«Il centro e il PLR devono unirsi contro i populismi»
Franco Gianoni entrò in Gran Consiglio nel 1966, quando il suo partito si chiamava ancora «conservatore» ed era all’opposizione in un Ticino guidato da una coalizione radico-socialista. Oggi, all’età di 93 anni, è fiero della nuova etichetta di «centrista» e auspica una nuova alleanza nella politica cantonale. «Ho sempre detto che il Ticino può uscire dalle difficoltà solo con un’intesa tra PLR e Centro - spiega l’avvocato -. Ne sono ogni giorno più convinto».
Avvocato Gianoni, intende un’alleanza o una fusione?
«Per intanto un’alleanza, più tardi potrà venire anche la fusione. Io se avessi vent’anni di meno proporrei al mio amico Franco Celio di fare un partito che sia la sintesi tra i due».
Davvero crede che i due partiti siano compatibili tra loro?
«Ci saranno sempre degli integralisti da una parte e dall’altra, però la storia ci insegna che l’economia è più forte delle ideologie. Di conseguenza arriverà il momento in cui i due partiti si uniranno. I politici di oggi dovrebbero lavorare affinché questi tempi si accorcino».
Quindi un’unione in nome dell’economia?
«Per avere ricchezza ci vogliono la terra, l’uomo e il capitale. Tutti e tre devono contribuire nel modo migliore possibile, ma per farlo devono essere retribuiti in maniera equa».


Cosa intende?
«Se la terra non è trattata bene si ribella. Se l’operaio non è pagato giustamente lavora male. E se il capitale non è remunerato fa come la lepre, al primo sparo scappa. Per questo ci vuole quella che io definisco un’economia di mercato con una socialità ragionata. E non ci si arriva facendo il segno della croce o appellandosi alla rivoluzione francese».
Perché non includere nell’alleanza anche il PS?
«L’alleanza naturale è tra Centro e PLR, che sono sullo stesso zoccolo. Sono due partiti fatti per marciare insieme. Con i socialisti invece è più difficile.Loro esacerbano la parte sociale, dimenticandosi che prima di dividere la torta bisogna farla».
L’alleanza tra PLR e PPD alle ultime elezioni federali ha lasciato parecchi scontenti. Entrambi i partiti hanno perso il loro seggio agli Stati.
«Secondo me è bene che sia andata così».


Scusi?
«Se fosse stato eletto solo Filippo Lombardi, oppure solo Giovanni Merlini, tra i due partiti si sarebbero creati attriti difficili da superare. Invece i due partiti sono rimasti fuori insieme.Questo significa che la prossima volta potranno provare a tornare agliStati insieme».
Lei vede un candidato che possa permettere al Centro di riconquistare il seggio che fu di Lombardi?
«Sicuramente Fabio Regazzi . A Berna si è dimostrato molto valido. Fa una politica che è condivisa anche dai liberali. Io credo che Regazzi possa essere il candidato della Ragione con la R maiuscola, contro i populismi, che sono l’anticamera della decadenza».
Quali sono i partiti populisti?
«Sono quei partiti che vengono su dal niente, dal malcontento e basta. O peggio, come faceva il Nano i primi tempi, insultando tutti».


E chi sono i politici populisti, oggi?
«Sono tutti quelli che citano il popolo a sbafo, come se il popolo avesse sempre ragione. Invece non è così. Ci sono delle questioni di principio che il popolo deve rispettare, come una volta il re doveva rispettare la legge di Dio. Il popolo comanda ma non ha sempre ragione».
Anche il presidente Fiorenzo Dadò a volte è populista?
«Quale presidente?Il mio presidente è Alberto Stefani (alla testa del Partito conservatore, poi ridenominato PPD, dal 1961 al 1981, n.d.r.)».
Va bene. Ma di chi è la colpa se il populismo si è diffuso un po’ dappertutto?
«La colpa è delle élite, che non sono più quelle di una volta. Ai miei tempi erano persone eccelse, che studiavano e che vivevano la politica come un servizio. Oggi le élite giocano a golf solo per far vedere che giocano a golf, vanno a cavallo per farsi riprendere dalla NZZ, sembrano interessate solo a mettersi in mostra».


È quindi un bene che il Centro abbia sostituito un ministro esuberante come Paolo Beltraminelli con il più pacato Raffaele De Rosa?
«Io ho sempre sostenuto Paolo Beltraminelli, è stato un buon consigliere di Stato. Raffaele De Rosa è un altro tipo di persona. A me piace, sta facendo bene, è un gran lavoratore. Ed è preparato in economia, ciò che in politica è indispensabile».
Oggi più di ieri?
«La preparazione economica è sempre stata essenziale. Guardiamo ad esempio il governo del Fronte popolare di Léon Blum, inFrancia, nel 1936. Blum ignorava le più elementari leggi economiche e difatti in poco tempo la sua politica generò effetti disastrosi. Sempre in Francia, ma parecchi anni dopo, il primo ministro socialista Lionel Jospin riconosceva che purtroppo le leggi dell’economia ci sono. È inutile che si cerchi di cambiare i fatti con la morale, bisogna convivere con i fatti».
Un po’ di sano realismo contadino.
«Esatto.Sa, io fino a vent’anni ho vissuto con gli zii contadini, andavo a curare le mucche. Sono felice di aver vissuto quel periodo, perché ho imparato che la terra non tradisce. È concreta, come diceva Tacito, uno dei miei filosofi preferiti, secondo cui i romani persero dopo aver perso il contatto con la terra».
Ci vorrebbero più contadini in politica?
«Sicuramente. Sa cosa fece Mao Tse-Tung? Prese tutti gli intellettuali e li mandò a fare i lavori più umili, fece loro spandere il letame con le mani. Il leader cinese diceva che quando gli intellettuali sono educati dall’operaio e dal contadino, allora si può sperare che forniscano dei risultati concreti».