L'anniversario

Caritas Ticino compie 80 anni

Da sempre all'avanguardia, «coglie in anticipo certe problematiche», come l'indebitamento eccessivo – «L’idea è di cercare di capire le difficoltà del singolo e di aiutarlo a tirare fuori tutte le risorse che ha in lui»
© CdT/Chiara Zocchetti
Andrea Stern
Andrea Stern
04.12.2022 07:00

Ha promosso il «vintage» prima che diventasse di moda. Ha sviluppato l’economia circolare prima che gli ecologisti ne facessero il loro mantra. È andata in soccorso degli esclusi dal mondo del lavoro prima che si iniziasse a parlare di reinserimento. Caritas Ticino, che oggi compie 80 anni, è sempre stata all’avanguardia.

«Il nostro obiettivo è valorizzare le risorse già esistenti - osserva Fulvio Pezzati, vicepresidente di Caritas Ticino -. Lavoriamo sul territorio, cerchiamo di percepire i segnali di disagio e di trovare delle soluzioni. Siamo come delle antenne. E questo ci permette di cogliere in anticipo certe problematiche rispetto ai ricercatori o agli studiosi».

Un ultimo esempio, la lotta all’indebitamento eccessivo, un tema oggi di strettissima attualità. «Noi siamo stati i primi in Ticino a mettere in piedi un programma, a formare dei tutor, a fornire delle consulenze personalizzate - ricorda Pezzati -. Ora il Cantone sta progressivamente subentrando in questi compiti, ma l’iniziativa è stata nostra».

Il modello di impresa sociale

Raccolta di vestiti usati, sgomberi, riparazione di mobili e di apparecchi elettronici, gestione di negozi di seconda mano, produzione di ortaggi biologici, lotta alle piante invasive, programmi occupazionali... Caritas Ticino è oggi una solida realtà che impiega una settantina di collaboratori e genera una cifra d’affari di quasi 10 milioni all’anno.

«Noi teniamo molto al modello di impresa sociale - riprende Pezzati -. Nel campo occupazionale questo significa fare dei programmi che offrano dei lavori veri, non delle attività fittizie tanto per occupare il tempo. Chi partecipa al programma deve percepire che il suo lavoro serve a qualcosa. D’altra parte non vogliamo dipendere da collette, per cui questi programmi devono essere almeno in parte finanziati dai proventi della vendita di vestiti, materiali elettronici o quant’altro».

Il magazziniere «rubato»

Il concetto funziona. L’anno scorso 253 persone che hanno partecipato ai programmi occupazionali - di cui 240 erano in disoccupazione (quasi tutti verso l’esaurimento delle indennità) e 13 in assistenza - hanno infine trovato un lavoro. Allo stesso tempo queste persone hanno contribuito a generare risultati economici di tutto rispetto. «Solo il Catishop di Pregassona - spiega Pezzati - fattura più di un milione e all’anno e quello di Giubiasco un milione e mezzo».

Piacciono i prodotti di seconda mano - sempre più richiesti in questo periodo in cui la sostenibilità non vuole più essere un concetto astratto - piace l’organizzazione del negozio. «Tra i nostri fedeli clienti c’è un alto dirigente di una catena di grande distribuzione - racconta Pezzati -. Un giorno è venuto a chiederci se non potevamo cedergli un magazziniere. Ci ha detto che se un magazziniere riusciva a gestire così bene il Catishop, allora sarebbe stato perfetto anche per i suoi grandi magazzini. In effetti gli ha fatto fare una prova e subito dopo l’ha assunto».

E il posto liberatosi al Catishop è stato subito rioccupato da un’altra persona in cerca di lavoro. Perché se è vero che il tasso di disoccupazione continua a scendere anche in Ticino, è altrettanto vero che i disoccupati non sono scomparsi.

I disoccupati non sono scomparsi

«È calato il numero di persone iscritte agli uffici regionali di collocamento - afferma Pezzati -, ma le persone in assistenza non diminuiscono, anzi sono in leggera crescita. Inoltre ci sembra che ci sia una zona grigia che meriterebbe di essere capita di più». Persone che sfuggono alle statistiche perché non sono iscritte né in disoccupazione né in assistenza, ma che non per questo non necessiterebbero di una mano a tornare in pista.

«L’idea è di cercare di capire le difficoltà del singolo e di aiutarlo a tirare fuori tutte le risorse che ha in lui - conclude Pezzati -. Non è tanto una questione economica quanto di recuperare le proprie capacità, di valorizzare la propria persona. Perché, come diceva il vescovo Eugenio Corecco, l’uomo è di più del suo bisogno».

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