«I frontalieri? A provocare una reazione xenofoba sono i datori di lavoro»
Nato nel Giura bernese da padre novarese e madre mantovana, formatosi come avvocato, convertitosi all’islam, Mauro Poggia è il volto del Mouvement citoyens genevois (MCG), un fenomeno politico basato sull’avversione al frontalierato e per questo definito la Lega di Ginevra. «Ma noi non facciamo alcuna distinzione tra svizzeri e stranieri – premette Poggia -. Noi difendiamo tutti i cittadini che risiedono legalmente sul territorio ginevrino».
Signor Poggia, di recente lei ha dovuto denunciare un individuo che al ristorante l’ha minacciata di morte. Un politico in Svizzera può ancora girare tranquillamente senza scorta?
«Il rischio zero non esiste, né per le autorità né per i semplici cittadini. Ma non penso che la situazione sia peggiorata. Nel mio caso si tratta semplicemente di minacce da parte di una persona poco equilibrata, che è scontenta di una decisione delle autorità».
Lei è stato responsabile della sanità durante la pandemia. C’entra qualcosa?
«No, l’uomo che mi ha minacciato è arrabbiato perché ha ricevuto un ordine di espulsione dalla Svizzera. Sperava che io potessi rivedere la decisione della giustizia. Ma non posso. Inoltre è stato condannato per reati di natura tale da non spingermi a impegnarmi per lui».
Tuttavia non crede che ci sia una certa animosità nei confronti dei politici?
«Sulle reti sociali sicuramente. Lì tanta gente proferisce insulti che non oserebbe mai pronunciare in pubblico. Ma nel mondo reale siamo trattati molto meglio».


Quindi lei gira ancora tranquillo per strada?
«Certo, non ho cambiato i miei comportamenti. Anzi, le dirò che quando sono giù di morale vado volentieri a passeggiare in città. Insulti non ne sento mai. Mentre c’è sempre qualcuno che mi ringrazia per il lavoro che svolgo».
Alle ultime elezioni lei è stato il secondo candidato più votato, dietro a Pierre Maudet, nel frattempo caduto in disgrazia. L’anno prossimo punterà al primo posto?
«Non ho ancora deciso se ricandidarmi. Ho 63 anni, se volessi iniziare qualcosa di nuovo, è la mia ultima occasione. Ci sto pensando».
Lei è rimasto l’unico rappresentante di peso del MCG. Senza di lei il movimento scomparirebbe?
«Non credo proprio. Con o senza di me, avremo una lista forte per il Consiglio di Stato».


Ci sono contatti tra il MCG e la Lega?
«Io ho contatti con i due consiglieri di Stato leghisti. Ma per il resto no, non c’è una collaborazione tra i due movimenti».
In cosa il MCG assomiglia alla Lega?
«Non conosco abbastanza bene la Lega per potermi esprimere. So che è cresciuta molto anche grazie a un giornale che noi a Ginevra purtroppo non abbiamo. Per quanto ci riguarda, posso dire che non siamo un movimento populista o nazionalista, bensì una reazione dei ginevrini all’esplosione del frontalierato».
Perché considerate i frontalieri un problema?
«Noi non siamo contro i frontalieri, ma contro l’eccessiva facilità con cui i nostri datori di lavoro assumono manodopera dall’altra parte della frontiera lasciando le persone che vivono qui in disoccupazione o in assistenza. Sono questi datori di lavoro a provocare una reazione xenofoba contro i frontalieri».


Voi cosa proponete?
«Noi vogliamo dimostrare che ci sono stati posti di lavoro che potrebbero benissimo essere occupati da residenti, soprattutto da giovani che si trovano in disoccupazione».
Non mi sembra che ci siate riusciti, visto che i frontalieri continuano ad aumentare.
«Siamo riusciti a far cambiare mentalità. Quando è nato il MCG, nessuno si rendeva conto che continuando ad andare inFrancia a cercare personale da pagare meno si sarebbe stravolto il tessuto sociale ginevrino.Oggi tutti i partiti hanno integrato questa visione».
Ma i frontalieri aumentano lo stesso.
«C’è ancora tanto lavoro da fare.Bisognerebbe innanzitutto che le autorità federali rispettino la volontà del popolo, che nel febbraio 2014 ha deciso di inserire nella Costituzione il principio della priorità indigena».


Questo principio è applicabile?
«Il Consiglio federale non vuole applicarlo perché pensa che non rispetterebbe gli accordi bilaterali e il diritto europeo. Io non sono di quel parere. Bisogna trovare il modo di rispettare la volontà del popolo e nel contempo di mantenere buoni rapporti con l’Europa».
A quel punto movimenti come il MCG o la Lega non avranno più motivo di esistere.
«Non credo. Per me i partiti sono come delle scarpe. Se il tuo piede è troppo piccolo o troppo grande, deve comunque adattarsi alla scarpa. I movimenti invece sono come delle calze. Prendono la forma del piede. Dunque dipendono da chi mette le calze, sperando di trovare dei piedi buoni».
Fuor di metafora, non crede che la forma del movimento sia superata?
«Nient’affatto. L’abbiamo visto anche inFrancia, il partito di Macron è stato costruito su questa idea. I partiti di sinistra e di destra non sono adatti a rispondere alle sfide della nostra società. Bisogna che i politici possano prendere le decisioni giuste al momento giusto».


Lei si è convertito all’islam. Perché?
«Mi sono convertito 26 anni fa alla religione di mia moglie, il sufismo, un islam molto aperto. Io sono cresciuto come cattolico, facevo il chierichetto. Ma a un certo punto mi sono reso conto che non trovavo più le risposte alla mia ricerca di spiritualità. Mentre nella religione di mia moglie ho trovato una visione che mi corrispondeva, con la quale volevo vivere».
L’islam può dare risposte migliori rispetto al cattolicesimo?
«L’islam può dare il meglio come anche il peggio, l’abbiamo visto. Io non farei paragoni tra le religioni. Credo che siano soprattutto uno strumento per cercare l’armonia con se stessi e con gli altri. Dipendono molto dalle persone e dall’apertura di spirito con cui le si segue».