafici, progetti di design, costruire mobili per casa sua. Lo contraddistinguono ricerca e sperimentazione di nuove forme comunicative, logiche e estetiche.

La svolta

«Lo ricordo ancora come fosse ieri. Era il 9 giugno 2007, Corpus Domini, una bellissima giornata. Ero in giardino, leggevo un Maigret. L’indagine si svolgeva a Cannes. Ho guardato la mia compagna e le ho detto «ma cosa fa lui a Cannes e noi qui a Losone?». Siamo partiti, anche per ritrovare gli stessi luoghi del romanzo, poi ci siamo spostati a Saint-Paul-de-Vence, Saint-Tropez e ci siamo fermati sulla spiaggia di Sainte-Maxime a farci una pennichella. Da tempo ero alla ricerca di qualcosa che mi identificasse. Nel dormiveglia, pensavo che avrei dovuto inventarmi un’opera infinita, facile da condividere. È lì che mi sono venuti in mente i numeri, sottoforma di singoli elementi… cosa c’è di più infinito?». Oggi al suo attivo Grassi ha circa trecento opere formate da elementi numerici, di ogni forma, materiale e dimensione. Alcuni hanno nomi romantici: Samantha, Love, Melody. E siccome a Grassi le sfide piacciono, i «suoi» numeri da un po’ li piazza anche sulle facciate dei palazzi. Ogni elemento include il numero successivo a quello del lavoro precedente, in un ordine che si perde nell’infinità di variazioni rappresentative ed espositive, ma che mantiene collegate le opere del ciclo tra di loro.

Dallo zero a..

Grassi, in quel lontano giugno 2007, è partito ovviamente dallo zero, «Ho esposto al Museo Epper di Ascona un lavoro di pura luce, rappresentava l’idea». L’1, il 2 e il 3 sono un’installazione sul loculo dei suoi genitori. E da lì è stato un continuo. Finisce un’opera e ne inizia un’altra. Un incessante produrre, un movimento ininterrotto, senza fine. Nello stesso anno viene invitato a presentare una sua performance al finissage della rassegna openArt di Roveredo.

Oggi Grassi è, come si dice, entrato nel giro. Conosce artisti, prende parte a concorsi e viene invitato un po’ ovunque. Lo scorso anno è stato selezionato per partecipare al Premio Vittorio Sgarbi, una sorta di rave con sezioni dedicate alla pittura, alla scultura e alla fotografia.

La matematica

E pensare che Grassi a scuola era una schiappa in matematica. «Per fortuna non c’entra nulla saper far di conto. La mia è solo una sequenza. I miei lavori possono essere formati da un solo numero o da cento, alcuni sono semplici altri complicatissimi, magari fatti con i resti di un’altra opera». Grassi non butta via niente. Tutto prima o poi gli torna utile, finisce dentro le sue opere. Opere che dopo quindici anni iniziano col 5’900… «Le decine cambiano velocemente ma le prime due cifre no, ci mettono un po’. A volte devo risolvere dei problemi, come dire?, tecnici. E allora faccio un quadro per avere a disposizione altri numeri». Altri numeri? Che significa? «L’ho detto, problemi tecnici, anche se in realtà li vedo solo io. Ma ci tengo a fare le cose per bene».

Meticoloso, preciso, Grassi si annota tutte le opere che fa, quadri, acrilici, bronzi, steli. I numeri utilizzati, la forma, la dimensione, il colore, il peso, il costo medio... si segna tutto. Ha anche l’elenco di chi ha comperato i suoi lavori.

Un gatto e mezzo

Grassi vive con la compagna e un gatto e mezzo. «Il mezzo gatto è del vicino - chiarisce -. Viene e va, si fa un giro in casa, mangia dalla ciotola del mio, si fanno un po’ di compagnia…». Un’amicizia destinata a durare nel tempo. Proprio come i numeri di Grassi, partito quindici anni fa dal numero zero per mirare all’infinito. II

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