La nuova stagione

«Il campionato allargato? Sono favorevole»

A tu per tu con il vulcanico Gilbert Gress, un passato glorioso come calciatore e, poi, come allenatore di culto
Marco Ortelli
17.07.2022 06:00

Il vulcanico Gilbert Gress nasce a Strasburgo il 14 dicembre 1941. 18 stagioni da giocatore professionista nel ruolo di attaccante dal 1959 (Strasburgo) al 1977 (Neuchâtel Xamax) con passaggi in Bundesliga allo Stoccarda. 2 titoli di Francia e 1 supercoppa con l’Olympique Marsiglia, 2 coppe di Francia con lo Strasburgo, 3 selezioni con la nazionale francese. Appese le scarpe al chiodo, ma con la capigliatura sempre in bella vista, tra il 1977 e il 2009 si trasforma in un allenatore di culto. In bacheca mette il titolo di Campione di Francia nel 1979 con lo Strasburgo, per poi diventare l’iconico allenatore del Neuchâtel Xamax del presidente Gilbert Facchinetti, con cui vince 2 campionati e 3 supercoppe svizzere. Senza dimenticare la Coppa Svizzera conquistata alla guida dello Zurigo. Conoscitore di calcio, lo abbiamo raggiunto telefonicamente per parlare del campionato svizzero 2022/23 iniziato ieri, sabato, ma non solo...

Pronto, è il Signor Gress a Strasburgo?
«Sì, ma sono in Ticino, ad Ascona».

Ah, magari con Christa Rigozzi (insieme, nel 2017, hanno realizzato spot pubblicitari per promuovere il Locarnese, n.d.r.)?
«(Sorride). Ah, non, sono qui in vacanza con la famiglia. È da diverso tempo che non ho sue notizie, se ha l’occasione le porti i miei saluti. Ah, il Ticino, qui splende sempre il sole, è il luogo ideale per recuperare le forze».

Veniamo agli sforzi delle squadre del campionato svizzero. Chi vede come favorito per il titolo?
«Ascolti, nel mese di settembre 2021 ero stato invitato dal quotidiano zurighese Blick a un evento. In quell’occasione mi era stata posta la questione su chi vedessi favorito, il Basilea o lo Young Boys? Lo Zurigo, avevo risposto. Perché ha buoni giocatori e l’ho visto in crescita. E poi, e poi, non deve partecipare a competizioni europee. Lo dico per esperienza. Le coppe portano via concentrazione e forze. Come ci era successo nella stagione 1985/86 col Neuchâtel Xamax. In 15 giorni incontrammo due volte il Real Madrid in Coppa UEFA e tra l’andata e il ritorno (vittoria 1-0 alla Maladière, sconfitta 4-0 al Santiago Bernabeu, n.d.r.), perdemmo a San Gallo e contro il Servette, consegnando il titolo allo Young Boys. Quindi, per tornare alla sua domanda, favorito potrebbe essere lo Zurigo, ma…».

Ticino, Lugano. Cosa pensa della squadra guidata da Mattia Croci-Torti, che ha visto partire giocatori importanti, da Lavanchy a Lovric, Custodio e Maric?
«Rispondo con uno sguardo più generale. Vede, il problema tipico dei club svizzeri è la partenza regolare, da una stagione all’altra, dei giocatori migliori. Penso anche al Basilea di questa stagione, o allo Young Boys. È vero, i trasferimenti consentono di fare cassa, ma poi quello che conta è trovare dei sostituti all’altezza. Già quando allenavo, ho sempre detto che è preferibile avere meno cash ma buoni giocatori, che tanti soldi e giocatori, disons, meno buoni».

Questo sarà un campionato di transizione. Due promozioni dirette, una eventuale retrocessione dopo spareggio tra ultima di Super League e terza di Challenge. 12 squadre. Come vede questo progetto?
«Sono favorevole a questo cambiamento. Credo che tutte le regioni della Svizzera meritino di essere rappresentate. Si sente spesso dire, mah, il campionato con più squadre diventa troppo scontato e poi viene penalizzato il cammino in Europa… Non è certo il numero di squadre a rendere più difficile il cammino nelle competizioni europee».

A parte qualche exploit, ritengo che per i club svizzeri oggi sia più difficile essere presenti ad alto livello nelle competizioni europee

Cosa intende?
«Vede, oggi per i club svizzeri è più difficile competere, perché… prendiamo gli anni Ottanta e lo Xamax. Allora i migliori giocatori svizzeri militavano praticamente tutti in Svizzera, a parte qualche eccezione. Sono certo che oggi Beat Sutter, Heinz Hermann, Alain Geiger, non giocherebbero nello Xamax e in Svizzera, ma sarebbero in Spagna, Italia, Inghilterra. Ecco perché, a parte qualche exploit, ritengo che per i club svizzeri oggi sia più difficile essere presenti ad alto livello nelle competizioni europee».

Lei ha detto di sentirsi un allenatore già a 12 anni, quando distribuiva bigliettini ai suoi compagni con indicazioni tattiche e motivazionali. Cosa le piace di questo strano mestiere?
«Per me allenare è stata una felicità suprema, sia a Strasburgo, sia a Neuchâtel, dove abbiamo vinto campionati grazie alla presenza di giocatori straordinari. Vede, la prima qualità che ho sempre richiesto in un giocatore è l’intelligenza, sia di gioco, sia nella vita quotidiana, sul piano umano».

Giocatori doppiamente intelligenti, ci sono altri ingredienti per costruire squadre vincenti?
«Dieci giorni fa ho avuto l’occasione di partecipare a un evento con il presidente dell’FC Zurigo Ancillo Canepa. In quell’occasione ho detto che l’uomo più importante in un club è il presidente. Se il presidente non è all’altezza, è molto difficile vincere dei titoli».

Un presidente come Gilbert Facchinetti...
«Un incontro straordinario. Pensi, sono stato allenatore a Neuchâtel e non ho mai firmato un contratto. Tutto è sempre avvenuto con una stretta di mano, rinnovata di volta in volta. Mai un problema. È stato un legame veramente perfetto».

Prima di lasciarla al suo aperitivo asconese, mi permetta una curiosità. È forse un fan di Elton John?
«Ah per la pelliccia e la mise (sorride, n.d.r.). No, era la moda, anche alcuni giocatori vestivano così».