Cultura

Il gusto della letteratura

Con Amado, Camilleri e Blixen il ricco menù dei cuochi-scrittori che si mangiano storie e parole
Stefano Salis
28.08.2022 07:00

Amore e morte. Certamente. Ragione e sentimento: chi lo può negare. Sentimenti, abissi, emozioni, formazioni: tutto questo, e in abbondanza. Ma se c’è un altro argomento che nei romanzi - meglio, nella letteratura - non è mai mancato, questo è il cibo. Declinato in tutte le varianti: dalla grande abbuffata (Gianni Brera e Luigi Veronelli dedicavano alla «pacciada», termine locale per dire del cibo mangiato fino a scoppiare, un libro memorabile) al digiuno mistico, dal banchetto sontuoso alla morte per carestia.

Elemento mai neutrale

E non solo. Il cibo, nell’indagine degli scrittori, è sempre stato un elemento non neutrale. Sono innumerevoli le narrazioni che lo pongono al centro della scena, come motore narrativo, quando non è esattamente l’argomento del romanzo. Sarebbe impossibile fare un elenco, anche solo approssimativo, e perciò vi risparmio la fatica, segnalando anche solo un libro (e alcuni autori) che servono poi per approfondimenti successivi. Con una considerazione: che, anche qui, vedrete che andrete a gusto. E così chi si appassiona alle ricette e ai pranzi (spesso rivelatori) che trapuntano ogni singolo romanzo montalbaniano di Andrea Camilleri non andrà d’accordo, magari, con i racconti della Depressione di William Faulkner (che fame si patisce con il suo Tom Joad di Furore); chi non può fare a meno di notare che tutto l’impianto della Recherche (nientemeno) arriva dritto dritto da una memoria gustativa (la famosa madeleine che evoca un mondo passato), e chi sull’aroma di garofano e cannella ama le divagazioni culinarie come quelle culturali di Jorge Amado.

I gialli con le ricette

Ancora: non si può fare a meno di ricordare Maigret e i suoi pranzetti, e, per stare in zona gialli ecco che Manuel Vazquez Montalban (evidente a chi si ispirò Camilleri per il suo commissario) non poteva che inserire le sue ricette (morali o meno) per quel Pepe Carvalho che ha fatto sognare milioni di lettori. E fabbriche di cioccolato (chi dimentica Roald Dahl?), le ricette piccanti ed erotiche di Laura Esquivel (Dolce come il cioccolato), pomodori verdi fritti e una Afrodita in cucina (Isabel Allende), fino alla Muriel Barbery che, nello stesso palazzo che servì al grande successo de L’eleganza del riccio, ambienta, anni prima, le Estasi culinarie, nelle quali monsieur Arthens, il più grande critico gastronomico del mondo, in punto di morte ricorda malefatte e benefici del cibo. Un despota cinico e tremendamente egocentrico, che decide le sorti degli chef più famosi, cerca affannosamente di recuperare un sapore primordiale e sublime: il Sapore per eccellenza, quello che vorrebbe assaggiare di nuovo, prima dell’ultimo istante. Qualcuno di voi ha pensato al film Ratatouille?

Alla ricerca della materia

Ma ecco, pronto alla lettura, alla degustazione letteraria e alla ricerca di sapori e saperi, 101 ricette di scrittori: non tutti, per la verità, interessati al cibo (e si vede, eccome), altri, invece, fin troppo presi dalla materia: spesso è la materia della quale parlare. E ci sono menù alla carta e menù a tema (afrodisiaco, rosa, in giallo, dietetico) e ricette: raffinate, semplicissime, commoventi e persino strafottenti. Tra Moravia e Marinetti, Eduardo e Carlo Levi, Eco e Soldati, o inediti contemporanei (tra i quali Siti e Mari) ecco, per esempio, una ricetta di quei rompi-tutto, compreso il cibo, dei futuristi. Le «cotolette tennis»: inverosimili schifezze, fatte a bella posta per provocare, mai cucinate da alcuno (nonostante i consigli di Marinetti); al contrario, si sa che il poeta andava fiero dei suoi «spaghetti alla Ungaretti». Facili facili, con solo parmigiano, burro, un pizzico di noce moscata, uno di cumino, pan grattato. Più semplici ancora quelli di Eduardo. Il libro di qualche anno fa, Mangiarsi le parole, a cura di Luca Clerici (che firma anche un denso saggio introduttivo) è edito da Skira è impreziosito da disegni di John Alcorn.

Sua maestà il mascarpone

Ma le perle e le meraviglie sono tante, in questo volume, ed estraggono notizie e modi di rapportarsi al cibo alquanto diversi. Vedi la lettera di Veronelli a Soldati (per un brodetto), ma anche il pezzo di Gianni Brera sul «mascherpone» (dicitura esatta, per lui, essendo il formaggio nato alla cascina Mascherpa, tra Pavia e Lodi), il cui rito «rientra nella liturgia gastronomica dei lombardi». Il pezzo di Brera è da antologia, per quanto breve: tutta una serie di piccole notazioni che rivelano quanto ne sapesse (e quanto amasse nascondere dicendo). «Maria Pelizza Bottoni azzecca sei mascherponi su dieci, sicuramente un primato nazionale»: antica sapienza di chi sa che, in cucina, fallire è una parte, non indifferente, del gioco - altro che pietanze fatte sempre uguali. «Perché riesca, vi debbono concorrere gli astri», esagera, e qui si sogghigna; e poi: «i pastori di Virgilio, ovviamente, invocavano Anna Perenna» e qui tocca andare all’enciclopedia, diavolodunbrera... E poi ci ricorda che «il mascherpone viene anche servito come cibo con la mostarda di Cremona» (tradizione quasi scomparsa).

Lo si venera, il cibo, in alcuni romanzi. E se dovessi indicare il perfetto paradigma punterei senz’altro sul sublime racconto di Karen Blixen, Il pranzo di Babette (da cui fu tratto un film altrettanto mitico). Storia di una cuoca sopraffina che, delusa dalle ideologie comunarde, dalla Parigi cosmopolita, decide di andare a vivere in una sperduta, e frugalissima, comunità danese. Sarà lì che, con una cena memorabile, celebrerà tutto il meglio della cucina, della filosofia e della vita. E ciascuno dei commensali, gente parca e poco abituata alla grande cucina, capirà, ogni boccone che porta in bocca, quali vette (esistenziali, metafisiche) si possano raggiungere.

Spaghetti sì, spaghetti no

O, con il cibo, si può scherzare. Ecco una ricetta fondamentale di Vanni Scheiwiller: gli Spaghetti Io. Eccola: «Io non amo gli spaghetti ma un illustre amico per convertirmi mi aveva promesso una ricetta straordinaria: non è arrivata in tempo. Al posto degli spaghetti, io vi consiglio una buona insalata di radicchio, con molto aceto, olio, molto pepe e sale». L’esatto contrario dell’italiano a tavola; ma un romanzo epico già bello e pronto.