Il progetto

E se Lugano diventasse la capitale della Svizzera?

La Città gioca la carta della cultura e corre con Mendrisio e Locarno per l'appuntamento del 2030 - La rivalità con Bellinzona, e cosa succederà nei prossimi giorni
©Gabriele Putzu
Davide Illarietti
05.10.2025 06:00

Si fa presto a dire capitale. La strada che separa Lugano dal titolo di capitale svizzera della cultura 2030 (titolo ma anche sfida, onore e onere) è una corsa a tappe appena iniziata, con traguardo tra quattro anni. Di mezzo c’è una selezione durissima che si gioca a colpi di progetti e «concept», marketing cultural-turistico (LAC e lago, anzi laghi) e tanta carta, di sicuro, tanti powerpoint. C’è di mezzo, non da ultimo, il «derby» eterno con Bellinzona che capitale è già (politica) e partecipa alla corsa assieme ad altre tre città svizzere.

In realtà Lugano non corre da sola, per una volta, ma ha saputo «fare rete» e coinvolgere Mendrisio e Locarno: di fatto una candidatura regionale. E la strategia si estende anche all’approccio aperto - «partecipato» si dice oggi - con cui si è scelto di coinvolgere la cittadinanza: incontri pubblici, confronto con i professionisti della cultura e con i «portatori d’interesse» del territorio. Le consultazioni si tengono questa settimana e saranno la fase più di visibile di un lavoro che è andato avanti in silenzio per mesi, negli uffici della Divisione Cultura a Lugano in filo diretto con gli omologhi a Mendrisio e Locarno.

La road map

È l’ora del coming out progettuale. Di uscire allo scoperto con i contenuti che, spiegano da Palazzo Civico, traggono forza e spinta dalla condivisione, appunto, con la città stessa (le città). E così nei prossimi giorni il Municipio scoprirà le carte prima con i professionisti del mondo della cultura - martedì sera a Jazz in Bess, ore 18 - poi nella sala del Consiglio Comunale con gli «stake-holders» istituzionali - Camera di Commercio, OTR, università, musei: mercoledì ore 17 - per entrare nel merito delle idee, stendere insomma un «piano d’attacco».

Come tutti i piani, è rimasto fino a un certo punto segreto: perché fa parte del gioco (il rivale è vicino, forse ascolta) ma anche per esigenze operative. La Divisione guidata dal direttore Luigi Dicorato è al lavoro da mesi - da prima dell’annuncio di aprile, in conferenza stampa - e assicura che «il progetto è a buon punto» e pronto per la fase «fondamentale» della consultazione democratica. «Siamo profondamente convinti dell’importanza di coinvolgere tutte le istanze cittadine, nel mondo della cultura e non solo» spiega Dicorato. «Lo scopo è raccogliere spunti, contributi, riflessioni».

Il tutto confluirà in una proposta ufficiale (documento di candidatura) che le regole del concorso esigono sia presentata entro il 31 dicembre, non oltre. La tempistica è fondamentale. «Era importante muoversi in anticipo - osserva Dicorato - poi avremo circa tre mesi per integrare il frutto delle consultazioni nel progetto e definire i contenuti nel dettaglio». La data in cui la giuria assegnatrice visiterà Lugano è già fissata (28 marzo prossimo) e così pure il termine della proclamazione (giugno 2026).

I temi sul tavolo

Il processo è «in piena fase concettuale» spiega il direttore della Divisione Cultura. I temi su cui è aperto il confronto, però, sono già delineati. «L’idea cardine è quella di decentramento, della condivisione delle caratteristiche comuni alle tre città coinvolte, andando oltre i campanilismi». Tre città di lago - anche Mendrisio dopo le aggregazioni - dove l’acqua unisce, non divide; città di confine e «del Sud» che si trovano «a dover gestire non solo le opportunità ma anche i limiti e le contraddizioni dettate dalla loro posizione».

Lugano quindi è capofila nella progettazione, non nel risultato (il «concept», per rimanere nel marketing) della stessa. Traina le altre con i numeri, una spesa pro-capite per la cultura (510 franchi per abitante) ben al di sopra alla media nazionale (352) e in linea con Losanna e Zurigo, mette sul piatto le eccellenze «collaterali» (blockchain, la Città della Musica, il progetto Cultura e Salute creato con IBSA e USI) e punta a rafforzare il ruolo di centro dell’arte contemporanea della Svizzera italiana (a dieci anni dall’apertura di LAC e MASI). Ma la candidatura è anche - soprattutto - «un’opportunità per creare un sistema culturale sempre più integrato e dinamico, in grado di attrarre innovazione, creatività e investimenti» a livello regionale e non solo cittadino, sottolinea Dicorato.

In questo senso lo sforzo di squadra, anche in caso di una bocciatura finale, non sarebbe lavoro sprecato. Attorno a quattro aree tematiche centrali («la cultura in dialogo con la natura, in un’ottica di sostenibilità, la cultura come industria e la promozione di imprese creative, l’integrazione dell’arte nei percorsi di cura e salute, il rapporto complesso ma costruttivo con le nuove tecnologie, in primis l’Intelligenza Artificiale») quella che si presenta alla città - alle città - è la sfida di un progetto collettivo, in ambito culturale, probabilmente senza precedenti per il territorio. Un punto di svolta, si spera, come lo è stato per altre famose capitali culturali europee e svizzere negli ultimi anni. Non solo in termini economici ma d’immagine. «La candidatura - conclude Dicorato - si propone come piattaforma capace di trasformare tensioni e fragilità in paradigmi innovativi». Non più un Ticino «solarium» o «Sonnenstube» e nemmeno un Ticino «cuscinetto» con l’Italia, dunque, ma polo culturale nazionale capace di attrarre cervelli - artisti ma anche ricercatori, professionisti - che ancora troppo spesso dal Ticino tristemente fuggono.

"Le sinergie sono fondamentali" 

Se di «derby» si può parlare, è all’insegna del fair play. Con arbitro il Cantone che supporta entrambe le candidature, imparziale e conciliante. Non a caso venerdì a Palazzo delle Orsoline si è tenuto un doppio incontro tra il Consiglio di Stato e i rappresentanti di Bellinzona e della cordata Lugano-Mendrisio-Locarno: ufficialmente per sondare le doverose sinergie tra Cantone e Comuni candidati (ma anche tra i due sfidanti, forse, ufficiosamente). «È un vantaggio competitivo per il Ticino presentare ben due candidature su cinque (Zugo infatti si è ritirata in corsa, ndr.) e sicuramente anche un segnale positivo di dinamismo e fiducia nella cultura come volano per il territorio». Roberto Badaracco, vicesindaco di Lugano e capo Dicastero Sport, Cultura ed Eventi ha un atteggiamento decisamente sportivo. «È stato un incontro positivo che ha posto le basi per un coordinamento futuro, ora che la progettazione entra nel vivo, che non esclude possibili collaborazioni. Noi lo abbiamo detto fin dall’inizio, del resto, la porta è sempre aperta».

Il coinvolgimento di Mendrisio e Locarno - «due realtà importanti sul piano culturale, si pensi al polo di architettura e a tutto ciò che ruota attorno al Festival del Cinema» - ne è la dimostrazione. «Lo abbiamo fortemente voluto, non solo per presentare una candidatura più forte ma anche per una continuità di senso e contenuti - prosegue il vicesindaco -. L’idea è di rappresentare l’italianità con tre realtà di confine che fanno da ponte, unite dall’acqua e dai laghi, tra la Svizzera e l’esterno».

Un altro motivo è che, giocando di squadra, anche le risorse si moltiplicano. Le sinergie sono tanto più fondamentali - come pure l’appoggio del Cantone, eventualmente della Confederazione: per la Chaux-de-Fonds hanno versato 4 milioni in totale - in tempi di tagli al bilancio: quando la cultura deve essere, quasi per convenzione, la prima cosa su cui tagliare. La ritirata di Zugo, proprio per ragioni economiche, ha fomentato non a caso preoccupazioni in seno al Consiglio Comunale. Su questo Badaracco tiene a rassicurare: «L’iniziativa non peserebbe sulle finanze cittadine in modo straordinario, come Città investiamo già in modo importante nella cultura e si tratterebbe di far convogliare le risorse verso questo scopo specifico, con l’apporto di mezzi ulteriori da parte dei partner istituzionali e privati».

C’è infine un discorso di fondo, che si vuole far passare. «Ogni franco investito in cultura ne genera tre di indotto, lo diciamo da anni» ricorda Badaracco. «Lugano è cresciuta moltissimo in termini di offerta e posizionamento culturale e l’impatto anche economico che si è generato è sotto gli occhi di tutti». Per il vicesindaco la vera sfida una volta guadagnato il titolo - si spera - sarebbe quella di «creare un progetto ampio che coinvolga la città a trecentosessanta gradi, su più livelli, e che lasci un’eredità in termini di iniziative e imprese culturali, quindi in termini economici e di occupazione». Anche dopo il 2030.

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