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Ciclismo a ostacoli in Ticino

Prima realizzano le piste ciclabili, poi le disseminano di barriere – Le chiamano piste ciclabili ma sono slalom
Andrea Stern
Andrea Stern
25.09.2022 06:00

Prima realizzano le piste ciclabili, poi le disseminano di barriere. Una, due, cento barriere. Con l’obiettivo di migliorare la sicurezza ma con il risultato di trasformare la pista in una gimkana che finisce per tenere alla larga anche i più diligenti tra i potenziali utenti.

Un esempio? La pista ciclabile tra Taverne e Mezzovico, in territorio di Sigirino, sul percorso nazionale N3. A un certo punto, su un rettilineo lungo poche centinaia di metri, i ciclisti devono affrontare ben sei chicane. Ogni volta devono fermarsi, calibrare bene l’attraversamento della barriera e poi ripartire.

«Quella pista ciclabile assomiglia a un percorso a ostacoli per cavalli - dice Rocco Cattaneo, ex ciclista professionista, membro del comitato direttivo dell’UCI (Unione ciclistica internazionale) e consigliere nazionale PLR -. A parte il fatto che per buona parte non è asfaltata, a Sigirino hanno posato una quantità decisamente eccessiva di barriere. Hanno preferito dare la precedenza a quei pochi camion a settimana che escono dal deposito di inerti rispetto alle centinaia di biciclette che ogni giorno percorrono la tratta. Il risultato è che i ciclisti finiscono per circolare sulla strada invece che sulla pista loro destinata».

420 km di piste, ma che piste?

Succede anche altrove. Sulla carta, il Ticino si fregia di avere 420 chilometri di piste ciclabili. Ma alcune di queste sono dei percorsi contorti che sembrano voler scoraggiare i ciclisti, più che favorirli. Tutt’al più possono piacere alla coppietta di turisti svizzero tedeschi che visita il Ticino in e-bike, non al pendolare che usa la bicicletta per recarsi al lavoro.

«Il piano del Vedeggio avrebbe dovuto essere pioniere nello sviluppo della mobilità ciclabile - riprende Cattaneo -. È una delle zone più sviluppate industrialmente del cantone, con migliaia di posti di lavoro. Ci sono tantissime persone che potrebbero rinunciare all’auto e spostarsi in bicicletta. Ma siamo rimasti fermi al palo. Si discute da decenni, senza riuscire a creare dei percorsi rapidi e sicuri».

Lugano, l’unica città fuori dalla rete

Il discorso vale per tutto il Sottoceneri, a partire da Lugano, l’unica tra le principali città svizzere a non essere attraversata da un percorso ciclabile di valenza nazionale. A Lugano manca un collegamento sicuro da nord, manca un collegamento verso sud. Da parecchi anni si discute della realizzazione di una ciclopista verso Melide, ma nessuno ha ancora visto nulla. Così a chi pedala lungo il percorso nazionale tra Basilea e Chiasso si chiede di fare un giro della Lüzina passando prima da un percorso sterrato lungo la A2 e poi dalla trafficata strada che collega Agno, Figino, Morcote e Melide. Suggestiva ma né rapida né sicura.

«Nel Sopraceneri sono stati fatti più passi avanti - osserva Cattaneo -. Perché c’è più spazio ma anche perché c’è più sensibilità da parte delle autorità locali. Nel Sottoceneri invece ci si limita a realizzare qua e là dei piccoli segmenti che finiscono nel nulla».

Si pensi al percorso ciclopedonale lungo la strada della Piodella, costato due milioni di franchi. «Ci sono voluti vent’anni - nota Cattaneo - per allargare un marciapiede». Che è un’opera monca, visto che quando si arriva in cima alla salita bisogna comunque tornare sulla cantonale o, in alternativa, costeggiare il laghetto di Muzzano per poi finire nel nulla.

Due morti e 112 feriti

Peccato, perché una rete ciclabile completa potrebbe contribuire a spostare il traffico dalle quattro alle due ruote. Oltre che ridurre il numero di incidenti. Solo l’anno scorso, le strade ticinesi hanno lasciato sul campodue ciclisti morti e 112 feriti. Pesa la mancanza di percorsi sicuri. Ma anche, aggiunge Marco Vitali, presidente di Pro Velo Ticino, la mancanza di una cultura del rispetto.

«Nell’Europa del Nord è tutta un’altra storia - afferma Vitali -. Lì la convivenza è collaudata, c’è rispetto tra ciclisti e pedoni e anche con gli automobilisti.Quando ti superano in macchina, ti lasciano spazi enormi. Qui invece ti concedono tre centimetri. Manca rispetto».

Barriere sì, ma con criterio

A volte anche da parte di chi circola in bicicletta, è vero. Resta il fatto che i ciclisti sono gli utenti più deboli della strada, per cui andrebbero in qualche modo tutelati. «Già solo ridurre i limiti di velocità può contribuire a migliorare la sicurezza - osserva Vitali -. Una zona 30 toglie agli automobilisti l’impressione di avere il dominio della strada».

In certi casi, poi, il presidente di Pro Velo Ticino accetta la posa delle barriere. «Però vanno messe con criterio e solo dove veramente necessarie - conclude -. A Sigirino invece si è ceduto su tutta la linea alle esigenze dei cantieri. Quelle barriere dimostrano scarsa considerazione per i ciclisti».