L'intervista

«Fidiamoci della scienza, e salviamo il pianeta»

La professoressa di Harward Naomi Oreskes spiega le «tre mosse» per combattere il cambiamento climatico
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Francesco Mannoni
03.03.2024 17:31

«L’enciclica sulla "cura della casa comune" di Papa Francesco ‘"Laudato si" sui cambiamenti climatici e la disuguaglianza, per la quale ho scritto l’introduzione per l’edizione americana, è importante e commovente. Importante soprattutto perché il Santo Padre ha fatto qualcosa che molti scienziati non sanno fare bene: comunicare».

La professoressa Naomi Oreskes vincitrice del Premio Nonino 2024 nella sezione «Maestri del nostro tempo», quasi s’infervora parlando dell’Enciclica Papale, che molto ha contribuito a far capire la situazione drammatica del nostro pianeta. E spiega:

«Saper comunicare è fondamentale, e l’intervento del Papa è di estrema importanza perché il problema climatico non è solo scientifico: è anche morale, politico e sociale. Affrontando il problema, il Santo padre ha abbracciato tutte le risultanze critiche della situazione, le ha fatte proprie e le ha trasmesse con un libro accorato e privo di retorica. La sua voce, le sue preoccupazioni sono la conferma assoluta di quello che la terra sta attraversando e che bisogna intervenire per evitare un disastro ambientabile che senza decisioni anche radicali, potrebbe essere irrimediabile».

Professoressa di Storia della Scienza e professoressa affiliata della Terra presso l’Università di Harvard, la Oreskes è una scienziata di fama internazionale e autrice di numerosi articoli accademici e divulgativi e di libri sulla storia delle scienze ambientali. L’ultimo s’intitola «Perché fidarsi della scienza?» (Bollati Boringhieri, 208 pagine, 20 €). È un saggio in difesa della scienza ambientale e in particolare di quella sui cambiamenti climatici, ma che in realtà altro non fa che evidenziare i pericoli cui il pianeta va incontro. La prof.ssa Areskes non è una Cassandra, e con lei abbiamo discusso del pericolo imminente.

Professoressa, perché dovremmo fidarci della scienza e degli scienziati?
«Dobbiamo fidarci della scienza perché la scienza funziona. Ha sviluppato le sue conoscenze in anni e anni di lavoro e ha avuto modo di provare le proprie affermazioni. Questo tuttavia non vuol dire che dobbiamo vedere gli scienziati come dei geni individuali. La comunità degli scienziati ha sviluppato dei sistemi per sottoporre a valutazioni e a test le conclusioni e le scoperte che venivano fatte. I colleghi che avevano accesso a queste informazioni potevano criticarle o suggerire modifiche e miglioramenti. È un processo che ha portato la scienza a dare le prove di tutto ciò che affermava. Ed è proprio per questo procedimento, per questo processo valutativo che noi dobbiamo credere e avere fiducia nella scienza».

Ma è tutta difendibile la scienza, o muoverebbe, se fosse necessario, obiezioni nei confronti di qualcosa o di qualcuno dell’ambito scientifico?
«Non tutta la scienza è difendibile in assoluto: si tratta di un processo che richiede molto tempo, un lavoro lunghissimo per avere delle prove, sottoporle a giudizio e ottenere conferme che tutto e a posto e regolare. Il fatto che ci voglia molto tempo a volte genera dello scetticismo nei confronti della scienza, ma un solo esempio dovrebbe eliminare ogni remora. La scienza del clima opera da più di cento anni e gli scienziati nell’arco di questo tempo, sono arrivati ad avere le prove che il riscaldamento globale è in atto, che la combustione degli elementi fossili ha provocato il riscaldamento dell’aria e della terra. Ma per dimostrare questo ci sono voluti settant’anni di ricerche, di interrogazioni e di prove. Ma alla fine hanno avuto le conferme che cercavano e gli stravolgimenti climatici testimoniano ogni giorno con acqua, vento, fuoco, mareggiate e altre devastazioni degli elementi scatenati, quanto nell’universo sia in atto una trasformazione nei confronti della quale non si può più stare inerti».

I cambiamenti sono sempre più evidenti e periodici. Occorrono interventi immediati per preservare la terra da una disfatta

Ma non potrebbero esserci degli errori?
«Nei miei libri ho parlato anche di scienziati che hanno fatto degli errori: sono degli esseri umani e tutti gli esseri umani sbagliano. Ma anche da questi errori siamo riusciti a imparare che non c’era più abbastanza tempo per operare dopo i tanti disastri naturali che confermano le asserzioni della scienza. Un altro punto importante è che come scienziati dobbiamo capire anche perché dare il consenso scientifico oppure no su un determinato argomento; e dobbiamo stare attenti a non confondere il dibattito con il consenso. Spesso mi sono chiesta se sulla scienza è maggiore il dibattito o il consenso, e ora credo di potermi dare una risposta: oggi c’è il consenso, perché sappiamo cosa sta accadendo nel mondo e quali sono i problemi che vengono causati dai cambiamenti climatici. E dobbiamo invertire lo sfacelo, prevenire le piogge cicloniche, non privare la terra del suo cuore verde, le foreste».

Cosa fare subito per invertire la tendenza?
«Il problema si può affrontare perché ne conosciamo le cause. L’aumento delle emissioni è causato da tre elementi: la combustione dei fossili, il taglio delle foreste e gli allevamenti degli animali. Il terzo punto è il più facile da risolvere: potremmo mangiare meno carne e cambiare la nostra dieta, inoltre l’allevamento di animali è molto costoso, e se il nostro obiettivo e quello di sfamare il mondo, sarebbe più conveniente farlo con le piante. L’uso dei combustibili fossili e il taglio delle foreste, sono situazioni più difficili da risolvere a causa dei poteri politici e delle forze economiche delle compagnie estrattive e di abbattimento delle foreste, anche perché in molte parti del mondo hanno l’avallo di governi corrotti. Le foreste non vengono tagliate perché la gente ha bisogno di un po’ di legname: i motivi sono diversi. La foresta brasiliana viene tagliata per fare posto agli allevamenti di animali, la foresta indonesiana per fare posto alla coltivazione delle palme per produrre olio di palma. Noi dobbiamo chiedere azioni politiche e insistere sui governi perché con le pressioni e le mobilitazioni popolari si possano interrompere questi abusi».

Al momento, qual è la cosa più urgente da fare?
«La cosa più urgente da fare è investire nelle energie rinnovabili. Il mondo non può andare avanti senza energia, ma non è fatto obbligo che questa energia provenga dai combustibili fossili: le energie rinnovabili possono fornire al mondo l’energia necessaria e anche ad un prezzo più economico. Per rimpiazzare l’energia fossile bisogna far pressione sulla finanza e sui finanzieri perché loro hanno il potere di muovere il mondo in base al campo in cui decidono di investire o di non investire. Bisogna responsabilizzarli perché investano sulle energie rinnovabili e non sulla deforestazione e sugli allevamenti intensivi di animali».

Abbiamo ancora speranza di salvare il pianeta?
«C’è sempre la speranza finché siamo vivi. Per questo faccio il mio lavoro e vado avanti per preservare la vita della gente. Se le persone vittime di alluvioni e altri disastri climatici non si oppongono i governi non capiranno che è necessario rimediare. Il tempo a disposizione non è più tanto. I cambiamenti sono sempre più evidenti e periodici. Occorrono interventi immediati per preservare la terra da una disfatta».