Società

«Il prezzo della libertà? La solitudine»

Intervista a Laurence Deonna – L’appassionante film documentario di Nasser Bakhti, «Laurence Deonna, libre!», che ripercorre mezzo secolo di lavoro della grande reporter, è recentemente uscito
Andrée-Marie Dussault
22.05.2022 06:00

A una domanda sulla guerra in Ucraina, fedele al suo stile, risponde: «Conoscete un conflitto che non puzzi di testosterone?». Vestita con una tunica bianca ricamata, l’85.enne Laurence Deonna ci apre le porte del suo vasto soggiorno dai soffitti alti in un quartiere chic di Ginevra, tra tavolini orientali, cuscini, quadri e oggetti d’arte esotici e antichi.

L’appassionante film documentario di Nasser Bakhti, «Laurence Deonna, libre!», che ripercorre mezzo secolo di lavoro della grande reporter, è recentemente uscito registrando un grande successo nella Svizzera francese (se va tutto bene, uscirà presto in Ticino). Laurence Deonna ha raccontato le guerre nel mondo arabo; in Yemen, Etiopia, Siria, Cisgiordania, Iran, Afghanistan. Ha scritto su Mu’ammar Gheddafi quando nessun altro ne parlava, è entrata nella temuta prigione politica di Evin di Teheran, e dopo un’intervista di Mustafa Tlass, ministro della Difesa siriano, è stata per cinque anni persona non gradita nel Paese.

Una giornalista indipendente

Mentre altri giornalisti viaggiavano spesso in gruppo, super controllati, Laurence ha sempre mantenuto la sua indipendenza, muovendosi da sola. «Un missile non guidato», nelle parole di un caporedattore dell’epoca, che faceva commenti ai quali la redazione non era abituata. È anche stata una delle prime reporter, negli anni 60, ad interessarsi al destino delle donne arabe. In «La Guerra a due voci» (ed. Ugo Mursia), uno dei suoi sedici libri, che le è valso il premio Unesco per l’educazione alla pace nel 1987 ed è ora alla quinta edizione («all’inizio nessuno voleva pubblicarlo...»), ha posto le stesse domande alle «nemiche» israeliane e arabe.

In un certo modo, Laurence Deonna, come racconta, è lei stessa figlia della guerra: è cresciuta in una tenuta, La Gara, a Jussy, a cavallo tra Francia e Svizzera. Provenendo da una famiglia dell’alta borghesia calvinista - intellettuali, di destra, molto tolleranti - la politica era onnipresente in casa. Suo padre, Raymond Deonna, è stato consigliere nazionale. «Ho capito ben presto - dice Laurence - che era tutta una grande recita».

Fuori dagli schemi

Nella realtà conservatrice dove è cresciuta, Deonna si è distinta per un atteggiamento fuori dagli schemi. Le piaceva, ad esempio, raccogliere l’uva con i vignaioli e aiutare gli allevatori a fare partorire le mucche. Non voleva essere «quello che una ragazza doveva essere», confida, sottolineando che anche se studiavano, alle giovani donne veniva detto: «Dovrai assistere tuo marito». «Mi ci è voluto tempo per liberarmi di questo mito della spalla virile che porta la felicità materiale ed emotiva», dice con ironia. Infatti, il suo unico rimpianto è il suo primo matrimonio. Quando divorziò all’età di 23 anni, trovandosi senza un soldo tornò a casa dei suoi genitori che, da buoni calvinisti, l’hanno ospitata, esortandola tuttavia a trovare un lavoro in fretta.

Ma lei sapeva istintivamente che c’erano altri modi di vivere e pensare. Così è partita per la prima volta nel 1967, «con il naso al vento», durante la Guerra dei sei giorni tra Israele e i paesi arabi. Quasi tutti i giornalisti erano sul fronte israeliano, ricorda, lei era praticamente l’unica presente nel lato arabo. «Mi hanno accolto come fossi una giornalista del New York Times, anche se non avevo ancora scritto una riga!»

La professione che cambia

Da allora, la professione è cambiata, osserva Deonna che è stata presidente della sezione svizzera di Reporter senza frontiere (2000-2003). Allora, non c’erano telefoni ma - ricorda - almeno le ambulanze venivano rispettate. «Oggi, anche con la croce rossa sul tetto, vengono attaccate. Allora se dicevi che eri una giornalista ottenevi una sorta di garanzia. Adesso è meglio non dirlo». Laurence ancora oggi si pone una domanda: «Chi decide dell’attualità con una grande «a»? Chi decide cosa è una notizia? E nell’interesse di chi? Sono le grandi multinazionali che fanno pressione sui politici?», si chiede. Già, ma allora qual è il prezzo dell’indipendenza e della libertà? «La solitudine», risponde secca.

Anche se la fotografia non è mai stata la sua passione («sono innamorata delle parole»), le sue immagini, che ritraggono un mondo oggi in buona parte scomparso - culla di diverse civiltà - devastato da guerre e da una certa «brutta modernità», sono state esposte in diverse città, a New York, alla Kodak, all’Istituto del Mondo Arabo a Parigi. Ma il suo Paese preferito resta lo Yemen. «Dove ho sperimentato - dice - la perfezione della bellezza e della felicità». La guerra civile attuale la fa impazzire. «Soprattutto perché sono forze esterne al Paese che stanno creando tensioni lì».

Amare con passione

Strada facendo, Deonna ha messo in discussione la propria cultura. Gli orientali in generale la «commuovono molto», dice. Infatti, il suo grande amore è stato un diplomatico egiziano, Farag Moussa, il suo secondo marito, con il quale ha vissuto per 45 anni. È scomparso l’anno scorso, lasciando un grande vuoto. «Avete visto nel film quanto era bello?», chiede emozionata. La maternità? Ci ha rinunciato. «L’unica volta che ho sentito la voglia di avere un figlio - confida - è quando amavo un uomo appassionnatamente». Ha avuto due aborti volontari. «Però posso dire che ho scelto la mia vita».

Il debutto nel giornalismo è arrivato nel 1967 dopo aver fatto tanti lavori

Il nonno era un noto archeologo

Laurence Deonna è nata a Ginevra, la madre Anne-Marie Vernet-Faesch veniva da una famiglia dell’alta borghesia protestante; il padre Raymond era avvocato; il nonno, Weldemar, un noto archeologo. Laurence aveva sposato nel 1997 Farag Moussa, funzionario internazionale, morto a 91 anni.

Studi d’arte a Londra e Parigi

Dopo gli studi in Inghilterra, al Bath Academy of Arts , Deonna si è specializzata a Parigi all’École des Beaux-Arts. Ha fatto diversi lavori, anche la hostess di Swissair. Nel 1967 il debuttoda giornalista.