Reportage

I ciclisti «imperdonabili» che, in Ticino, nessuno multa

Una giornata con una app della Suva a Lugano e qualche dato sulle multe alla mobilità lenta - Che in assenza di percorsi sicuri, è costretta al «si salvi chi può»
©Gabriele Putzu
Davide Illarietti
09.11.2025 06:00

Il semaforo è rosso, in cima alla Piodella di Muzzano. Il buonsenso imporrebbe lo stop - anche la legge - ma la bici non lo ascolta: va da sola, schizza tra le auto accodate, tra le due corsie, poi sterza sulla sinistra. S’infila in una situazione incresciosa.

In tutto questo il telefonino cosa dice?
Registra, tace, al massimo vibra.
«Plin»
«Plin»

Si fanno sentire invece le auto in coda - clacsonate, insulti - mentre la bici sfiora specchietti, portiere. La spinta posteriore - è elettrica - sembra animarla di vita propria, imbizzarrita nel traffico. È una faccenda tra mezzi di trasporto: mobilità lenta contro mobilità tradizionale.

Incidenti in aumento

Il ciclista di per sé, in tutto questo, sarebbe quasi irrilevante. Mero testimone, al pari del telefonino che registra tutto. Ma siccome è responsabile penalmente della propria bici, meglio precisare che la Domenica ha fatto un giro dimostrativo a Lugano per testare i nervi del traffico e una nuova App lanciata dalla Suva.

Lo scopo dell’applicazione è prevenire gli incidenti sulle strade. Quelli che coinvolgono i ciclisti in Ticino non diminuiscono anzi aumentano: in un decennio si è passati da 68 infortuni l’anno (2014) a 90 (2024) soprattutto per l’impatto delle e-bike (da 6 infortuni a una trantina l’anno, stabili) stando ai dati della polizia cantonale.

La triste mappa

Sul telefonino una mappa della Svizzera coperta di puntini sottolinea come il problema è nazionale. Ogni punto un incidente. Restringendo il campo al Ticino, si nota come il Piano di Magadino e il Luganese - nelle due direttive Lugano-Taverne e Lugano-Ponte Tresa - sono le zone geografiche più martoriate. I puntini neri ricordano gli ultimi incidenti mortali. Il 7 gennaio un 59.enne investito da un camion a Locarno. Il 15 febbraio un 87.enne caduto malamente a Losone. Il 21 aprile un 70.enne in viale Cattaneo a Lugano, dopo una collisione con un pedone.

È stato un anno nero, ma non eccezionale. Le statistiche dimostrano come, nonostante le precauzioni individuali e le campagne di sensibilizzazione, i ciclisti continuano a essere utenti particolarmente fragili della strada. Il tasso di mortalità tra gli automobilisti - per fare un triste paragone - è molto inferiore: su 526 infortuni in auto avvenuti in Ticino nel 2014 gli indenti mortali erano stati 3. L’anno scorso - ultima statistica disponibile - sono stati 10 su 316. Il dato qui, al contrario che per le biciclette, è in diminuzione negli anni.

Nella giungla luganese

Sensibilizzare i ciclisti sui pericoli a cui sono esposti, e sulla correttezza delle loro manovre, è una strategia ormai collaudata dagli enti pubblici: ma agli attivisti delle due ruote suona paternalistica, e i dati suggeriscono che forse non funziona così bene. Quello della Suva è solo l’ultimo tentativo. Le associazioni dei ciclisti insistono da tempo sulla necessità, piuttosto, di potenziare l’infrastruttura ciclabile. In Ticino è la più arretrata della Svizzera, Lugano è stabilmente in fondo alle classifiche di ciclabilità tra i centri urbani.

La risposta, istintivamente, è provocatoria (come spesso davanti alle colpevolizzazioni, ancorché involontarie). Cycle Track - si chiama così la app - promette di tracciare i movimenti dell’utente-ciclista: segnalargli i propri errori, i rischi che corre. Commettere il maggior numero di infrazioni possibile - per vedere se funziona veramente - è una tentazione a cui è difficile resistere. Anche se, certo, è il contrario dello scopo per cui è stata concepita.

Dopo il semaforo rosso sulla Piodella la strada scende larga verso il centro di Lugano - il cuore del problema ciclistico, in Ticino - ma alle porte di Sorengo la carreggiata si restringe. La coda è compatta, la bicicletta si sposta sul marciapiede - non c’è alternativa - e commette la seconda infrazione in questo tratto di percorso.

Non si sale sul marciapiede

Statisticamente, è un’infrazione importante. Una buona parte delle multe inflitte ai ciclisti ogni anno in Ticino nascono proprio dall’idea - sbagliata - che i marciapiedi possano sostituire le piste ciclabili (drammaticamente rare). L’app Cycle Track tace al riguardo - non rileva nemmeno l’infrazione - come niente fosse: le Polizie Comunali invece hanno molto da dire. In base all’ordinanza comunale (articolo 605 capoverso 1) solo a Lugano negli ultimi anni sono stati multati 55 ciclisti sui marciapiedi. È un numero rilevante - in termini relativi - eppure al tempo stesso così incredibilmente basso: è innegabile.

L’infrazione più multata, almeno a Lugano, in realtà è un’altra e la bicicletta la commette più in basso, scendendo dalla stazione (in funicolare) a piazza Cioccaro. La zona pedonale è gremita di gente, anche qui l’app della Suva non si ribella, non obietta: sembra non accorgersene. Nelle aree pedonali di Lugano dal 2020 a oggi sono stati multati 91 ciclisti - quelli che non hanno rispettato l’obbligo di spingere a mano il velocipede, ovviamente, sono stati infinitamente di più.

Multe inesistenti

Il fatto è che le multe ai ciclisti sono in realtà ancora rare, alle nostre latitudini, almeno quanto le piste ciclabili. Forse anche più rare. Nelle quattro più grandi città ticinesi - abbiamo chiesto i dati alle relative Polizie Comunali - negli ultimi cinque anni sono multati 243 ciclisti. Nove su dieci (223) a Lugano. A Bellinzona praticamente la multa al ciclista non esiste: due verbali in cinque anni. A Mendrisio quest’anno ne sono state inflitte tre in tutto, ed è un record (la media dal 2020 è meno di una multa l’anno).

Anche aggiungendo le non localizzabili multe della Polizia Cantonale (85 in cinque anni) i ciclisti rimangono dei «privilegiati» rispetto agli automobilisti (le patenti revocate agli automobilisti, per dire, si aggirano in Ticino sulle 2.300-2.800 l’anno). La Polizia di Lugano, la più attiva su questo fronte, conferma come ci si concentri tutto sommato ancora sulla «prevenzione e sensibilizzazione, anziché sulla repressione».

Senza limiti

Di fatto è quindi possibile, in orario di punta, girare per le strade tra il centro e Cassarate bruciando semafori e sensi unici, risalire il fiume in contromano, fin su allo Stadio, senza grossi problemi. Il fastidio (giustificato) degli automobilisti e dei pedoni è l’unico freno, oltre alla coscienza individuale chespesso - lo sappiamo - cede alla fretta, alle scadenze quotidiane.

Il telefonino registra il percorso e segnala i punti critici. Tra la Pensilina Botta e il Parco Ciani, passando da corso Pestalozzi, ce ne sono cinque: svolte a sinistra - «quando si svolta a sinistra gli incidenti sono frequenti» ricorda la Suva - e attraversamento di strade di quartiere, con alta presenza di pedoni. Cliccando sulla mappa alla fine del tragitto si possono indagare - passo passo - le proprie imprudenze, sempre che un trafelato ciclista abbia il tempo di fare questa operazione, dopo avere attraversato di corsa il centro città.Dei video pre-registrati mostrano, volendo, il comportamento corretto da tenere in ogni frangente, almeno in teoria.

In pratica però difficilmente basterà il telefonino, purtroppo, a risolvere il problema. I ciclisti lo guardano già troppo: senza un dispositivo «mani libere» (auricolari, vivavoce), è un’altra infrazione multabile, proprio come in auto. Una quindicina di multe sono state inflitte per questo motivo (negli ultimi anni dalla Polizia cantonale e dalla Comunale di Lugano: pochine, anche qui.

Farne di più sarebbe la soluzione? La risposta, difficile,è nel fondo della coscienza e non è tracciabile con il Gps. Ogni ciclista che si rispetti - compreso chi scrive - ha qualcosa da farsi perdonare e un inconscio bisogno, sotto sotto, di una regolata. Non ha bisogno che un’app glielo ricordi. Il suo senso di colpa è già sufficiente, e tanto più assurdo, in una mobilità che si vuole «green» ma non gli offre molte alternative pratiche e sicure, in quanto piuttosto meriterebbe di essere ringraziato, per la sua scelta di andare in bici. Se non addirittura premiato.

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