Attualità

Emma Crugnola, «Signora giustizia»

Sfide e difficoltà dei giudici di pace in una società litigiosa – «Decidere non è affatto semplice»
Andrea Bertagni
Andrea Bertagni
26.06.2022 10:44

Sono giudici, ma perlopiù non sono giuristi. Anche se si confrontano con il diritto e le leggi ogni giorno. Perché trattano in media tra i 250 e i 300 incarti ogni 10mila abitanti e ogni anno evadono circa 8mila procedure. Dalle controversie patrimoniali fino a 5mila franchi alle procedure di rigetto dell’opposizione ai precetti esecutivi. Passando dalle cause complesse alle litigiosità più spicce. All’apparenza banali. «Come una pianta che con la sua chioma entra nel giardino di un altro». Emma Crugnola parla muovendo le mani. E ha lo sguardo sempre piantato negli occhi di chi sta guardando. Il 10 febbraio 2019 è stata eletta giudice di pace del circolo di Bellinzona e dal 21 maggio è anche presidente dell’associazione che riunisce i suoi colleghi ed ex colleghi. Giudici uguali agli altri, eppure diversi. Non solo perché sono eletti dal popolo e stanno in carica dieci anni. Ma anche perché tra loro ci sono «docenti, giuristi, assicuratori, fiduciari, casalinghe, pensionati...». Un popolo di amanti della legge che dettano legge... al popolo. Un rapporto di vicinanza. Stretto. Tra giustizia e popolazione. Anzi, strettissimo.

Una società più litigiosa, ma...

Nato nel 1803 con la nascita della Repubblica del Canton Ticino, duecento anni dopo non si è ancora dissolto. Ma continua. Evolve. Come evolve la società. Che rispetto al passato «è forse diventata un po’ più litigiosa», sottolinea Crugnola. Ma non solo. «Si percepisce una maggiore difficoltà tra le persone a gestire la propria situazione economica. Persone che si trovano invischiate in situazioni che peggiorano a poco a poco per rassegnazione o per non aver cercato aiuto in tempo».

Più controversie non significano però sempre più attriti e litigi che si fossilizzano. Che si incancrenizzano. «Le persone che per due anni non si sono parlate perché litigavano a colpi di lettere e raccomandate per la pianta che invadeva con i suoi rami il giardino altrui, una volta davanti al giudice di pace si sono rasserenate - precisa Crugnola - e al termine dell’udienza si sono date la mano e sono andate a bere un caffé insieme».

La sentenza spiegata

Persone che hanno a cuore la giustizia. Che approfondiscono con lo studio delle leggi, della dottrina e della giurisprudenza. Ma anche e soprattutto persone «che devono essere capaci di ascoltare con empatia ed equidistanza». Una giustizia vicina. Un po’ psicologa. Forte del legame con il territorio. Da qui l’esistenza di 38 circoli. Composti da un giudice di pace e un supplente. «Dobbiamo sovente dare torto o ragione a qualcuno. Ma quando la nostra decisione è motivata e viene spiegata bene molto spesso è anche accettata». E quando non lo è, perché chi non condivide la sentenza ha la facoltà di inoltrare reclamo al Tribunale d’appello, non si fanno drammi. Anzi. «Può essere un’occasione per fare ulteriore chiarezza a livello giuridico», afferma Crugnola.

Formazione vitale

Un’attività non sempre facile, quella dei giudici di pace. Non a caso una delle sfide individuata da Crugnola in veste di presidente dell’associazione ticinese dei giudici di pace è proprio la formazione. Il compito di allestire e finanziare i corsi di formazione è della Divisione della giustizia del Dipartimento delle istituzioni. «Proprio perché siamo dei giudici di milizia dobbiamo aggiornarci costantemente. Ecco perché servono sempre curiosità e interesse».

La solitudine

Vicini alla popolazione. Ma anche soli. «Decidere non è affatto semplice. Non sempre accade, ma può succedere che un giudice di pace proprio a causa della sua funzione si ritrovi in una solitudine non prevista - riprende Crugnola - ciò non è sempre un male, perché permette di concentrarsi meglio nel momento di prendere le decisioni. Altre volte invece per sentirsi meno soli può essere utile scambiarsi le esperienze con gli altri giudici». Ecco perché tra gli obiettivi della presidente c’è proprio quello di «rinsaldare i vincoli di solidarietà e vicinanza tra i giudici a salvaguardia e beneficio di questa rispettata e popolare istituzione».