Il caso

La lista dei bimbi che non esistono

In Ticino non sono rare le coppie che iscrivono i propri figli all’asilo prima ancora di averli concepiti: «Attese eterne, è gara a chi arriva prima»
Luganese e Bellinzonese sono le zone più «calde» dal punto di vista della domanda. © CdT/ Chiara Zocchetti
Davide Illarietti
26.05.2024 06:00

Fuori dalla sua finestra a Monte Carasso Claudia Cucci vede un cielo più sereno, e un punto fermo. Oltre il fiume Ticino c’è l’asilo che ospiterà suo figlio. A cinque minuti da casa.In un anno possono cambiare molte cose, lo sa: ma l’asilo è là ad aspettarli. «Almeno - dice - ho questa certezza». E non è arrivata senza fatica.

Il futuro figlio di Claudia ha un posto assicurato al nido Ape Maia di Giubiasco e potrà ritenersi fortunato di questi tempi. Non è ancora nato - mancano cinque mesi - ma è stato iscritto prima ancora di essere concepito. Quando non era ancora un feto ma soltanto un desiderio, per quanto concreto.

Non è l’unico. Può capitare, nel Ticino degli asili strapieni, che una coppia prenoti un posto «quando ancora sta provando ad avere un bambino» spiega l’educatrice Simona Loche. All’Ape Maia di Bellinzona in lista d’attesa ci sono 16 bambini non ancora nati, o nati nei primi mesi di quest’anno, 8 nati l’anno scorso e una trentina l’anno prima. «Gli aspiranti genitori si muovono con sempre maggiore anticipo - spiega Loche -. È chiaro che noi diamo la precedenza a chi arriva prima».

La fila per un posto

Iscriversi a una lista d’attesa - al telefono, o via mail - non è forse la prima cosa che viene in mente a due partner quando decidono di mettere «un figlio in cantiere», e di fatti non è la regola. Ma quanto meno un campanello d’allarme. A Lugano la carenza di posti è altrettanto acuta che nel Bellinzonese e Federica Di Francesco, 36 anni, nei mesi scorsi ha contattato tutti e tredici gli asili nido sul territorio comunale. «Mi sono mossa al terzo mese di gravidanza, quando ho avuto la certezza biologica: pensavo di essere stata previdente» racconta la futura mamma del piccolo Tommaso. Il nome c’è già ma l’asilo non ancora: in nessuna struttura ha trovato posto. «Mi è stato risposto che ero in ritardo. Che tanti chiamano quando ancora stanno progettando un figlio».

La classifica

Che Luganese e Bellinzonese siano le zone più «calde» dal punto di vista della domanda, lo confermano anche le indagini condotte dagli addetti ai lavori: nelle prossime settimane i servizi della Divisione dell’azione sociale e delle famiglie presenteranno al governo un rapporto (vedi articolo a lato) per fare il punto sulla pianificazione cantonale. I numeri - anticipati in parte settimana scorsa dal DSS, in occasione della giornata internazionale della famiglia - aiutano solo in parte a capire il problema; sulla carta il distretto di Lugano, ad esempio, è il più attrezzato: ospita 32 nidi sui 73 presenti in Ticino, e ha un rapporto tra bambini e posti disponibili del 29 per cento (superiore alla media ticinese, in linea con quella nazionale). La Valle di Blenio è la regione messa peggio, con solo 6 posti ogni 100 bambini.La Vallemaggia (10 posti) e la Riviera (15) non se la passano molto meglio. Eppure qui la carenza è meno sentita che nelle zone urbane. Un paradosso?

La cura familiare

Una parte della spiegazione passa dalla scrivania di Jacqueline Ribi Favero, a Minusio. La direttrice della Fondazione Zerosedici ha aperto il primo asilo 25 anni fa, quando «esisteva solo il nido comunale e le famiglie non conoscevano servizi alternativi» ricorda. «L’accudimento era affidato ancora alle mamme o ai nonni in maniera preponderante». Oggi tutto è cambiato: Ribi Favero dirige 70 collaboratori divisi tra due centri extrascolastici e quattro asili nido nel Sopraceneri (in autunno arriverà il quinto, a Brissago). Tiene una lista unica delle richieste dalla Vallemaggia (Gordevio) a Bellinzona: su 31 famiglie in attesa la metà vivono nella capitale. «Le zone periferiche sono ben coperte e non abbiamo problemi» registra. La famiglia tradizionale (i «santi» nonni) nelle Valli si sente ancora, mentre gli studi certificano la denatalità crecente: la mancanza di bambini si sente ancora di più.

Assenti, ma iscritti

Nell’asilo Ape Maia di Giubiasco, invece, i bambini sono più di quanti si vedano a occhio nudo. Due «grandi» (2-3 anni) giocano con i cubetti di legno assieme alla maestra, mentre i più piccoli sono ancora a casa o nella pancia della mamma: «Le pre-iscrizioni capitano abbastanza spesso» spiega Simona Loche. «Non sono tantissime, ma ci sono famiglie che pagano 4-5 mesi a vuoto, solo per tenere il posto». La costruzione di una nuova aula nei prossimi mesi dovrebbe alleviare la pressione sulla fascia 0-1 anni (la più delicata). «Finora abbiamo visto che chi può si affida ai nonni, ma nella maggioranza dei casi sono le madri a rimanere a casa dal lavoro».

Claudia Cucci non ha nonni a disposizione (i genitori sono in Italia, la suocera lavora) e rischiava di finire nella seconda categoria. Impiegata, 35 anni, il suo stipendio basterebbe giusto a pagare quello di una baby-sitter. «E sono ancora fortunata» ironizza. In realtà la fortuna c’entra poco: a settembre Cucci ha avuto un aborto spontaneo, ma non si è abbattuta e ha deciso di riprovarci, e mantenere l’iscrizione all’asilo. «Dopo tre mesi sono rimasta di nuovo incinta - racconta -. Almeno adesso, tra tanti pensieri, non abbiamo quello di dover cercare di nuovo l’asilo».

La lettera degli Istituti Sociali

A Lugano Federica Di Francesco il pensiero ce l’ha, invece, e anche grosso. Anche lei ha i genitori lontani e se troverà un asilo - «continuo a cercare, non mi fermo» - dovrà valutare se mantenere il suo lavoro di impiegata part-time: il salario non è lontano dalle rette medie chieste dai nidi privati. «È sicuramente una situazione difficile» ammette.

Non è l’unica a trovarcisi. Sono infatti un’ottantina le mamme che, come lei, circa due mesi fa hanno ricevuto una rammaricata comunicazione da parte degli Istituti Sociali di Lugano: le loro domande d’iscrizione agli asili comunali - spiegava la missiva - non hanno potuto essere soddisfatte a causa della «bocciatura» del progetto di un nuovo asilo a Pregassona.

«La situazione è critica» ammette il caposezione Francesco Pezzoli. «Ci stiamo adoperando per trovare alternative ma non è facile».

«Pieni per due anni»

E se i posti comunali sono i più gettonati - per via delle rette proporzionate al reddito - anche quelli privati sul Ceresio sono sold-out. «Ho il nido pieno per i prossimi due anni» mette le mani avanti Francesca Duri, direttrice de La Coccinella a Molino Nuovo. In media, ogni settimana riceve 5-6 richieste a cui deve rispondere di no. «Noi esistiamo da 30 anni ma una situazione come negli ultimi mesi non l’avevo mai vista».

C’è chi dà la colpa al Cantone, che «vuole avere gli asili pieni» e pone un tetto alle strutture sovvenzionate (nei prossimi due anni, comunque, è previsto che ne aprano undici sul territorio cantonale) e chi invece incolpa le scuole d’infanzia. Con l’adesione del Ticino al Concordato HarmoS, nel 2009, si sarebbe innescato un progessivo «effetto tappo» secondo Giuseppe Amorese dell’associazione Kreiamoci, che gestisce un asilo a Pregassona e uno a Porza. «Capita che le scuole dell’infanzia non accettino bambini che non hanno ancora raggiunto l’età dell’obbligo (4 anni, ndr.) e questo fa sì che molti lascino i figli al nido anche dopo i tre anni» osserva Amorese. Anche lui è padre e capisce le difficoltà delle famiglie. «Se lavorano entrambi i genitori, l’inserimento alla scuola d’infanzia è un momento difficile e la tentazione è di rimandarlo il più possibile». Così, però, non si liberano posti per i più piccoli. E anche le famigerate liste d’attesa rischiano di diventare sempre più lunghe.

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