La Chiesa deve riconciliarsi con l'infanzia
Un tornado ha investito, insieme ad altre istituzioni educative storiche, anche la Chiesa cattolica. Sono trascorsi ormai diversi anni da quando è iniziata la dolorosa scoperta di tanti, troppi, casi di abuso ai danni di bambini e giovani. Decine, centinaia, migliaia, decine di migliaia… Nessuno deve passare sotto silenzio. Davanti a un panorama così devastante ci sono state numerose reazioni: di carattere storico, psicologico, sociologico.
Una maggiore consapevolezza di questo triste e fragile contesto ha consentito a molte persone vittime di potersi esprimere ed essere accolte. I meccanismi giuridici e psicologici hanno potuto aggiornarsi e trovare delle forme più efficaci per affrontare il tema.
È stato fatto molto, bisogna riconoscerlo. Questo però è un tema sul quale non si fa e non si farà mai abbastanza. Ci sarà sempre qualcosa da migliorare. È tempo di ampliare il cantiere che affronta e cerca di sanare questa realtà: la Chiesa tutta (vescovi, famiglie, preti, giovani, anziani…) può trovare un atteggiamento nuovo grazie a questa faticosa fase della sua storia. È il tempo della Chiesa che deve imparare, prima ancora che mettersi a insegnare. È la Chiesa che impara ad essere trasparente e a farsi aiutare dalla società tutta. È il tempo nel quale la Chiesa può riscoprirsi comunità all’interno della società cogliendo i tanti strumenti e contributi che il mondo educativo sa e può dare.
Servono nuove vie e piste percorribili per ripensare l’apporto che la fede cristiana può dare alle nuove generazioni, con uno sguardo positivo sul mondo e sulla storia che possa servire all’umanità nelle tante sfide che si pongono. Scendere dalla cattedra di chi pensa di avere solo da insegnare ma mai da imparare significa cogliere e collaborare per condividere il prezioso tesoro di un messaggio, quello del Vangelo. È il tempo di ricostruire insieme a tutte quelle esperienze virtuose scientifiche, umane, comunitarie che si sono presentate negli ultimi anni: il mondo educativo e pedagogico ha fatto passi da gigante.
Non basteranno mai le scuse, non saranno mai sufficienti i risarcimenti, non si avranno mai studi abbastanza approfonditi. Con nuove strade educative e formative - ascoltate e compartecipate da tutti coloro che possono contribuire - si potrà finalmente iniziare a muoversi, perché il vicolo cieco degli ultimi anni non dà possibilità di movimento. Il «si è fatto sempre così» - spesso viene invocato nelle attività ecclesiali - non ha più senso, come ricorda Papa Francesco. Da questo tempo si potrà imparare qualcosa se si riuscirà a offrire percorsi educativi nuovi: coraggiosi e sereni nel contempo, condivisi e trasparenti: nelle parrocchie, negli oratori, nelle chiese. Bisogna riscoprirsi. La Chiesa non ha tutti gli strumenti per affrontare questo rinnovato slancio: ascoltando, comprendendo e vivendo insieme alle numerose altre realtà umane saprà vivere nuovamente, con più decisione e fiducia (anche in se stessa), le belle e buone esperienze educative che sono parte della sua missione. Ecco perché è il momento di riconciliarsi: la Chiesa si è da sempre occupata di bambini e giovani ma le vicende che si trascinano ormai da anni hanno macchiato inesorabilmente anche l’agire ordinario nel difficile compito educativo. Il vero cambiamento lo si può fare, insieme. Questa strada di «riconciliazione» potrà essere percorsa per mettere da parte ogni forma di paura o di chiusura. È un tempo decisivo. Non si può più aspettare.