La quarta dose? Tutto pronto ma...
Pronti a scoprire nuovamente la spalla per farsi inoculare la quarta dose di vaccino anti Covid? Perché sarà questo lo scenario autunnale (per chi ha già detto sì tre volte). Una sorta di richiamo per evitare il contagio. Per alcuni - i più fragili, gli anziani, chi soffre di patologie croniche - l’appuntamento sarà anche prima. Ma c’è un ma. Che tipo di vaccino sarà? La quarta dose, per quanto se ne sa a tutt’oggi, non è ancora stata aggiornata con la variante Omicron. Per ora il preparato si basa sul coronavirus originario di Wuhan. Nessuna delle aziende avrebbe ancora messo a punto una versione aggiornata. Le dosi in uso sono efficaci nel prevenire la malattia grave, ma proteggono poco dal contagio con Omicron. Tutto ciò nella speranza che nel frattempo non subentri una nuova variante.
In Svizzera
Pfizer, Moderna e Novavax, in uso in Europa, sono al lavoro da tempo, per mettere a punto un vaccino aggiornato. Qualche sperimentazione sull’uomo sarebbe già iniziata. Ema, Agenzia europea per i medicinali, aspetta i dati di sicurezza ed efficacia entro giugno. A quel punto si capirà se sarà il caso di mettere in produzione un nuovo vaccino. E in Svizzera? «In linea di principio, stando agli accordi con i produttori, riceviamo sempre l’ultima versione del vaccino disponibile, ovviamente previa autorizzazione di Swissmedic», risponde Simon Ming, dell’Ufficio federale della sanità pubblica, aggiungendo che non è possibile anticipare l’evoluzione infettiva di qui all’autunno/inverno 2022. «Un nuovo picco - riprende - verrebbe comunque affrontato con una nuova vaccinazione di richiamo, soprattutto per i soggetti più a rischio. La Confederazione ha ordinato un numero sufficiente di dosi per il 2022/2023 affinché tutti possano sottoporsi al richiamo». Mentre Lukas Jaggi di Swissmedic spiega: «Stiamo aspettando di avere più elementi di valutazione, per capire se un richiamo possa essere utile contro Omicron oppure sarebbe meglio un vaccino modificato. Comunque sia, lo sviluppo, le sperimentazioni cliniche e i tempi di presentazione di un eventuale nuovo vaccino dipendono solo dalle aziende produttrici».
In alcuni Paesi per le persone immunodepresse e fragili è già prevista la quarta dose. Negli Stati Uniti Pfizer ha chiesto l’autorizzazione a somministrare la quarta dose agli over 65, mentre Moderna ha già chiesto di estendere il richiamo a tutti. Si vedrà. Dipenderà dalla risposta della Food and drug administration americana che dovrebbe arrivare il mese prossimo. Anche se c’è già chi ha detto che potrebbe pure non cedere alle pressioni delle aziende produttrici. Che, ovviamente, sono già al lavoro.
I tempi della «correzione»
Chi se ne intende spiega che aggiornare il vaccino, tecnicamente è piuttosto semplice. In sostanza, si tratta di correggere la sequenza della molecola Rna che viene iniettata nell’organismo affinché sia fedele a quella della proteina spike della nuova variante. Variante che nel tempo ha messo assieme una trentina di mutazioni rispetto all’epoca di Wuhan. È evidente che ci vorranno alcuni mesi per sperimentare il vaccino aggiornato, avere l’ok dalle autorità sanitarie e avviare la nuova produzione. I vertici di Moderna sono fiduciosi: le prime fiale ad agosto, dicono, per farsi trovare pronti in vista dell’autunno.
I test
Tuttavia i primi dati emersi dai test su animali non mostrerebbero molta più efficacia rispetto al vaccino ‘originale’. In quello adattato a Omicron il numero di anticorpi prodotti dalle due versioni del preparato in un gruppo di otto scimmie è stato simile; gli anticorpi generati dal vaccino non ‘aggiornato’ hanno dimostrato di riuscire ad essere in grado di neutralizzare anche varianti leggermente diverse del virus. Il vaccino aggiornato provato sui topi li ha protetto abbastanza bene da Omicron, non così dalle varianti precedenti del virus. Il che sarebbe un problema in caso di future varianti. Infine, da una terza sperimentazione, anche questa fatta sui topi, è risultato che gli animali immunizzati prima con il vaccino per Wuhan, poi con quello per Omicron, continuavano a produrre anticorpi diretti verso il virus di Wuhan. Un fenomeno che in immunologia è definito «il peccato originale degli anticorpi».
Detto ciò, è evidente che bisognerà attendere la sperimentazione sugli umani per essere sicuri, anche se i dati sugli animali in genere sono fedeli.
L’incognita
Un gruppo di volontari sta ricevendo un vaccino bivalente firmato Moderna: contiene il 50% di quello attuale e il 50% di quello aggiornato. Moderna ha tra l’altro promesso per l’estate 2023 una fiala sia con gli antigeni del Covid che quelli dell’influenza. In questo modo ci si vaccinerebbe una sola volta per entrambe le infezioni. Solo un vaccino aggiornato, invece, per i test Pfizer. L’azienda ha detto che farà il possibile per averlo pronto entro l’estate. Si vedrà se le autorità daranno l’ok.
L’incognita, come detto, e non di poco conto, è che nel frattempo sopraggiunga una nuova variante, il che renderebbe inutilmente costoso avviare la produzione di un nuovo prodotto. Non solo. Una volta messo sul mercato il vaccino «aggiornato», quello attuale finirà in soffitta, il che spingerà molte persone non ancora immunizzate a farne a meno. Inoltre, Omicron potrebbe essere sostuito da una nuova variante. Gli esperti sono preoccupati proprio perché Omicron2, molto contagiosa, sta imperversando in Cina che conta 1,4 miliardi di abitanti con un’immunità fragile e molto vaccinati con prodotti la cui efficacia non è conosciuta. Se le infezioni dovessero esplodere potrebbero dare la stura a una nuova variante. E saremmo nuovamente punto e a capo.