Il «fronte latino» di Trump: cosa succede, e perché l'offensiva è un'opzione

Donald Trump vuole chiudere i conflitti in Ucraina e a Gaza ma intanto apre un nuovo fronte in America Latina. E lo fa muovendo e mettendo nel mirino i narcos, il Venezuela, chiunque non accetti le sue regole del gioco. Un sentiero interventista contraddistinto da una serie di passi rapidi che fanno pensare ad un’offensiva imminente.
A partire dall’inizio di settembre gli Usa hanno condotto 8 strike nei Caraibi e due nel Pacifico contro altrettanti battelli sospettati di trasportare droga, tra questi anche uno scafo a basso profilo, noto come narco-sub. Quasi 40 le vittime a bordo di imbarcazioni partite - sembra - dalle coste venezuelane e colombiane. Un’azione resa possibile da una massiccia mobilitazione da parte della Difesa statunitense.
Si sposta la portaerei Ford
Il Pentagono ha creato una nuova Joint Task Force chiamata a coordinare l’attività di contrasto ed ha ordinato, nelle ultime ore, spostamento della portaerei Ford nello scacchiere. Si unirà così ad una decina di navi da guerra (e un sottomarino) in grado di sostenere diverse opzioni: assalti anfibi, sbarchi, raid con missili da crociera, operazioni elitrasportate, intervento di forze speciali. A Portorico sono arrivati i caccia F 35, i droni Reaper, le cannoniere volanti, i velivoli da trasporto Osprey, i sofisticati elicotteri dei Knight Stalkers mentre alcuni bombardieri B 52 hanno condotto missioni per mostrare bandiera e alcuni B 1 si sono avvicinate alle coste per testare i radar venezuelani. Segnalata poi la presenza della Ocean Trade, un cargo trasformato in base galleggiante per unità scelte, e di ben tre petroliere per sostenere lo sforzo logistico. Quasi 10 mila i soldati impegnati nello scacchiere, con 4500 marines a costituire la punta di lancia.
Entra in campo anche la Cia
In parallelo è entrata in campo la Cia: ha intercettato comunicazioni, raccolto dati, designato bersagli. Un ruolo esteso parte di una strategia varata dalla Casa Bianca che prevede omicidi mirati di esponenti dei cartelli della droga, una campagna segreta di eliminazione simile a quella adottata nei confronti dello Stato Islamico.
La distruzione dei battelli potrebbe essere seguita da incursioni all’interno del Venezuela e, in futuro, in paesi che secondo Washington non collaborano a sufficienza nella lotta al crimine organizzato. Gli Stati Uniti, infatti, sono arrivati a questo punto designando alcuni network come «gruppi terroristici», autorizzando qualsiasi mezzo per fermarli, impiegando risorse ampie.
Una forte pressione diplomatica
Nel mirino, oltre i boss, c’è il presidente Nicolas Maduro, accusato dagli americani di essere connivente con i trafficanti. E pertanto le iniziative statunitensi si sono concentrate nel quadrante venezuelano, una pressione sia diplomatica che militare interpretata come il tentativo evidente di rovesciare il leader. In poche parole, l’offensiva per neutralizzare i «padrini» è anche un pretesto per sbarazzarsi del nemico. Che ha reagito con due toni: da un lato ha lanciato appelli per formare milizie, dall’altro ha invitato ad evitare il conflitto. Un contrasto accresciuto sul piano propagandistico dal conferimento del premio Nobel per la pace Maria Corina Machado, nota oppositrice del regime.
The Donald è convinto – o finge di esserlo – di avere la copertura legale per un’offensiva dalle ripercussioni imprevedibili. Non la pensano così numerosi giuristi e ci sono dubbi anche nei corridoi del Congresso, mai interpellato in modo formale sulla crisi. Il presidente ha sottolineato che non è necessario. Altri interrogativi hanno riguardato i target iniziali, con informazioni scarne sulle persone uccise durante gli intercettamenti.
L’imposizione di nuovi dazi
Il presidente colombiano Gustavo Petro ha usato parole di fuoco per i raid, immediata la reazione di Trump con imposizioni di nuovi dazi, stop a programmi di assistenza e insulti personali («è un signore della droga»). Più abile il governo messicano: ha offerto agli Stati Uniti maggiore impegno nella caccia ai padrini ma ha difeso la sovranità nazionale. Una via di mezzo per placare la Casa Bianca e un tentativo di evitare che gli americani violino i confini per liquidare i leader del contrabbando, uno scenario non certo remoto.

