Società

Figli e social, istruzioni per l'uso

Ma i genitori possono pubblicare le foto dei propri figli? Ne parliamo con Gabriele Balbi dell'USI
Giorgia Cimma Sommaruga
24.07.2022 06:00

Come si educano i figli per la vita, li si prepara a gestire situazioni difficili e raggiungere tappe importanti, così si educano i figli a gestire i social, che assorbono sempre più tempo, sempre più quotidianità, come spiega la ricerca realizzata nel 2020 della Scuola di Psicologia applicata di Zurigo. Ma il dato più incisivo non è questo: «È la penetrazione totale - interviene Gabriele Balbi, professore associato in media studies presso l’Istituto di media e giornalismo (IMeG), Facoltà di Comunicazione, cultura e società, USI Università della Svizzera italiana-, dalla ricerca risulta che il 100% dei giovani svizzeri sotto i 18 anni ha un account social e il 100% ha uno smartphone». E poi emerge che i giovani sono molto consapevoli dei pericoli che si corrono online: «Sanno perfettamente del rischio di profilazione dei dati come quello della violazione della privacy, ma non si spaventano. In poche parole usano i social come se questi problemi non ci fossero», precisa Balbi.

La moda social

La data simbolo è il 2004, quando è nato Facebook. E poi via via tutti gli altri. I social hanno fatto tendenza sin dall’inizio. «In questi anni avviene una sorta di «autocomunicazione» di massa. Se prima avevamo una comunicazione che veniva dall’alto, grazie alle radio, televisioni, o giornali, dove pochi parlavano e molti ascoltavano, nei primi anni 2000 avviene un cambio di paradigma: tutti parlano a tutti». Via social network, appunto. E in questo nuovo scenario, in questo nuovo mondo, osserva il professore, «è ovvio che la centralità e la promozione del sé diventa fondamentale».

Ottimizzare la propria immagine

E poi c’è la costruzione dell’immagine pubblica, «perché, è diventato sempre più importante sentirsi apprezzati dai pari - osserva Balbi -, nell’ambito della gratificazione, gli studiosi pensano infatti che il nostro cervello, quando riceviamo un «like», rilasci dopamina, che provoca appagamento e piacere».

Ma, dall’altro lato della medaglia, ci sono anche tanti giovani che decidono di staccare la spina da queste «realtà virtuali». «Avviene sempre più spesso, forse per la troppa pressione psicologica, il troppo lavoro nel continuare a migliorare la propria immagine: a volte penso sia estenuante».

Dare prescrizioni è sempre difficile, però a mio avviso è importante imparare l’etichetta, una sorta di istruzioni per l’uso dei social, perché come in tutti gli ambienti esiste un galateo

Educazione digitale

Se da un lato la Scuola di Psicologia applicata di Zurigo sostiene che «il 98% dei giovani sia pienamente consapevole dei rischi che si celano dietro ai social network», «dall’altro lato - spiega Balbi -, ci sono anche tanti genitori, che «postano» le foto dei figli, pensando che Instagram sia un album di famiglia». Quindi? Bandire i social? «No, io non voglio fare allarmismo, vorrei solo che ci fosse più consapevolezza». E allora la domanda «come bisogna comportarsi?», sorge spontanea. «Dare prescrizioni è sempre difficile, però a mio avviso è importante imparare l’etichetta, una sorta di istruzioni per l’uso dei social, perché come in tutti gli ambienti esiste un galateo. Questo è un punto molto importante per cercare di avvicinare le generazioni».

L’allarmismo non serve

Boicottare le nuove forme di socialità e di comunicazione è una mossa estrema. «Mi ricordo ancora quando, nei primi anni ’90, si iniziava a comunicare tramite gli «emoticon», per i «millenials» sono i genitori degli «emoji». Beh ovviamente c’è stato chi si è subito schierato contro sostenendo che in questo modo le persone avrebbero perso la capacità di scrivere. Questo mi fa sorridere perchè non è avvenuto nulla del genere», ironizza Balbi.

Si, ma i rischi ci sono eccome!

Ok. Niente allarmi. Ma se pensiamo alla pedopornografia? Alla vendetta pornografica? Ai furti di identità? I rischi ci sono. «Io penso che sui social, come in tutte le forme di comunicazione, ci debba essere un rapporto di fiducia alla base dell’ interazione. E poi - spiega Balbi -, nella comunicazione esistono patti espliciti ma soprattutto impliciti. E un patto implicito è sicuramente quello della riservatezza. Questi - continua il professore-, sono reati e devono trovare una legislazione sempre più adeguata che li punisca. Perché troppo spesso avviene che i reati commessi sui social non vengono puniti». Per questo è importante l’educazione social. Ma cosa impedisce il processo di condanna del reato sulle piattaforme digitali? «Purtroppo uno dei problemi dei social network è che si sono evoluti molto più velocemente del diritto».

E allora mi cancello dai social

Chiudere con i social è la soluzione? «La soluzione è la consapevolezza su tre aspetti: le immagini dei nostri figli potrebbero essere rubate e finire nei circuiti pedopornografici. Poi, i nostri figli minorenni non hanno scelto di finire nei nostri Reel di Intagram, tra qualche anno potrebbero rinfacciarcelo. E infine, ricordiamoci che dietro ad un like, si alimenta un algoritmo, che profila i miei dati, il viso di mio figlio, la sua cameretta...questo vuol dire esporre il nostro bambino ad una mercificazione pura e semplice».