La sfiducia pesa più del debito pubblico

A questo giro metto in pausa traffico, sicurezza, poli già decisi e ancora da decidere nonché altre progettualità varie e controverse: in fondo si tratta solo di questioni meramente pratiche, più o meno discutibili, divisive magari sino al limite della conflittualità, ma pur sempre e soltanto temi che un giorno si potrebbe addirittura riuscire a risolvere. Sembrerebbe improbabile e non ci conto più molto, lo confesso, ma continuo comunque a sperarci: forse l’età che avanza contribuisce ad aumentare la capacità di resilienza di fronte allo scoramento.
Non sarà una gran consolazione ma è meglio di niente. Soprattutto per cercare di contrastare la sgradevole sensazione di rassegnata impotenza che nelle ultime settimane si è invece fatta largo con tracotante prepotenza tra le maglie sfilacciate e quasi logore della credibilità del sistema. Dalla tragicomica, imbarazzante vicenda degli etilometri non a norma alle imprecisioni emerse nell’ambito degli incarichi diretti attribuiti dalla città sino alla laboriosa, infinita gestazione di un regolamento finalmente in linea con i tempi sull’assegnazione di poltrone e prebende all’interno delle società partecipate la postura dell’autorità sta dichiarando infatti senza pudori tutta la propria fragilità.
Intendiamoci, non si tratta di una prerogativa esclusiva di Lugano: anzi, in questo caso il Cantone si è voluto riprendere la scena e la sua promessa di «valutare con calma» ciò che è ormai stato sdoganato da tutti come l’ennesimo, grottesco pasticcio del nostro modo di affrontare i problemi - che poi se si rispettassero semplicemente ruoli, responsabilità e procedure non sarebbero affatto tali - non costituisce certo motivo di rassicura zione.
Non serve troppa immaginazione per prevedere che cosa succederà nelle prossime settimane: ognuna di queste situazioni genererà spiegazioni più o meno complesse e plausibili, fondate su dettagli e cavilli a noi tutti comuni osservatori colpevolmente sfuggiti. E alla fine, tanto per cambiare, tutto si concluderà a tarallucci e vino. Confondendo ancora una volta il peso specifico della comprensione con il valore immateriale e assoluto della fiducia.
A chi mi dirà che nelle mie analisi mancano questo e quell’elemento, indispensabili per capire le dinamiche di quanto è successo, consapevole della mia vulnerabilità davanti a questa scontata linea di difesa ho già deciso come risponderò, senza se e senza ma: non posso e non voglio sapere e capire tutto, mi basterebbe soltanto potermi fidare.
Il problema non sarà magari concreto come quelli elencati all’inizio, ma non per questo merita di evaporare nella solita dimensione eterea ideale a garantire una sorta di impunità collettiva a chi non ha evitato - per incompetenza, negligenza o chissà quale altra ragione, sarà poi affare loro - che capitasse ciò che è capitato: le figuracce della polizia che non rispetta le regole sapendo di non rispettarle e i sospetti di infiltrazioni mafiose laddove non si è controllato con la profondità e l’attenzione con cui si sarebbe dovuto controllare.
Il danno è grave, assai più delle conseguenze dirette che potrebbero scaturire da simili leggerezze che mai sarebbero tollerate nei nostri comportamenti sociali. Al punto che la sempre più evidente erosione del patrimonio di fiducia che consegniamo nelle mani di chi deve occuparsi di noi dovrebbe iniziare a farci più paura della crescita del debito pubblico.

