Dalla rapina al formaggio: «Così ho cambiato vita»

Il formaggio che tiene in mano è ruvido, la superficie scabra e irregolare, venata di crepe blu. «Per me è un simbolo - spiega - ci vedo la fatica del lavoro». E il suo è un lavoro davvero duro: quando ha aperto il caseificio in via Sottopenz a Chiasso nel 2021, Rita Laudato faticava anche 20 ore al giorno. Creare un’impresa da zero a 54 anni, nella cantina di casa, non è una scommessa da tutti. «Se andava male - ricorda - ci avrei perso la casa».
Per fortuna è andata bene. E il merito è tutto suo. Nella vita Laudato ha fatto un sacco di cose - commessa, pittrice edile, orefice - ma la svolta è arrivata con una tragedia sfiorata, nel 2011. All’epoca gestiva assieme al marito un’oreficeria in centro a Chiasso. La storia finì sui giornali: tentata rapina, due colpi di pistola, Rita rimane ferita («mi ha preso solo di striscio, ma non è stato piacevole») e decide di cambiare vita. Inizia un percorso di riqualifica professionale che la porta nel 2019 a ottenere il diploma di tecnologa del latte e ad aprire, due anni dopo, il caseificio più a sud della Svizzera.
Sotto la ramina
Dalla casa di Rita il confine è letteralmente a due passi. Ai contrabbandieri che un tempo lo attraversavano di nascosto - come oggi a volte i rapinatori, in senso contrario - è dedicato il formaggio che Laudato taglia a scaglie sul tavolo del laboratorio, per un assaggio dimostrativo. Lo ha chiamato «Bricolla», il nome dialettale della sacca dei commercianti di frodo.
«Era il simbolo di una vita faticosa, e al tempo stesso di una certa audacia» ricorda la casara. A Chiasso le storie legate al contrabbando sono entrate nel folklore popolare, sono una specialità locale - «avevamo anche delle vere e proprie fabbriche di bricolle» - e in qualche modo Laudato ci si rispecchia. «Nella sua durezza questo formaggio rappresenta gli sforzi dell’intraprendenza. Si propone molto duro all’inizio ma poi si scopre un cuore tenero».
Anche per la casara la strada è stata decisamente in salita, sulle prime, come quella che dietro al laboratorio sale per i boschi di Pedrinate e poi sconfina in Italia. Per reinventarsi senza un grande capitale proprio, e a un’età in cui rientrare nel mercato del lavoro è difficilissimo, Laudato ha acquistato i primi macchinari risparmiando ogni centesimo. All’inizio trasportava il latte a mano, su per i gradini del laboratorio: anche 500 litri in un giorno. Adesso si aiuta con una cisterna mobile, acquistata grazie a un finanziamento dell’Ente regionale di sviluppo.
Segreti del mestiere
Ma il lavoro rimane difficile di per sé. «Il latte detta i tempi, non ti aspetta» racconta mentre apre la bocca del pastorizzatore: quando la materia prima le viene consegnata dal consorzio dei produttori ticinesi - «lavoro rigorosamente con latte locale» precisa - lei la riversa senza sosta nel macchinario, notte e giorno, per cinque volte. Poi travasa la cagliata nelle forme, dove rimane fino al giorno successivo, per raggiungere la giusta acidità. La stagionatura avviene in un retrobottega che è il «cuore» del laboratorio: qui Laudato non fa entrare nessuno, tanto meno i giornalisti. È qui che succede la magia e - come per ogni magia che si rispetti - un po’ di mistero è d’obbligo.
«Per me il formaggio è l’essenza della vita. È creatività pura» racconta la 56enne. Dall’idea di un nuovo formaggio alla sua produzione e commercializzazione - attraverso i punti vendita Manor o le consegne a domicilio - possono passare anni, spiega Laudato. Sul tagliere delle dimostrazioni ora adagia un parallelepipedo di color marrone chiaro, che ha ribattezzato «Luppolo». È una delizia a base di lievito di birra che - assieme alla «Bricolla» - rappresenta la novità di quest’anno. «Prima di tutto il formaggio nasce nella mia fantasia - illustra la casara -. Per questo prodotto ho impiegato circa un anno a immaginare tempi e modi, i tipi di fermenti e di cagli da utilizzare. È una vera e propria ricerca. Quando lo studio è finito, provo a fare una prima cagliata. Poi procedo per tentativi e miglioramenti graduali, finché arrivo ad avere un prodotto che mi sembra perfetto». Nel caso del «Luppolo» ci sono voluti due anni.
Un retrogusto gratificante
Ne vale la pena? Secondo l’artista del formaggio assolutamente sì. Non solo per la risposta della clientela - «molto positiva, facciamo consegne anche oltre Gottardo» - ma per la soddisfazione personale. Fin da piccola Laudato confessa di avere avuto un’ammirazione per le mucche: la loro capacità creativa, l’organizzazione matriarcale delle mandrie. A Chiasso, tra ferrovia e zona industriale, di pascoli non ce ne sono: ma la sfida di Rita è stata proprio quella di sfruttarne la posizione strategica. Per ragioni storiche, la maggior parte dei caseifici in Ticino si trovano nelle valli anche se lavorano latte proveniente ormai per lo più dalla pianura. «Creare un caseificio a Chiasso sembrava una cosa assurda - conclude Laudato - . Ora invece è una realtà apprezzata e conosciuta dalla popolazione». Il lavoro resta faticoso ma le gratificazioni non mancano. Il coltello di Rita affonda nella «Bricolla» e stacca una scaglia striata di blu. Infuoca il palato: poi si scioglie in un dolce retrogusto quando ormai ci si è lasciati la porta del caseificio alle spalle.