«Con il cinghiale non sprechiamo le cartucce»

La stagione della caccia al cinghiale è finita mercoledì in Ticino. Ma il «nemico pubblico» numero uno nella lista della fauna da abbattere - prima ancora del lupo - non avrà una lunga tregua: due mesi appena. A metà maggio aprirà la stagione estiva: un’eccezione, dovuta a motivi eccezionali.
Il cinghiale è il principale vettore della peste suina africana, che è salita fino all’Oltrepò Pavese e minaccia di arrivare anche negli allevamenti svizzeri passando dal Ticino. Per questo il Cantone ha chiesto a Berna - e ottenuto - una deroga all’ordinanza federale sulla caccia a ridosso della frontiera sud: più cinghiali si abbattono - è la logica - minore è il rischio che qualcuno di essi importi il virus da oltreconfine.
Non fa una grinza. Peccato che tra chi dovrebbe fare il «lavoro extra», ossia i cacciatori, regni una certa prudenza. Davide Corti, presidente della Federazione cacciatori ticinesi, ha ricevuto lunedì la circolare dell’Ufficio Caccia e Pesca che invita gli «interessati a iscriversi online alla stagione di caccia estiva» dal 1. maggio al 14 agosto. È rimasto scettico. «Ci siamo consultati internamente e posso dire che questa posizione è condivisa all’interno della Federazione» precisa.
I cacciatori dicono la loro
Perché? Ci si immagina che i cacciatori imbraccino sempre il fucile volentieri, e più possono cacciare più siano contenti. Non è così. «Il cacciatore oggigiorno è anzitutto una sentinella dell’equilibrio faunistico di cui capisce i meccanismi a cui è chiamato a contribuire, con il suo intervento regolatore» elabora Corti, che di professione è avvocato e presiede un’organizzazione che in Ticino supera i 2.000 iscritti, di cui 1.200 stabilmente attivi nella caccia di contenimento. Nel 2024 questo esercito di «sentinelle» dei boschi ticinesi hanno già abbattuto qualcosa come 3.500 cinghiali, oltre un migliaio in più rispetto all’anno precedente. Negli ultimi giorni di caccia la preda è stata di «poche decine di cinghiali» segno che, probabilmente, «il numero degli esemplari presenti sul territorio è effettivamente calato sensibilmente grazie agli sforzi profusi dai nostri cacciatori».
Il problema è che la fatica inizia a farsi sentire - «le persone sono poi sempre le stesse, non aumentano di certo» - e i cinghiali rimasti si fanno sempre più abili e furbi, favoriti anche «da un territorio che presenta irregolarità e zone impervie dove i cacciatori non possono in ogni caso arrivare» ragiona Corti. Secondo la Federazione, introdurre una caccia estiva anticipata e prolungata fino a fine agosto «rischia di avere più effetti negativi che benefici».
Il primo effetto sarà quello di disturbare altre specie faunistiche (capriolo, cervo) che proprio nel periodo della primavera inoltrata si riproducono e per le quali la stagione di caccia - la cosiddetta «caccia alta» - parte agli inizi di settembre. «La caccia al cinghiale non ha effetti solo sul cinghiale, ma condiziona la vita dei nostri boschi nel loro complesso» prosegue Corti. «Va inoltre ricordato che aumentano la pressione venatoria si ottiene come risultato che l’animale cacciato adotta strategie protettive sempre più efficaci, non ultima quella della riproduzione».
Strumenti più precisi
Per vincere la battaglia, insomma, vanno misurate con attenzione le forze in campo e le «cartucce» a disposizione, letteralmente. Secondo la Federazione dei cacciatori queste ultime andrebbero risparmiate e utilizzate «con più oculatezza» sintetizza Corti. «Ampliare a dismisura il periodo di caccia non è l’unica strategia sul tavolo e si potrebbe semmai ricorrere ad altri strumenti che permetterebbero di migliorare l’efficacia del nostro intervento, impattando di meno sull’equilibrio dei boschi. Cacciare di meno, insomma, e cacciare meglio». La tecnologia esiste: silenziatori per ridurre il suono dei proiettili (e quindi il disturbo per le specie non cacciate) e visori tecnici di puntamento per la caccia notturna, in particolare. Sono ora permessi dall’ordinanza federale, e il Cantone potrebbe regolarne l’utilizzo che «sarebbe a nostro avviso molto più utile» conclude Corti. Senza dimenticare che la peste suina - il cui «fronte» è ormai fermo da mesi inLombardia - non è trasportata solo dai cinghiali. Anche gli uomini possono trasportare il virus, su scarpe e vestiti ad esempio (il cosiddetto «salto» nella trasmissione). E anche loro quindi dovrebbero fare, si presume, la loro parte.