Il commento

Il doppio giudizio su Karin, «eroina» ma soltanto all'estero

Il Financial Times premia Karin Keller -Sutter, inserendola sulla lista delle 25 donne più influenti del mondo, ma in Svizzera la ministra delle finanze è soltanto quarta negli apprezzamenti della popolazione per i consiglieri federali
Prisca Dindo
03.12.2023 06:00

La notizia ha fatto balzare sulla sedia. Sull’ultimo numero di Women of the year figura anche una politica di casa nostra. Si tratta di Karin Keller-Sutter, membro del Consiglio federale dal 2018. Per la prestigiosa rivista inglese edita dal Financial Times l’attuale ministra delle finanze  è una delle venticinque donne più influenti del mondo. Il volto accigliato della consigliera federale sangallese appare così sul periodico inglese accanto a quelli  dell’attrice e produttrice americana Margot Robbie,  della presidente dell’Unione europea Ursula von der Leyen, della cantante  Beyoncé, della premio Pulitzer Barbara Kingsolver; della direttrice creativa di Céline Phoebe Philo; della capa della tecnologia di OpenAI Mira Murati;  dell'amministratrice  delegata della General Motors Mary Barra. In tutto venticinque donne che stanno segnando la storia del pianeta, ognuna a modo suo e nel suo campo.

La nostra consigliera federale è stata scelta perché «conoscenza, coraggio e determinazione sono forse le qualità più importanti in un politico e Karin le incarna tutte»,  motiva Elisabeth Svantesson. La ministra delle finanze svedese  racconta di aver incontrato per la prima volta la sua omologa svizzera lo scorso febbraio a Stoccolma, pochi giorni prima della crisi bancaria che rischiò di mandare a gambe all’aria la nostra nazione. Karin Keller-Sutter era diventata ministra delle finanze da soli due mesi quando si è trovata tra le mani la patata bollente. Malgrado ciò riuscì in poche ore a spingere UBS a rilevare Credit Suisse, ormai sull’orlo del fallimento, facendole sborsare in accordo con il resto del Consiglio federale tre miliardi di franchi. «Le azioni decisive intraprese da Karin nell'affrontare la crisi bancaria del Credit Suisse all'inizio di quest'anno hanno salvato l'economia svizzera», spiega Svantesson, aggiungendo che «noi abbiamo tutti un debito di gratitudine e ciò è stato chiaro all'incontro del FMI di quest'anno a Washington, quando ha ricevuto il meritato apprezzamento per le sue azioni da tutto il mondo».

Insomma, un riconoscimento prestigioso da parte del quotidiano economico inglese assegnato forse per la prima volta ad una donna svizzera, che ha un po' colto di sorpresa il nostro Paese. Infatti, mentre la prestigiosa rivista economica osanna le doti della nostra consigliera federale,  da noi l’apprezzamento per questa politica  rimane  piuttosto freddino. Il tradizionale sondaggio commissionato lo scorso ottobre dal gruppo Tamedia sui migliori  consiglieri federali la classificava soltanto al quarto posto, dietro a Albert Rösti, Viola Amherd e all’uscente Alain Berset. Peggio di lei sono risultati solo Guy Parmelin, Ignazio Cassis e Elisabeth Baume-Schneider.

Non è la prima volta che un politico risulti più popolare all’estero che a casa sua. Sanna Marin ne è un esempio. Un anno fa l’allora prima ministra finlandese passata alla storia per il selfie con Volodymyr Zelensky tra i banchi del Consiglio europeo e per il ballo scatenato che la obbligò a fare un test anti droga, era divenuta una «superstar» internazionale. Grazie a lei  la Finlandia era riuscita a guadagnarsi un ruolo centrale in Europa. Tuttavia alle elezioni di aprile il popolo finlandese la punì malgrado la straordinaria popolarità guadagnata all’estero. Nemo propheta in patria, dicevano i latini. Nessuno è profeta in patria.