Inflazione

La stangata che verrà su sanità, energia e spesa

Per le famiglie gli aumenti pesano 2.000 franchi l'anno – Sindacati e industrie allo scontro sugli aumenti di salario
Andrea Bertagni
Andrea Bertagni
19.06.2022 06:00

Fino a duemila franchi in più per pagare l’affitto, la bolletta, la benzina, la sanità, l’abbonamento Internet e telefonico, la spesa, il ristorante, le sigarette, i vestiti... Il rincaro dei prezzi, che secondo l’Ufficio federale di statistica da maggio 2021 a maggio 2022 è stato quasi del 3%, rischierà a fine anno di essere una vera e propria stangata per famiglie e lavoratori. «Lo diciamo da anni, i costi aumentano, ma i salari ristagnano». Giangiorgio Gargantini, segretario regionale di UNIA, punta il dito contro l’economia. Perché «le imprese hanno aumentato i profitti, ma non hanno aumentato gli stipendi», sottolinea. Stefano Modenini, direttore dell’Associazione industrie ticinesi (AITI), non è però d’accordo. «Non è vero che gli stipendi sono fermi, evolvono come tutti gli altri costi dell’impresa».

Cifre alla mano, se la tendenza al rincaro si confermerà fino alla fine dell’anno, una famiglia sborserà improvvisamente almeno 200 franchi in più al mese. Almeno. Perché con le incertezze legate alle difficoltà di approvvigionamento delle materie prime e all’aumento dei prezzi di benzina ed energia la bolletta potrebbe essere ancora più alta. Un vero e proprio salasso. Che la Banca nazionale svizzera (BNS) giovedì ha deciso di contrastare aumentando i tassi di interesse di mezzo punto percentuale dal -0,75% al -0,25 %. Sarà sufficiente? Di sicuro «la ricchezza accumulata dalle imprese negli ultimi anni grazie all’aumento della produttività non è stata redistribuita come avrebbe dovuto», è il commento del sindacalista. «Al di là di casi specifici di aziende in difficoltà - prosegue Gargantini - l’economia in questo momento sta andando bene, il che è anche abbastanza sorprendente dopo due anni di pandemia». Eppure... eppure «la situazione per la popolazione sta diventando sempre più difficile, anche perché molte persone, penso in particolare ai sottoccupati, stanno già vivendo un’esistenza molto precaria».

«Non è sempre colpa delle aziende»
Ma devono essere sempre e solo i datori di lavoro ad adeguare i salari in base ai prezzi al consumo o è tutta la società che dovrebbe interrogarsi e correre ai ripari? «Chiaramente il datore di lavoro deve fare il possibile per evitare una perdita di potere d’acquisto della persona - chiarisce Modenini - ma non è colpa delle aziende se aumentano i premi di cassa malati. Piuttosto soprattutto la politica dovrebbe intervenire più decisamente sul livello elevato dei costi in Svizzera, ma di questo argomento non parla quasi nessuno». Il direttore degli industriali ritorna poi al punto. Agli stipendi. Che secondo Gargantini ristagnano. Mentre Modenini sostiene il contrario. «Lo ribadisco. Da un punto di vista economico il salario è un costo aziendale che deve essere considerato nell’ambito di tutti i costi a carico dell’impresa. Non è insomma una variabile indipendente dalle altre, per cui non può muoversi a piacimento perché ci sono tutti gli altri costi da considerare».

Lo Stato in soccorso
Spese e costi ci sono quindi per tutti. Ma non tutti possono o potranno farvi fronte. Soprattutto se continueranno a crescere. «L’inflazione non è per forza uguale a crisi economica», riprende Gargantini. «Negli anni ’90 l’economia andava comunque bene. Semplicemente i salari devono seguire il livello dell’inflazione. Altrimenti si entra davvero in recessione e si imbocca una strada molto pericolosa». Ma se tutti - cittadini e imprese - a fine anno si renderanno conto di avere il portafoglio meno pieno chi arriverà in soccorso? «Il primo impulso deve arrivare dalle imprese. Poi certo lo Stato ha sicuramente un ruolo - precisa il segretario regionale di UNIA - lo abbiamo visto negli ultimi due anni quando ha aiutato l’economia e le imprese. Ovviamente però deve avere i mezzi per continuare a giocare questo ruolo».

Gargantini si spiega meglio. «È contraddittorio che gli stessi che chiedono di contenere la spesa pubblica domandano nel contempo aiuti economici». Pronta la replica di Modenini. «Senza le imprese e le attività economiche le persone non avrebbero un posto di lavoro. Dunque, è nell’interesse dello Stato - che è poi costituito dai cittadini contribuenti, cioè persone e aziende - intervenire non certo a pioggia e senza criterio bensì per quelle situazioni che senza aiuti genererebbero eventi peggiori». Modenini ricorda inoltre il salvataggio di UBS dal fallimento di qualche anno fa. «Il costo di quell’intervento pubblico - circa 6 miliardi di franchi se non erro - è stato completamente ripagato con gli interessi. Se lo Stato non fosse intervenuto, le circa 150mila imprese che avevano relazioni d’affari con la banca avrebbero rischiato molto». Il nocciolo della questione, secondo il sindacalista, è però un altro. O forse sempre lo stesso. «Se siamo arrivati a questo punto, se oggi regnano incertezza e instabilità è anche colpa dell’economia che, per dirne una, negli anni ha abbondantemente ricorso al lavoro su chiamata, creando situazioni di precarietà e di difficoltà».

Quindi, che fare? «Evidentemente se la situazione causata dal ritorno dell’inflazione peggiorerà - prova a rispondere Modenini - bisognerà valutare anche un intervento a sostegno del potere d’acquisto delle persone, sempre però in maniera mirata, perché lo Stato fa già comunque molto per sostenere i redditi più bassi».