Vista civica

La pratica desueta di usare la testa, a Lugano

In città da settimane non si parla di altro che del Campo Marzio – Proposte, controproposte, chi ne fa una questione personale e chi si espone per opportunismo – Insomma siamo alle solite
Enrico Carpani
Enrico Carpani
28.09.2025 06:00

Da due settimane a Lugano tengono banco le discussioni sulla proposta del presidente della sezione cittadina del PLR Paolo Morel, che vorrebbe rinunciare alla prevista edificazione di un polo congressuale - comunque realizzabile con una ristrutturazione del palazzo dei Congressi e l’aggiunta di una nuova struttura all’interno del parco Ciani - per creare un grande parco in zona Campo Marzio.

Questa, in estrema sintesi, l’idea messa sul tavolo, che ha suscitato consensi e opposizioni: nello stesso partito ma anche tra chi ne sta facendo una questione quasi personale e chi si espone per mero opportunismo. Tutto ampiamente nella norma. Se ne parlo anch’io non è certo per entrare nel merito della questione, sulla quale peraltro mi ero già espresso qualche mese fa proprio su queste colonne. Prendo solo a prestito la dinamica di quanto sta succedendo.

Premetto di non conoscere i principi che regolano il funzionamento del confronto personale all’interno dei partiti e di non essere neppure troppo interessato a colmare questa lacuna: credo sarebbe un po’ come leggere il libretto delle istruzioni di una lavatrice degli anni sessanta. Voglio immaginare, ma già temo di sbagliarmi, che idealmente dovrebbero essere improntati semplicemente alla correttezza, al rispetto reciproco e a quello dei rispettivi ruoli. In realtà, all’interno di tutte le forze politiche - soprattutto quelle che non senza fatica stanno cercando di adeguarsi a un contesto storico non più paragonabile a quello in cui la loro organizzazione e la loro penetrazione nel tessuto sociale garantiva una posizione di grande rilevanza e influenza - è facile immaginare che le cose vadano in modo molto diverso. Al punto che può bastare un’idea, giusta o sbagliata che sia ma pur sempre soltanto un’idea, per scuotere certezze sempre più precarie, creare imbarazzanti cortocircuiti e insofferenze talvolta fuori controllo.

Mi preoccupa, quindi, rendermi conto che pensare stia diventando una pratica desueta, persino pericolosa. E che la crescente disabitudine a esercitarla ponga chi comunque non rinuncia a provarci dalla parte sbagliata del problema. Questo si verifica ormai ogni giorno, a Lugano, a Bellinzona, a Berna e nel mondo, dove l’approccio al tema del parco del Campo Marzio è in fondo uguale a quello dell’aumento dei costi della salute o della tragedia di Gaza: meglio nemmeno approfondirlo e rifugiarsi nella rigidità e nei tempi biblici di un progetto che rischia di nascere vecchio, meglio demonizzare qualsiasi alternativa per ridurre l’impatto di una situazione insostenibile senza essere riusciti a proporre una sola ipotesi di soluzione concreta negli ultimi vent’anni, meglio addirittura chiudere gli occhi.

La politica è in fuga dalle idee e fatica a riconoscere almeno quelle che meriterebbero di essere prese in considerazione: non ama ascoltare, trova conforto nell’immobilismo e si limita a gestire silenziosi consensi collettivi il più delle volte di fragile consistenza. E allora si fa largo la tentazione di guardare a modelli più moderni e inclusivi, già ampiamente collaudati in realtà piccole ma adattabili anche alla taglia di una città come Lugano. Una lista civica, proprio quella, sì. Aperta, senza alcuna contaminazione partitica e senza l’ambizione di acquisire poltrone e potere ma pronta a rimettere il pensiero dei cittadini al centro del dibattito. Capita spesso di parlarne con i soliti quattro amici al bar. Poi, chissà…

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