La nuova vita del poliziotto Demaldi
Nella sua carriera ha sorvegliato i laghi e i fiumi di tutto il Ticino. Pattugliato sentieri e dirupi alla ricerca di persone disperse. L’ex ufficiale Raffaele Demaldi non è un guardiano qualunque: è un guardiano graduato. Prima di chiedere il prepensionamento, l’anno scorso, e dedicarsi alla passione di una vita, è stato uno dei «segugi» della Cantonale specializzati negli interventi in montagna. Prima ancora è stato per anni a capo della Polizia Lacuale ticinese.
La nuova vita di Demaldi è cominciata quest’estate. Racconta come è andata mentre aspetta che un elicottero davanti alla capanna Adula, in Val di Blenio - «mi stanno portando la cucina nuova» - e gli animali si agitano per il rumore del rotore che si avvicina.
Una nuova casa
La capanna «bassa», come viene chiamata, è una tappa prediletta dagli alpinisti diretti all’Adula ma anche da tante famiglie che scelgono la più tranquilla passeggiata in Val Carassino. A 2.012 metri d’altezza, in realtà, così bassa non è. «La mattina vediamo gli stambecchi e le marmotte, le aquile e i gibeti» racconta entusiasta l’ex poliziotto. Vivere in montagna era il sogno di una vita, ma la decisione di fare il grande passo - prendere in gestione una capanna, trasferirvisi con armi e bagagli - Demaldi l’ha maturata l’anno scorso e non l’ha presa da solo.
«Era il momento di provare qualcosa di nuovo» racconta la compagna Mirella Rizzi, che nella capanna si occupa del «front-office» ma per lavoro si è sempre occupata di malati di Alzheimer, come assistente di cura. «Era un lavoro che amavo molto. Ma alla lunga affatica, sentivo il bisogno di rigenerarmi». Si è licenziata nello stesso momento in cui Demaldi ha ottenuto il congedo dalla polizia. Ed è iniziata la nuova avventura.
Partenza in salita
«Il bilancio della prima stagione è senz’altro positivo» racconta Raffaele. «Il maltempo non è stato favorevole all’inizio ma la motivazione è forte come l’entusiasmo di trovarsi in questo luogo meraviglioso». Certo, non sono mancati i momenti difficili. Non tanto legati alla montagna in sé, a cui Demaldi e Rizzi sono abituati - da amanti dell’alpinismo hanno esplorato le vette del Nepal, da giovani, mentre le estati degli ultimi anni le hanno trascorse come aiutanti in altre capanne svizzere per farsi «le ossa» - quanto piuttosto alla frenesia della nuova impresa in proprio.
«Quando si avvia un’attività non si sta mai fermi, ci sono mille cose a cui pensare» racconta l’ex capo della Lacuale. Mentre faticavano per riallestire e rinnovare la struttura, Demaldi e compagna hanno dovuto fare i conti con il maltempo, particolarmente severo in alta quota, che ha ritardato i lavori trascinandoli fino a stagione inoltrata (la nuova cucina, per l’appunto, è arrivata in elicottero solo a luglio). Oltre a ciò, la nuova avventura ha comportato un periodo di adattamento «climatico» e un rodaggio dei nuovi ruoli, all’interno della coppia.
Succede in tutte le imprese familiari, soprattutto se piccole (Rizzi e Demaldi si avvalgono di due collaboratori stagionali). «In capanna si sta insieme dalla mattina alla sera, in un certo senso non stacchiamo mai dal lavoro» racconta l’ex poliziotto. Rispetto ai tempi trascorsi sulla motovedetta della polizia, a sorvegliare le acque del Ceresio e del Verbano, o a ricercare escursionisti dispersi nei burroni o sulle vette ticinesi, è un’altra fatica. Non minore né peggiore, ma diversa. «Ce la caviamo perché abbiamo diviso i ruoli, io in cucina e lei più a contatto con i clienti - spiega Demaldi - ognuno dopotutto ha le sue peculiarità». Di certo, comunque, non è una passeggiata. Il guardiano è il primo a svegliarsi e l’ultimo ad andare a dormire. Per fortuna c’è la natura, la vera passione di Demaldi anche quando portava la divisa, che ha contagiato con il tempo anche Mirella. «Vivere in un posto come questo ti ricompensa di ogni sforzo» dicono.
Gli escursionisti temerari
Certo rispetto all’epoca in cui la nonna di Demaldi, che è originario proprio della Valle di Blenio, saliva in estate all’Adula con gonna e scarponi - «c’è una foto in bianco e nero che la ritrae proprio davanti alla capanna, in un certo senso era destino» - anche la natura è cambiata. È molto più frequentata, non per forza da gente di montagna. «A volte capita di vedere una maggiore improvvisazione, un minore rispetto. I visitatori sono tutti i benvenuti, ci mancherebbe» dice Demaldi. «Ma ognuno deve sapere quali sono i propri limiti e le regole da seguire». Qui viene fuori ancora il poliziotto, sotto il grembiule da capannaro. Essere guardiano di una capanna, del resto, non significa solo fornire ristoro e alloggio, per come la vede Demaldi. «Significa anche dare consigli e mettere la propria conoscenza del territorio al servizio degli escursionisti» conclude. «Certo non si può obbligare nessuno, ma sensibilizzare sulla sicurezza fa parte della nostra responsabilità». Dovere di capannaro e di poliziotto, anche se in pensione