Svizzera

Così è cambiato il nostro lavoro

Quasi un impiegato su due a inizio anno lavorava da casa occasionalmente nel primo trimestre del 2022
Giorgia Cimma Sommaruga
12.06.2022 11:00

Sembrava dovesse arrivare una piccola rivoluzione industriale. Un cambiamento brusco di paradigma, una riconciliazione tra lavoro e famiglia, tra lavoro e tempo libero, tra lavoro e tecnologia. Lo smart working ha fatto irruzione durante la pandemia. E tutti hanno sperimentato cosa vuol dire lavorare da casa. Tutti: lavoratori di aziende private, piccole, medie e grandi, dipendenti pubblici negli ultimi due anni e mezzo stanno cercando di capire come si evolverà questo nuovo scenario. Quello che è sicuro è che, prendendo in considerazione il primo trimestre del 2022 - quando tuttavia, particolare affatto irrilevante, erano in corso le restrizioni - come ha spiegato l’Ufficio Federale di Statistica (UST), «il 40,9% delle persone salariate lavorava a casa almeno occasionalmente». Ovviamente il dato è da analizzare, perché non per tutti i settori è praticabile questo tipo di lavoro: «I rami informazione e comunicazione (85,0%) e attività finanziarie e assicurative (83,4%) mostrano le percentuali più alte di lavoro a domicilio». Dopo i primi tre mesi che è successo? Qui i dati non aiutano, perché devono ancora essere calcolati. Ma tenendo conto dell’aumento del volume di traffico e di occupazione dei mezzi pubblici, tanti - è l’impressione - dopo la fine delle restizioni sono tornati in ufficio o in azienda.

Si pensava scomparisse e invece...

Ma intanto la strada di un’occupazione senza vincoli orari o spaziali è segnata. «Ci siamo resi conto che lo smart-working è davvero utile e performante - racconta Karim Aquilino, Corporate Communications UBS -. Già prima dello scoppio della pandemia, abbiamo offerto ai nostri dipendenti la possibilità di lavorare da casa per alcuni giorni, modalità che è stata parzialmente utilizzata. Mentre durante la pandemia, più dell’80% dei nostri dipendenti ha lavorato da casa, senza problemi».

UBS non è l’unica aziende della piazza finaziaria ad aver mutato l’organizzazione. Spiega Gabriela Cotti Musio, portavoce per la Svizzera italiana di Credit Suisse: «Già prima della pandemia, Credit Suisse aveva preso in esame diverse opzioni per offrire a tutto il personale forme di lavoro moderne e più flessibili». Ma è stato dopo il primo periodo pandemico che, «per rispondere alle nuove abitudini ed esigenze lavorative, abbiamo quindi lanciato lo scorso luglio il nuovo modello lavorativo «The Way We Work». Si basa su uno studio di Credit Suisse con quasi 4.000 partecipanti a livello nazionale sul lavoro ibrido».

Anche UBS ha sondato il terreno prima di rendere quella dello smart working una nuova realtà a tutti gli effetti: «Sulla base di sondaggi interni, ci siamo resi conto che molti dipendenti desiderano un modello ibrido. Laddove il ruolo, la mansione e la sede lo consentono, offriamo quindi un mix di lavoro in ufficio e da casa. Questo ci rende più attraenti come datore di lavoro e interessanti per una gamma più ampia di candidati, ad esempio per i genitori che lavorano o per le persone che seguono corsi di istruzione e formazione». La conciliabilità famiglia-lavoro e la soddisfazione di propri dipendenti sembra dunque essere passata al primo posto per molte grandi aziende. «A livello globale, il 75% dei nostri dipendenti ricopre ruoli che offrono questa flessibilità e permettono quindi l’alternanza di lavoro «in sede», o da remoto», spiega ancora Aquilino.

Si vola verso l’auto gestione

Con il nuovo modello di lavoro ibrido proposto da Credit Suisse, l’andamento è quello di «concentrarsi sulle esigenze dei singoli team e concedere ampie libertà decisionali - osserva Cotti Musio - e concretamente ciò significa che i nostri collaboratori sono liberi di scegliere come organizzare il proprio orario e da dove lavorare, sempre interpellando i colleghi del team e i responsabili di linea, nel rispetto dei requisiti di legge, inclusi quelli che disciplinano l’orario di lavoro, la protezione dei dati e così via. L’iniziativa è stata attuata nella maggior parte dei settori nel quadro della nuova normalità e del generale ritorno nei nostri uffici dopo il 7 marzo 2022».

Ora ogni dipendente ha un contratto di telelavoro, e può scegliere in generale 1-2 giorni a settimana se lavorare da remoto
Ana de las Heras, direttrice risorse umane Comune di Lugano

Smart working o telelavoro?

Sembrano la stessa cosa, ma non lo sono. Perché se il lavoro agile permette di lavorare gestendo in modo indipendente il proprio tempo e il luogo da cui si lavora, il telelavoro impone l’obbligo degli stessi orari di ufficio, ma da casa. Una ricerca condotta dalla società di consulenza von Rundstedt, tra dicembre 2020 e febbraio 2021, ha studiato lo smart working in Svizzera attraverso un sondaggio che ha toccato 534 imprese. Obiettivo: comprendere, ad un anno di distanza dal primo lockdown, esperienze e impatto del lavoro a distanza. Una delle domande era: «Abbiamo imboccato la strada dello Smart Working o stiamo semplicemente facendo del telelavoro da casa?».

Tutto funziona bene

A rispondere alle domande della ricerca di von Rundstedt, sembra essere la nuova organizzazione dell’amministrazione della città di Lugano: «Noi già prima della pandemia avevamo sperimentato un progetto pilota con 20 persone per «provare» l’efficacia del lavoro agile - spiega Ana de las Heras, direttrice risorse umane Comune di Lugano -. C’è da precisare che durante la pandemia ci siamo trovati ad imporre un telelavoro di emergenza. Tuttavia - continua la direttrice - tutti i nostri dipendenti (mi riferisco in particolare a quelli che svolgono lavori impiegatizi) si sono trovati molto bene con questa nuova forma di lavoro». Ed è stato proprio per questo motivo che al rientro in ufficio si è pensato di andare avanti. «Terminato il picco pandemico - racconta de las Heras - abbiamo implementato e regolamentato questa nuova modalità di lavoro rendendolo a tutti gli effetti agile. Chiediamo la reperibilità, ma non ci interessa da dove lavorano. Ora ogni dipendente ha un contratto di telelavoro, e può scegliere in generale 1-2 giorni a settimana se lavorare da remoto. Questa forma da noi è molto ben vista, e l’abbiamo fortemente promosso anche perché favorisce il bilanciamento lavoro-famiglia. Il personale è più soddisfatto e lavora meglio».

Ma ci sono dirigenti che temono che i loro dipendenti non organizzino bene il loro tempo? Spiega de las Heras: «Ad oggi non abbiamo avuto casi di personale che abbiamo dovuto richiamare perché non gestiva bene il tempo lavorando da remoto: anzi! Solo pareri positivi. Sicuramente tra qualche tempo faremo anche un studio per comprendere se a distanza di qualche tempo dall’introduzione della nuova modalità operativa, tutto prosegue per il meglio».