La situazione

È l'inizio della fine per i carri armati?

È davvero finito il tempo delle «bestie da guerra»? I tank non sono più sicuri senza adeguata copertura
Guido Olimpio
Guido Olimpio
15.05.2022 06:00

Le immagini dicono tanto. Le colonne decimate dal tiro dell’artiglieria. Gli scafi dei corazzati squarciati, come se un gigantesco apriscatole le avesse scoperchiate proiettando le torrette in alto. In Ucraina i due contendenti hanno perso migliaia di mezzi. Bilanci difficili da tracciare, in quanto siamo confusi dalla propaganda, distolti da rapporti non sempre sinceri. Le carcasse annerite, però, non mentono. E i numeri sono così alti da indurre qualcuno a porre la domanda: è l’inizio della fine per i carri armati?

L’offensiva con i droni

L’interrogativo aveva già avuto un anticipo nel 2020 durante la crisi che ha opposto gli azeri agli armeni. I primi hanno registrato successi significativi usando i droni di produzione turca TB 2: anche allora tanti filmati dove i velivoli incenerivano postazioni e veicoli, quasi indisturbati. I blindati sembravano dei bersagli immobili, senza difese, devastati dai missili piuttosto precisi. Ma allora si disse ch erano le condizioni particolari a favorire i colpi. C’era poca interdizione da parte dell’Armenia, i droni potevano muovere indisturbati o quasi. Quando è iniziata l’invasione russa si è pensato ad una cavalcata trionfale. Gli americani avevano previsto la mossa di Putin ed avevano anche ipotizzato che sarebbe finito tutto abbastanza in fretta. Sono bastati pochi giorni e il quadro è mutato drasticamente. I difensori, ben organizzati, hanno falciato gli avversari bloccando la marcia, quindi grazie ai successivi aiuti Nato hanno aumentato le loro frecce. Sono arrivati migliaia di sistemi anti-tank e anti-aerei, le spine del porcospino. Ossia una preda difficile da digerire.

Mancava la copertura

L’Armata del neo-zar, appesantita da una logistica insufficiente e ostacolata dal terreno fangoso, si è mossa lungo assi stradali facilmente prevedibili. E qui gli ucraini hanno scelto il momento più opportuno per contrastare. I russi hanno mandato avanti i blindati senza la necessaria copertura aerea (caccia, elicotteri) e senza rischiare i fanti. I tank sono caduti nelle imboscate. All’inizio la resistenza le ha condotte con piccoli team, piuttosto agili, a bordo di quad o fuoristrada. In alcuni casi hanno centrato mezzi costosi ricorrendo ai quadrocopter, droni di fabbricazione cinese dotati di micro-camere e di vecchie granate modificate. I tecnici le hanno stabilizzate con alette realizzate con stampanti 3D. Al tempo stesso i militari di Zelensky hanno bersagliato le unità con l’artiglieria e, nonostante l’inferiorità nei numeri come nel raggio d’azione, hanno neutralizzato molti tank. Nel contempo ne ha lasciati tanti sul campo sotto il fuoco non meno potente delle truppe di Putin. Gli sviluppi sono stati osservati con grande attenzione dagli esperti. C’è chi ha rimarcato come i T 72 - usati da entrambi i contendenti abbiano dei punti deboli, a cominciare dai proiettili stivati sotto la torretta. Se incassano un colpo la deflagrazione può essere devastante. Inoltre i guidatori hanno visuale ridotta. Problemi anche per alcuni blindati, a causa dei serbatoi nella parte posteriore, se centrati si accendono come fiammiferi.

Le nuove esericitazioni

Ma andando oltre l’aspetto tecnico non mancano coloro che preferiscono puntare su unità meno «pesanti», relegando i carri armati ad un ruolo secondario. I marines americani sono tra questi, stanno sviluppando tattiche dove rinunceranno in futuro ai tank privilegiando quattro aspetti: un’artiglieria con lunghi calibri (cannoni e sistemi lanciarazzi), equipaggiamento relativamente leggero, responsabilità maggiori per ufficiali «minori» e sottoufficiali, ricorso ai droni, anche di piccole dimensioni o agli ormai noti droni-kamikaze, forniti a Kiev. Lanciabili da un solo soldato, restano in volo per un periodo sufficiente a cercare un bersaglio, quindi vengono indirizzati sul target. Possono fare danni. Non tutti però sono pronti a celebrare la fine della «bestia da guerra». Perché ritengono che il problema non sia il tank, bensì la preparazione e l’addestramento degli eserciti. Invitano ad aspettare ancora, il conflitto nel Donbass ha ancora molto da dire.

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