Chi non può permettersi di morire in Ticino

«L’eterno riposo dona a lei, Signore». Nella chiesa di S. Teresa a Viganello si è svolto un funerale insolito, giovedì mattina. Un piccolo gruppo di persone si è riunito per il saluto a Jennifer, che è mancata in senso non solo metaforico. La salma non c’era, e nemmeno le ceneri.
La defunta - 40 anni, un infarto - era una donna sola, senza eredi, viveva con poco. «Ha sofferto molto in vita ma era una persona solare» racconta Ignazio, che assieme ad alcuni amici ha organizzato delle esequie più che austere: praticamente senza budget. «Volevamo comunque fare qualcosa. Ci sembrava ingiusto che una persona potesse andarsene senza nemmeno una cerimonia di commiato».
In base agli accordi, le ceneri dovevano essere consegnate al parroco per la cerimonia e poi restituite all’impresa di onoranze funebri. Quest’ultima però, in mancanza di soldi per pagare le spese, alla fine non si è presentata. Al posto dell’urna il prete ha benedetto una fotografia.
Defunti senza soldi
«È la prima volta che mi succede» ammette Don Daniele nella sacrestia, mentre riordina gli oggetti liturgici. «Di solito questo tipo di casi non passano nemmeno per la chiesa: è davvero molto triste». Ma i defunti «insolventi», che non possono permettersi un funerale, non muoiono solo nei quartieri popolari. Le ditte di onoranze funebri da Locarno fino a Chiasso negli ultimi anni hanno registrato un aumento, e la conferma arriva dai servizi sociali dei Comuni a cui, alla fine, tocca saldare il conto.
Signore, pietà: direbbe il sacerdote. Solo nella città di Lugano i funerali lasciati «scoperti» sono oltre trecento negli ultimi cinque anni, stando ai dati dell’ufficio del sostegno sociale. Per i defunti nullatenenti - ad eccezione di quelli in assistenza, per cui paga lo Stato - si può chiedere il contributo comunale: su impulso del Cantone dal 2023 diversi Comuni si sono dotati di regolamenti specifici, e Lugano ha introdotto un tariffario che differenzia tra funerali religiosi e non. «Dall’anno scorso abbiamo avviato una nuova procedura che prevede maggiori controlli» ammette il responsabile del servizio Davide Restelli. I tempi dell’evasione delle pratiche si sono allungati, e anche quelli dei pagamenti.
Comuni alla cassa
È un segno dei tempi: una lugubre «spending review». E i segnali non arrivano solo da Lugano, sebbene altrove i numeri siano inferiori. Anche Locarno i servizi preposti stanno «lavorando a una voce del regolamento comunale, per adeguarci a quanto chiesto dal Cantone e dalle ditte di onoranze funebri» spiega la responsabile Michela Piffaretti, che liquida una decina di pratiche l’anno («più o meno stabili»). A Mendrisio il numero è ancora inferiore - 4 o 5 casi l’anno - ma «negli ultimi tempi abbiamo visto che il dato è diventato più stabile, direi una costante» spiega il funzionario Davide Fava. «Prima si trattava di situazioni saltuarie, ora invece dobbiamo metterle in preventivo ogni anno».
Sulla scrivania di Fava le richieste si accumulano. A settembre i morti «insolventi» hanno già raggiunto il totale previsto per tutto l’anno - «sicuramente sforeremo il preventivo» - e sono arrivate anche diverse fatture degli anni precedenti. Una decina di funerali, per cui l’impresa di onoranze funebri non era mai stata pagata, sono stati fatturati al Comune in un colpo solo.
«Colpa della solitudine»
«Saremo sempre più confrontati con situazioni di questo tipo» prevede l’impresario di Mendrisio Fernando Coltamai. «Non ho mai visto tante rinunce all’eredità come negli ultimi cinque, sei anni». Da sola l’impresa Coltamai ha accumulato una quindicina di fatture indirizzate a Comuni del Mendrisiotto e non saldate. «Con alcuni Municipi, specie quelli più piccoli, è come tirare il gatto per la coda. Si voltano sempre dall’altra parte».
Secondo Coltamai il fenomeno dipende da fattori culturali ma anche sociali. «Una volta era impensabile non fare il funerale, piuttosto la gente pagava a rate» racconta l’impresario, che ha 72.anni e oltre 15.mila funerali alle spalle. «Oggi ci sono tante famiglie che fanno fatica, ma anche tante famiglie che semplicemente non esistono, persone sole, che muoiono senza nessuno».
Contenziosi crematori
E allora chi paga? La domanda, quando il defunto non ha lasciato niente, scatena discussioni. A mettere un punto alla questione ci ha pensato, in teoria, una decisione del Consiglio di Stato di marzo 2024, relativa un contenzioso promosso dal Centro Crematorio di Chiasso (una defunta a cui non era stato riconosciuto il contributo comunale per la cremazione). In base alla Legge sull’assistenza (cap. 54) la competenza spetta ai Comuni fino a dieci anni dopo il decesso.
«La verità è continuiamo ad avere problemi, anzi sempre di più» osserva Giorgio Valsangiacomo dell’Associazione ticinese di cremazione. Nelle scorse settimane ha dato mandato all’avvocato nei confronti di un altro Comune (Canobbio) che si rifiuta di pagare una cremazione. Anche con realtà più grandi (Lugano, Paradiso) l’associazione ha in corso discussioni. «Non capisco perché. Negli ultimi due-tre anni i Comuni hanno iniziato a dire di no. Forse per problemi di bilancio».
Un caso «congelato»
A volte si arriva a situazioni limite, come in un caso a Cademario. Un’anziana deceduta a maggio scorso - cittadina svizzera originaria d’oltre Gottardo - non ha ancora ricevuto le esequie, dopo quattro mesi di ping-pong tra impresa di pompe funebri e Municipio. In assenza di sostanza - e di familiari o parenti pronti ad assumersi le spese - il Comune si è rivolto alla Pretura, che a sua volta ha fatto intervenire l’Ufficio Esecuzione e Fallimenti (una prassi sempre più diffusa) per la ricerca di eredi. Ma nessuno ha dato l’assenso alla cremazione e la salma rimane custodita in un frigorifero mortuario. «È una storia molto triste, ma non è certo dipesa da noi - assicura il segretario comunale -. Non possiamo assumerci la responsabilità di decidere per una salma».
Di Jennifer invece cosa avverrà? La cerimonia si è conclusa e gli amici se ne vanno in pace. «Almeno abbiamo fatto il possibile» dice Ignazio. Anche senza i suoi resti terreni, nel ricordo era come se fosse lì. Per le fatture da pagare, poi, sarà quel che sarà.
«Sempre più casi, gli eredi spariscono. Ma la degna sepoltura è un diritto di tutti»
Non devono esserci, o non dovrebbero, morti di serie A e di serie B. Eppure sono sempre di più in Ticino i defunti per cui il funerale sembra diventato un lusso: i «non solvibili» per cui nessuno è disposto a pagare le spese, e la cui sepoltura finisce a carico del Cantone o (loro malgrado) dei Comuni. Il problema è poco noto, forse anche un po’ tabù, ma chi con la morte lavora tutti i giorni lo dice fuori dai denti: i casi sono in aumento, sarebbe ora di intervenire. L’associazione di categoria delle onoranze funebri da alcuni anni lo ribadisce e nel 2023 il Cantone, in risposta alle sollecitazioni, ha fissato per la prima volta un tariffario («Disposizione spese funerarie» della Sezione del sostegno sociale) che è diventato nel frattempo un punto riferimento ufficioso, ma su cui gli enti locali sono ancora divisi e - in alcuni casi - storcono il naso.
Il tariffario
Le «disposizioni» in realtà avevano lo scopo di «riconoscere prestazioni funerarie dignitose secondo gli usi e costumi del Canton Ticino » ai defunti nullatenenti, ma limitatamente ai casi coperti, appunto, dal sostegno sociale. Per le persone in assistenza (ma anche rifugiati, richiedenti asilo e persone «a beneficio dell’aiuto d’urgenza») il Cantone copre il funerale «classico» con rito religioso (l’elenco è dettagliato: cofano in legno, preparazione della salma, fornitura di «una croce in legno con epigrafe» e via dicendo) per un massimo di 4.600 franchi iva inclusa. Il funerale non religioso - cremazione e «urna cineraria standard» - è più economico, 3.300 franchi iva inclusa.
Troppi? Troppo pochi? Per la Società ticinese delle imprese di onoranze funebri (Stiof ) si tratta di massimali «corretti» e non certo eccessivi. Il problema è che valgono in automatico per «una ventina di defunti all’anno » secondo le cifre fornite all’associazione dal DSS. I morti insolventi invece sarebbero molti di più, «alcune centinaia all’anno», ma per varie ragioni - anagrafiche, burocratiche - si tratta di persone che rimangono fuori dalla coperta dell’aiuto sociale.
Normali pensionati
«Nella maggioranza dei casi parliamo di persone che erano in pensione e beneficiavano della complementare, oppure di persone in invalidità, o semplicemente di defunti che non hanno lasciato risorse a sufficienza per coprire le spese funerarie, persone sole che non lasciano eredi o i cui parenti rinunciano all’eredità per ragioni finanziarie» spiega il presidente della Stiof Emiliano Delmenico, del Centro funerario di Lugano. «Sono casi che vediamo sempre più spesso e di cui in qualche modo la collettività finisce per farsi carico».
La palla ai Comuni
Ma non è automatico. Per legge, la responsabilità di dare «degna sepoltura» a cittadini e residenti privi di mezzi è in capo ai Comuni di domicilio. Ma in quali casi, e a quale prezzo? «Ci sono Comuni che tirano la cinghia e intendono il loro obbligo come un contributo, fissando a propria discrezione dei rimborsi largamente insufficienti» protesta Delmenico, che a sua volta è sindaco (di Melide) e capisce le esigenze di risparmio dei Municipi specie quelli più piccoli. «Ci sono dei limiti però».
Dal canto loro i Comuni non si nascondono dietro un dito. «Servono delle indicazioni chiare, bisogna sedersi a un tavolo e discuterne e noi siamo naturalmente a disposizione » commenta il presidente dell’Associazione dei Comuni Felice Dafond. «È evidente che ci sono degli interessi contrapposti» osserva. «I Comuni devono vigilare sulle finanze soprattutto in questo momento: parliamo dei soldi dei contribuenti. Si tratta di riconoscere delle spese che siano però adeguate, e non ingigantite». L’ex sindaco di Minusio ricorda come, in 32 anni di Municipio, gli è capitato «a volte di vedere richieste eccessive per funerali in cui non si era badato a spese e che poi si voleva caricare sul contribuente ».
Nell’insieme dei 100 Comuni ticinesi - l’Associazione ne riunisce 87 - si riscontrano prassi e situazioni finanziarie e sociali «per forza di cose molto diverse» prosegue Dafond. «Si va dai grandi Comuni dotati di uffici giuridici che possono seguire queste pratiche in modo organizzato, alle piccole realtà che devono fare i conti purtroppo con risorse limitate». Fermo restando comunque il fatto che «in presenza di un obbligo di legge è necessario ottemperarvi. Se ci sono dei problemi, occorre fare chiarezza».