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Campione d'Italia: «I ticinesi ora vengono a fare scorta di stecche»

L'enclave si ricicla con il turismo della spesa – Ma dice di «no» a tre supermercati
La tabaccheria di Giselle a Campione d'Italia ©Chiara Zocchetti
Davide Illarietti
25.06.2023 13:30

Quando la tabaccheria di fianco al casinò ha aperto i battenti, i campionesi hanno capito che i «tempi d’oro» erano davvero finiti. Fino a novembre nell’enclave le sigarette «si vendevano nei bar come in Svizzera» ricordano i clienti. «È sempre stato così, dalla notte dei tempi». Ora fumare costa quasi la metà ma non è una buona notizia.

Comprare Parisienne a prezzi ticinesi era il segno di un benessere diffuso. Adesso le Parisienne non ci sono tra gli scaffali alle spalle di Giselle, la titolare, che si è trasferita da Roma sul Ceresio dopo essersi aggiudicata un bando statale l’anno scorso. Le sigarette sono diventate «italiane» (Merit a 5 franchi, senza IVA: dall’altra parte del lago costano 9.60) e i clienti invece sono «in buona parte svizzeri» spiega la 39.enne. Fanno la scorta: una stecca e due pacchetti per volta, il massimo consentito. Per Giselle «sono un’ottima clientela».

I turisti del fumo

Anche Anna, titolare di un’enoteca in via Alessandro Volta, ha una clientela «quasi esclusivamente ticinese». Del resto si sa, il turismo della spesa è inversamente proporzionale al costo della vita. A Campione la belle epoque in cui i clienti erano i «VIP» italiani è solo un ricordo, nei bar sul lungolago. Carlo, 85 anni, ex parcheggiatore, sorseggia un espresso da 2 franchi mentre rievoca i personaggi del grande e piccolo schermo di cui ha guidato i «macchinoni» negli anni: Vittorio Gassman, «gran signore», Alberto Sordi «un amico», e poi Emilio Fede, Beppe Grillo, Lele Mora. Anche Carlo fuma (nonostante un ictus) e vede il bicchiere mezzo pieno. «Ai tempi sì che giravano gran soldi, adesso ci accontentiamo di risparmiare sulle sigarette».

Crisi di identità

Le generazioni più giovani non riescono a mandarla giù così facilmente. Deborah, al tavolino di fronte, fa parte dei 162 dipendenti del casinò municipale che sono stati riassunti dopo la riapertura, a inizio 2022. Erano 495 alla vigilia della chiusura forzata, cinque anni fa. «Per noi campionesi lavorare al casinò era una cosa normale, scontata» racconta. «Era una sicurezza e nessuno immaginava di doversi un giorno reinventare, dopo una vita passata là dentro».

Spesa con la casa da gioco sullo sfondo (foto Zocchetti)
Spesa con la casa da gioco sullo sfondo (foto Zocchetti)

Lei è stata fortunata. «Ad altri non è andata così bene» ammette. I dipendenti comunali si sono ridotti da 102 a 17 unità, fanno sapere dal Municipio. Gli stipendi sono scesi di 2 mila franchi al mese (ora si aggirano sui 5-6 mila) per chi ha mantenuto il posto. Gli altri hanno dovuto accontentarsi di una disoccupazione tra 900 e 1.200 euro, o hanno trovato lavoro in Ticino. Il Comune non dispone di dati precisi ma registra che i ristorni sono aumentati del 12 per cento in due anni (224 mila euro nel 2020, ultimo dato). Pochi («una decina») hanno trovato invece impiego in Italia. Ma i salari comaschi «non permettono di vivere in modo dignitoso nel nostro Comune» precisa il sindaco Roberto Canesi, per il quale le particolarità dell’enclave non sono mai abbastanza considerate. «L’uscita dallo spazio doganale svizzero (Campione è entrata in quello UE dal 2020, n.d.r.) è stata una decisione scellerata e controproducente di cui ora stiamo vedendo gli effetti».

Nuovi commerci

Nel frattempo il casinò è tornato a fare utili(42 milioni nel 2022, quest’anno il preventivo è di 52) e tutto intorno i commerci si stanno «lentamente riprendendo» nota il sindaco. «Stiamo tirando la testa fuori dall’acqua». Oltre alla tabaccheria, di recente ha aperto i battenti anche un mini-market: durante la pandemia «l’intento era offrire anzitutto un servizio alla popolazione campionese» spiega il titolare Alberto Ghiringhelli. «Poi siamo rimasti, naturalmente, e il negozio funziona molto bene». La clientela ticinese contribuisce specie tra le 18 e le 20, quando i negozi oltre frontiera chiudono. «C’è la fila» assicura un commesso, anche lui ex dipendente del casinò.

I supermercati bussano alla porta

Ma l’enclave non fa gola solo ai piccoli commercianti. Anche la grande distribuzione italiana vorrebbe farne un «cavallo di Troia» nel cuore del Sottoceneri: dallo scoppio della pandemia ben tre catene di supermercati della vicina Penisola hanno avviato colloqui con il Municipio per sbarcare in paese, racconta il sindaco. «Finora come Comune ci siamo sempre espressi in modo contrario». La decisione però spetta ai privati e non è escluso che, una volta individuata una superficie adeguata, in faccia al golfo di Lugano possa aprire una filiale di Bennet, Esselunga o Conad (per fare nomi a caso). Magari proprio al quinto piano del Casinò, rimasto sfitto dopo la crisi e da allora - pare - oggetto di progetti commerciali rimasti finora solo sulla carta.

«Non siamo interessati. Porterebbero solo stipendi bassi e tanto traffico. E rovinerebbero i rapporti con il Ticino» accenna Canesi. Il tacito accordo prevede che sì, benvenuti i turisti della spesa, ma non troppi: «Non vogliamo fare un danno commerciale ai nostri vicini». Nel bar sul lungolago c’è chi non concorda. «Un bel supermercato porterebbe un po’ di vita» immagina un avventore indicando le serrande abbassate che scendono all’imbarcadero: una gelateria e due storici ristoranti chiusi (l’ultimo, Da Candida, domenica scorsa). Simboli, anche questi, dei bei tempi andati.

Sergio e Quintiliano, 88 e 75 anni, amici "di carrello" si incontrano al minimarket di Campione (foto Zocchetti)
Sergio e Quintiliano, 88 e 75 anni, amici "di carrello" si incontrano al minimarket di Campione (foto Zocchetti)
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