Eco dello Sport

A pranzo con Andrea Iannone

«Abbiate passione per quello che fate non per il successo; per vincere in moto e nella vita serve un lavoro di gruppo, da soli non si va da nessuna parte»
Giorgia Cimma Sommaruga
26.06.2022 12:10

Andrea Iannone è nel suo locale in Piazza Dante, a Lugano, il Passion, immerso in un’atmosfera floreale dove predomina il lilla con sfumature fucsia. C’è anche Angelo, il fratello-manager dell’ex pilota, sorriso e una accoglienza tutta abruzzese. Iannone infatti, seppur da qualche anno abbia scelto di vivere in Ticino, è nato a Vasto in provincia di Chieti. Da lì come precisa sin dalle prime battute ha «girato il mondo in lungo e in largo: dico sempre che già a 15 anni avevo fatto dieci volte il giro del globo».

Chiuso con moto e circuiti, dopo l’amara sentenza della Wada (World Anti-Doping Agency) che lo ha condannato a 4 anni di squalifica, oggi Iannone è un imprenditore di successo nel campo della ristorazione. Tuttavia «correre in moto è ciò che mi dà più emozioni, e rimane la mia prima passione».

Facciamo un passo indietro

Era il 17 dicembre 2019 quando arrivò la pesantissima condanna. Il motivo? Nelle sue urine è stato trovato un nanogrammo di drostanolone. Che è proibito dall’Agenzia mondiale antidoping, poiché considerato uno steroide anabolizzante. Ma quello che per la fondazione creata dal Comitato Olimpico Internazionale è una chiara violazione delle regole anti-doping, per molti esperti potrebbe trattarsi di una semplice intossicazione alimentare. Iannone spiega: «Questa sostanza rende meno agili e più pesanti. Chi va in moto ad alti livelli non ne trae alcun beneficio».

Un passione inaspettata

Metabolizzata la decisione del Comitato, Iannone ha trovato nuovi stimoli, ma aspetta il 2023 per poter tornare in sella. Nel frattempo fa l’imprenditore. Già, cosa lo ha spinto a buttarsi nel mondo della ristorazione? «La verità è che io ho sempre avuto un forte interesse per la ristorazione e l’entertainment, attività che in altre città come Milano e Madrid si svolgono già molto bene. Sin da piccolo ho girato molto, viaggiando per lavoro e per piacere, ho avuto modo di apprezzare locali di tutti i tipi - anche i club e le discoteche - di cui però non sono un frequentatore assiduo». Della ristorazione Iannone apprezza «l’idea che la gente si possa divertire. Riuscire a regalare momenti positivi alle persone che si recano nelle mie location mi rende felice».

A Lugano «sono nati il Jungle, a seguire il Passion e poi il Gitano», spiega. Locali molto diversi l’uno dall’altro, tant’è che «vogliamo coprire le esigenze dei clienti nell’arco della giornata. Da quello che esce dall’ufficio di fretta per un pranzo veloce, a quello che vuole fare un aperitivo per staccare una volta finito di lavorare, a quello che cerca il suo pranzo sano, e anche a chi quando gli altri pranzano si è svegliato da poco e vuole fare colazione».

Oggi sembra essere davvero complesso accontentare tutti, ma questo non sembra spaventare Iannone. «Oggi per essere competitivi - avverte - bisogna saper arrivare ovunque».

Due mondi vicini

Per chi non si è formato nel mondo della ristorazione talvolta è complicato dare consigli ai propri collaboratori per contribuire al successo di un locale. «Ma io porto la mia esperienza di vita - spiega Andrea Iannone -. Anche i concorrenti ti possono insegnare molto. Mi spiego meglio. Io vengo dal mondo delle corse. La prima volta che scendi in pista, dopo il primo turno di prove, i due piloti del team rientrano nel box. Viene scaricata da entrambe le moto la telemetria, una scatola che tiene memoria di tutte le azioni che compie il pilota, quando frena, quando e dove accelera. Queste vengono messe a confronto, per comprendere dove ciascuno può migliorare, comprendere i limiti, ma soprattutto alla base del confronto c’è l’obiettivo di sfruttare sino in fondo il pacchetto che si ha a disposizione. Per funzionare al meglio, in moto come in un locale, bisogna essere prima di tutto umili, non perdere la voglia di imparare, di mettersi alla prova e in discussione, e non pensare di essere già al primo posto, perché anche chi fa peggio ci può insegnare qualcosa».

Dunque due mondi, quello delle corse in moto, e quello della ristorazione, apparentemente agli antipodi. Eppure c’è un aspetto particolarmente familiare per entrambi. «Il lato umano», spiega Iannone: «Nella ristorazione i dipendenti si occupano di come impiattare il cibo, di come apparecchiare il tavolo e in che modo disporre il cucchiaino vicino alla tazzina del caffè. Nel mondo delle corse non ci sono solo i piloti, ma anche gli ingegneri, i preparatori, i meccanici… Quindi alla fine sono due mondi legati dalla praticità umana. Nella ristorazione, una volta che si ha a disposizione una bella location, a fare la differenza è il servizio. Nel motociclismo il pilota da solo non può fare nulla. È la componente umana a fare la differenza».

«Salmone con verdurine»

Andrea Iannone è concentrato sul suo obiettivo, migliorare giorno dopo giorno. Arriva il menù, ordina del salmone con verdurine saltate di contorno. «Oggi mi va di mangiare del pesce, di solito mangio sempre la carne». La carne? Ma Iannone sorride, non si pente di nulla. «Qual è il suo motto?», chiediamo all’ex pilota. «Non ne ho uno. Due parole però mi piacciono: confrontarsi e migliorarsi. Posso dire di vivere per questo».

E poi c’è la fede. Perché chi corre a 300 km orari sa bene a cosa potrebbe andare incontro… «Ora non vado più in chiesa come da piccolo, ma sono molto credente. Io prego e ci penso molto. Se ho fatto tutto quello che ho fatto è anche grazie a Dio oltre che alla mia famiglia, alla quale sono molto legato».

Dopo la squalifica

Tornando allo sport. Dopo lo stop forzato, Iannone odia le moto? Affatto: «Il mio rapporto con le due ruote non è mai cambiato. In moto vado spesso. Ma visto quello che è successo non voglio pensare troppo al futuro. Posso dire che fin quando c’è quella voglia di andare in moto, di essere veloci, bisogna coltivarla, nutrirla. In sella mi diverto moltissimo. Il mio sport non mi ha mai fatto paura».

Nelle parole di Iannone c’è un velo di amarezza, però gli brillano gli occhi quando parla della sua esperienza. Anche se la vita di un pilota è molto dura. Sacrifici, e anche tante, spesso troppe responsabilità. «Per un pilota che corre lavora una squadra intera. Il tempo delle persone non si può comprare, dunque quando sai che il tuo team dedica la maggior parte del suo tempo a lavorare per te, per metterti nelle migliori condizioni per vincere, fai di tutto per non deluderli. Penso che un pilota, quando vive situazioni difficili, dovrebbe pensare anche a questo, stringere i denti, e non demordere».

Ragazzo d’oro

Nel 2008 vince in Cina la sua prima gara iridata nella categoria 125. Nel 2010 passa in Moto2 con la Speed Up terminando l’annata terzo in classifica. Ma è il 2013 l’anno di Andrea Iannone nella classe regina. Il suo primo podio arriva due anni dopo, nel 2015, durante il Gran premio di Qatar. Entra di diritto nella storia della scuderia di Borgo Panigale quando in Austria, nel 2016, ottiene il successo, nonché la sua prima vittoria in MotoGP, facendo tornare alla vittoria la Ducati dopo 6 anni di distanza dall’ultima volta. Firma poi un contratto di due anni con la Suzuki, per poi passare nel 2018 alla Aprilia. «La mia prima vittoria, nei campionati giovanili, è stata quando avevo solo 13 anni. Certo, ero emozionato. Ma ho capito subito che era solo l’inizio, e quindi non mi sono montato la testa».

Le riviste patinate

Abituato ad essere sui giornali per i suoi successi nello sport e i risultati delle gare disputate, è inevitabile chiedersi come si sarà sentito Andrea Iannone quando è iniziato a comparire in modo martellante sulle riviste patinate e siti di gossip? Sospira… «Io penso che tutte le persone di successo vengano - ad un certo punto della loro vita - perseguitate». È una parola forte. Ma, «sì. Io mi sono sentito perseguitato. Sono venuto in Ticino a vivere per poter avere una vita più mia. In Italia la mia vita era di tutte quelle persone che mi seguivano in modo ossessivo e volevano raccontare qualcosa di me che non esisteva».

In Ticino vivo una vita che è davvero mia

Storie d’amore inventate, fatti ingigantiti, la macchina dei media talvolta può ferire. «Io non rinnego il fatto di essere una persona esposta. Sono diventato un pilota di successo. La gente quando mi vede mi dice sempre che sono una persona molto carismatica, non so cosa suscito negli altri. Sicuramente però le persone hanno molto interesse in quello che faccio».

Una nuova vita in Ticino

A Lugano ha trovato il suo equilibrio. «In Italia mi svegliavo la mattina e sotto casa avevo già i paparazzi, mi perseguitavano tutto il giorno. E questa per me non è vita. Capisco che ognuno abbia il suo lavoro, ma quella era davvero persecuzione nei miei confronti. Io ho sempre cercato di non farmi limitare da questo, ma non è bello vedere continuamente pubblicate cose su di te che non rappresentano la realtà dei fatti». E allora qual è la soluzione? Andarsene. «Il modo per evitare queste situazioni spiacevoli è stato togliermi da quell’ambiente e trasferirmi a Lugano. Qui c’è più privacy, più tranquillità, posso vivere in pace».

Ma non è solo la violazione della propria vita privata che ha spinto Iannone a fare questa scelta. «Anche la sicurezza. Negli ultimi anni in Italia ci sono sempre più furti: una volta trovi il vetro della macchina rotto, una volta ti trovi i ladri in casa. Sa… noi persone esposte siamo soggette a tante cose, e purtroppo non si tratta sempre di cose piacevoli. Quindi ho pensato al modo migliore per evitare queste brutte situazioni e vivere al meglio la mia vita».

Lugano è diventata la sua base, ma viaggia molto. Più che altro «per lavoro», spiega. «Viaggi di piacere ne faccio pochi, a meno che io non abbia una compagna con cui condividerli. E al momento sono single, beh… da quasi tre anni ormai».

«The Maniac»

Valentino Rossi, lo aveva soprannominato così, «the Maniac», il maniaco. Un nick name che nasce da questa attitudine di maniaco compulsivo della precisione di Iannone. E questa attenzione per i minimi particolari, per i dettagli, se la porta dietro anche nella sua nuova vita. Al primo posto negli affari mette infatti la fiducia. «Penso sia una di quelle cose che ci debba essere fin da subito nei rapporti di lavoro. Io ho fiducia in tutti i miei collaboratori, e soprattutto in quelli giovani».

Oggi Andrea Iannone si sente realizzato nelle vesti di imprenditore. Ma «per arrivare dove sono oggi ho lavorato molto, a testa bassa, ho investito tempo, ho messo a rischio la mia vita, ho sofferto, pianto, mi sono fatto male, rialzato, e se oggi sono un esempio positivo per le persone che lavorano con me non è un caso, non è stata solo fortuna, io mi sono impegnato e ho sempre lavorato per questo».

Il suo consiglio

A coloro che vogliono buttarsi nel mondo della ristorazione Iannone dice: «Oggi la concorrenza è tanta e ci sono tante persone capaci. Il mio consiglio? Non abbiate la passione per il successo, abbiatela per quello che fate. Se fate le cose per essere qualcuno, non funzionerà, fatele per diventerete qualcuno, grazie al vostro valore interiore. Che è unico».