Dopo la grandinata, un po' meno amianto

Il tetto della ditta Ascofer di Ascona da due settimane ha l’aspetto di uno scolapasta. Attraverso gli squarci gli operai possono vedere il cielo, da cui il 25 agosto è piovuta la grandine che ha fatto il disastro. Adesso è sereno. Ma sulle loro teste incombe un nuovo problema: la copertura è composta interamente di fibrocemento d’amianto. «Siamo bloccati, non possiamo lavorare» spiega il titolare Ilya Zrakic. «Mi tocca cambiare il tetto o licenziare i miei 15 dipendenti».
Zrakic ha un diavolo per capello. Nei giorni scorsi assieme alle altre aziende della zona artigianale di via Delta, lungo la Maggia, ha chiesto una proroga al Patriziato locale, proprietario dei terreni su cui - oltre al suo - sorgono una decina di capannoni ugualmente danneggiati dal maltempo. Tutti sono stati costruiti prima del 1990 e sono pieni di eternit. E sotto il fibrocemento il malumore è diffuso. «Nessuno vuole lavorare in mezzo a sostanze pericolose» racconta un operaio preoccupato per la sua salute. «Ma non vogliamo neanche perdere il lavoro».
Decine di tetti pericolosi
Alla Ascofer si è cercato di correre subito ai ripari. Le analisi nei giorni scorsi hanno confermato quello che un po’ tutti già sapevano: amianto presente, rimozione obbligatoria. Lo stesso vale per la maggior parte delle aziende vicine. Lo studio IPRAC di Ascona, specializzato in analisi di materiali pericolosi, dalla grandinata di fine agosto è stato contattato per una ventina di interventi. «Ci hanno chiamato sia aziende che privati cittadini, i cui tetti erani ridotti in pessimo stato» spiega l’esperta Beatrice Cechin. Magazzini, piccoli depositi ma anche abitazioni. Nella zona della foce della Maggia buona parte dei fabbricati a destinazione industriale sono stati costruiti negli anni 70-80 quando «le coperture in eternit erano la regola» sottolinea Cecchin. Molti tetti ondulati - «decine e decine se si considera tutto il distretto» - sono stati compromessi dalla grandine e ora dovranno essere rimossi.
Un pericolo «endemico»
I rischi per la salute legati all’usura del fibrocemento a base di amianto - la polvere inalata può provocare il mesotelioma pleurico, una grave forma di tumore - sono noti da tempo, ma fino agli anni ‘90 il materiale è stato utilizzato abbondantemente in edilizia, in Ticino come altrove. In un’indagine condotta nel 2014 dalla Sezione protezione aria acqua e suolo (Spaas) del Dipartimento del territorio, è risultato che ben 306 edifici su 733 analizzati avevano coperture o elementi in eternit. Quasi uno su due. Fintanto che il materiale è in buono stato non ci sono pericoli, rassicura il responsabile della Spaas Nicola Solcà. «Il rischio esiste nel momento in cui ci sono delle azioni meccaniche con una dispersione di polveri fino alla rottura del fibrocemento. Delle fibre con amianto si liberano puntualmente, per poi disperdersi nell’aria, a seguito di eventi atmosferici come quello in questione, con la rottura delle lastre».
In lista d'attesa
Dopo la grandinata nel Locarnese, l’ufficio di Solcà ha ricevuto «diverse telefonate» da parte di cittadini preoccupati e aziende incerte sul da farsi. A fronte di protocolli di sicurezza a cui non è possibile derogare, il problema sono le liste d’attesa in un momento in cui tutta l’edilizia nel Distretto è sotto pressione. Le stime parlano di circa 2mila tetti danneggiati complessivamente, concentrati soprattutto tra Locarno Monti, Solduno, Losone, Maggia e Ronco sopra Ascona. I tempi d’attesa sono di mesi: gli addetti ai lavori calcolano che le ditte di carpenteria della regione potrebbero intervenire su circa 200 abitazioni da qui a Natale. «Le altre dovranno necessariamente aspettare» mette le mani avanti Igor Siegrist dell’omonima carpenteria di Maggia. «Abbiamo lavoro da qui ai prossimi due anni».
Nessuno sa dire, sul totale, quanti tetti contengono eternit. Ma Siegrist conferma che il lavoro sarà lungo. Solo al Campo Pestalozzi di Arcegno, la sua ditta interverrà su una trentina di tetti in fibrocemento con amianto. «Sono tutti danneggiati». In via Delta le aziende intanto scalpitano per riprendere a lavorare: dalla rimozione del fibrocemento dipendono «decine di posti di lavoro» sottolinea Zrakic. A fronte dell’esborso necessario, le aziende avrebbero voluto prorogare di un anno le concessioni in scadenza sui terreni. Ma il Patriziato ha risposto picche. «Noi l’amianto lo rimuoveremo lo stesso» assicura sconsolato Zrakic. «Altrimenti dovremmo chiudere bottega». Per un po’ di grandine - e di eternit - sarebbe un peccato.