La signora delle amache

Non c’è posto migliore per riflettere sul tempo che passa, e su cosa fare nella vita, di una comoda amaca appesa a due alberi nel bosco. Zita Sartori lo ha capito quando si è rifugiata a Bosco Gurin per «scappare» dalla pandemia. Il paese dei suoi antenati, isolato dal mondo, è diventato il suo rifugio per un anno. In primavera qualcuno le ha regalato un’amaca senza immaginarsi, probabilmente, quali sarebbero state le conseguenze.
Gran parte dell’estate - aveva 23 anni - Zita l’ha passata a dondolare chiedendosi cosa avrebbe fatto nel suo futuro. «All’epoca stavo scrivendo la tesi in agronomia - ricorda - sapevo che volevo occuparmi della natura e del modo in cui gli uomini interagiscono con essa, modellando il paesaggio».
Il primo percorso di «hammock-hiking»
L’idea le è venuta proprio dondolando, e osservando il paesaggio di Bosco Gurin. Un luogo dove la natura incantevole è permeata dalla cultura dei Walser, il popolo alpino da cui la stessa Sartori discende. «Per secoli i nostri antenati hanno saputo vivere in armonia con un territorio difficile» racconta. «Quello che vediamo oggi è il frutto delle loro fatiche e della capacità della comunità di adattarsi alla natura».

Quattro anni dopo la «folgorazione» di Sartori, nelle foreste attorno a Bosco Gurin esistono 12 postazioni per amache che vengono noleggiate ai turisti presso tre esercizi pubblici del paese. InSvizzera interna la modalità di godersi il paesaggio «dondolando» tra un’escursione e l’altra è piaciuta molto, ma la voce è arrivata anche all’estero: il quotidiano britannico ‘‘The Guardian’’ di recente ha dedicato un ampio servizio al «primo percorso di hammock-hiking al mondo» nel sud della Svizzera.
Le amache - hammock in inglese - non esistevano nella tradizione Walser ma Sartori le vede come strettamente legate alla cultura del posto. Nel dare un nome al nuovo «sport» di Bosco Gurin è tornata utile un’espressione della lingua locale: hermi, con cui gli antichi «Gurìner» - o «Ggurijnar», abitanti di Gurin - indicavano i «luoghi dove ci si riposa durante una lunga sfacchinata».
Un progetto comunitario
Gli attuali «Gurìner» hanno accolto con entusiasmo l’idea di Zita Sartori. «In paese ci si conosce tutti, ho discusso la mia proposta con gli altri abitanti e accolto i loro suggerimenti» racconta. «È stato un processo condiviso». Sono stati coinvolti dei partner locali - la panetteria Sartori, il bed and breakfast Casa Moni e il Museo Walserhaus - per mettere a disposizione dei turisti le amache da noleggiare (15 franchi al giorno, prezzo fisso). «In questo modo i visitatori interagiscono con la cultura Walser e con la gente del posto, a cui possono chiedere informazioni pratiche ma anche cosa signifca vivere oggi in un posto come Bosco Gurin».

Anche i bambini del paese hanno collaborato al progetto. Sartori si è rivolta a loro per farsi indicare quelli che, a loro parare, erano i punti «segreti» più belli attorno al villaggio, dove poter collocare le amache. Nel realizzare la cartina e il sito internet che accompagnano gli escursionisti alla scoperta delle meraviglie naturali, Sartori ha rispolverato la toponomastica e la storia del folklore: «La comunità Walser di Bosco Gurin è sempre stata un esempio di unità e condivisione, una volta qui il paesaggio era la risorsa principale e le persone vivevano in simbiosi con esso». Oggi - riflette Sartori - più che altro il rapporto con la natura è turistico, anche se nella Valle Rovana il turismo di massa non è ancora arrivato, come nella vicina Verzasca o anche solo nella Bassa Vallemaggia. «Per fortuna» aggiunge Sartori.
«L’importante è il rispetto»
Il rischio di attirare troppo l’attenzione, nell’era di Instagram e YouTube, è di ritrovarsi invasi da folle a caccia di «selfie» e questo a Bosco Gurin nessuno lo vuole. Le amache sono un’idea originale, non passano inosservate: il riscontro «finora è stato molto positivo» e Sartori non si aspettava di riscuotere tanto successo. «L’idea era di fare qualcosa di particolare, ma che rimanesse in un certo senso di nicchia» Camminare per ore con l’amaca in spalla, fissarla agli alberi, prendersi il tempo di contemplare il paesaggio non è cosa da tutti. «Vorrei che la gente la prendesse come un’occasione per fermarsi e riflettere, come esseri umani, su quale è il nostro posto nell’ecosistema» auspica Sartori.
Lei il suo posto, alla fine, l’ha trovato. Finita la laurea a Zurigo si è messa in proprio come consulente agronoma, non lontano da Bosco Gurin. «Ci torno spesso, appena ho un momento» assicura. Quando le chiedono se non ha paura che i turisti diventino troppi, e rovinino il paesaggio e il clima meditativo della Valle, Sartori si dice ottimista: lo spirito dei Walser è contagioso. E se il rispetto verso la natura dovesse venire meno, aggiunge, «basterà togliere le amache e il problema sarà risolto». Sugli alberi - è il loro bello - non lasciano nemmeno un segno.