Il Film Festival ora guardi al futuro
Archiviata la 77ma edizione, il Locarno Film Festival guarda al futuro. Una rassegna, quella appena conclusasi, di buon livello come quelle precedenti curate da Giona A. Nazzaro: interessante selezione internazionale, scoperta di giovani talenti, buona scelta dei film in Piazza, ottima partecipazione di pubblico. Tutto all’insegna di quella “Festa del cinema” che caratterizza da anni il nostro Festival. Ma forse il segnale più positivo di questa edizione consiste nell’aver superato indenne il «dopo Solari»: impresa che sembrava molto ostica. E se questo è avvenuto è stato certamente anche per merito dell’ex presidente, che ha saputo condurre il rinnovamento della macchina del Festival in vista della sua partenza. La rassegna, nel corso del 2023-2024, sotto la guida di Solari, si è infatti data una nuova struttura più agile con un consiglio d’amministrazione di 5-7 membri, affiancato da due organismi consultivi: uno politico, che coinvolge le autorità locali e nazionali, ed uno tecnico composto da specialisti del cinema. Sono stati inoltre rivisti i ruoli dei vari direttori, che rispondono a Raphaël Brunschwig per la gestione (fondamentale nella sostituzione di Solari) e a Giona A. Nazzaro per la parte artistica.
Ma ora, si diceva, il Festival deve guardare avanti e per farlo nel migliore dei modi deve raccogliere tre sfide. La prima riguarda i cambiamenti in atto nel cinema, alle prese con la digitalizzazione e l’intelligenza artificiale. Sfide globali che ancora non sappiamo dove ci porteranno. Occorre pertanto rimanere vigili per essere in grado di individuare i treni migliori, che certamente transiteranno anche da Locarno. La seconda sfida riguarda la collocazione di Locarno all’interno del panorama sempre più vasto dei festival cinematografici. Al di là dei tre grandi - Berlino, Cannes e Venezia - ne sono sorti e ne continuano a nascere di nuovi, che insidiano il ruolo desiderato da Locarno, quello di essere il più importante dei piccoli. Non è infatti facile gareggiare con realtà come il Sundance del cinema indipendente americano, o le rassegne di San Sebastian e Toronto. Per riuscirci Locarno deve trovare la sua strada, che certamente passa per le vie dell’indipendenza e della libertà: ma non solo! La terza sfida riguarda il cambio della presidenza, che, come abbiamo già notato, parte con i migliori presupposti. Maja Hoffmann eredita una struttura solida e ben impostata. Deve però essere in grado di metterla in condizione di affrontare le due sfide precedentemente illustrate. Non mi aspetto certo che la nuova presidente sia in possesso della bacchetta magica, ma sono certo che disponga di una rete di conoscenze internazionali in grado di intercettare e anticipare gli sviluppi futuri della settima arte e quelli del Locarno Film Festival. Sono certo che il suo centro culturale di Arles, basato sulla ricerca, la ponga in una posizione privilegiata per individuare le vie del rinnovamento.
A questo punto mi sorge però una preoccupazione. Saranno in grado i ticinesi, i locarnesi e la politica di capire la necessità di questo rinnovamento e di aiutare la nuova presidente a portarlo avanti? Penso che questo sarà lo sforzo che non solo Maja Hoffmann, ma tutti noi assieme dovremo fare se desideriamo dare un futuro internazionale alla rassegna: a iniziare dai suoi eventuali cambiamenti di data.