L'aria che tira a Lugano
Avevo promesso qualche prudente incursione nel complesso ecosistema preelettorale: partecipando, ascoltando e leggendo, senza simpatie, pregiudizi, coinvolgimenti né stati d’animo particolari. Solo per riflettere e buttare giù alcuni pensieri sui temi che affiorano nei programmi dei partiti, negli articoli o nelle dichiarazioni dei candidati. A prima vista schemi e strategie non sembrano scostarsi troppo dalla liturgia classica, anche se la percezione è che stavolta la posta in gioco in città sia decisamente più alta per quel paio di situazioni che tutti conosciamo e che stanno generando un certo nervosismo.
Prendiamo la corsa al sindacato: tra accordi più o meno risaputi e facili ironie sul loro impatto sul voto la faccenda mi sembra molto seria. Sarà che sono cresciuto a pane e sport - e che dunque ho sempre avuto bene in chiaro le conseguenze di ogni vittoria e di ogni sconfitta - ma faccio davvero molta fatica a immaginare uno scenario in cui la regola fondamentale di ogni confronto potrebbe essere bellamente ignorata. E soprattutto stravolta.
Mi importa assai poco di patti di bottega e alleanze tecniche, peraltro probabilmente destinate a trasformarsi nel tempo in qualcosa di assai diverso: molto di più, invece, mi interessa il rispetto nei confronti di tutti coloro la cui scelta non dovesse essere tenuta in considerazione. Nulla di personale, ci mancherebbe: per me donne, uomini e partiti in corsa sono sullo stesso piano ma proprio per questo motivo mi aspetto che l’esercizio cui saremo chiamati ad aprile - di cui regolarmente ci viene rammentata l’importanza di fronte al preoccupante tasso di partecipazione - sia portato a termine senza aggiustamenti di alcun tipo, neppure se condivisi e accettati con il sorriso. Che in politica, poi, vale quel che vale.
Faccia il sindaco, insomma, chi se lo sarà meritato nelle preferenze dei cittadini. I quali, in questa campagna, almeno a parole sembrano meritare molto, anzi di più. A livello comunicativo il concetto è senza dubbio interessante ma ciò che conta è dare un senso a queste parole, ricordando magari la regola matematica del «meno per meno uguale più». E allora per dare veramente di più alla città - senza pretendere un futuro radioso, ci accontenteremmo di molto meno - potrebbe essere il caso, per una volta, di allungare la lista delle rinunce a beneficio di quella degli obiettivi virtuosi: meno traffico per meno rumore uguale a più qualità di vita. Così, tanto per fare un esempio tra i molti…
Già, proprio il traffico, che sta diventando un punto sensibile per una parte sempre più rilevante e attenta della popolazione. La politica sa di non poter più ignorare il tema e accetta con apprezzabile disponibilità e apertura di discuterne: invocando la comprensibile necessità di ponderare decisioni e azioni per evitare interventi drastici che susciterebbero resistenze inopportune e controproducenti ma introducendo nel dibattito l’indispensabile flessibilità per affrontare un argomento che troppo a lungo è stato vissuto e subito con colpevole passività.
Quella di provare ad andare oltre i nodi che non si è mai riusciti a sciogliere, al punto da farli diventare dei veri e propri tabù della dinamica urbana - quello del traffico, ma anche quello dell’autogestione, no? - potrebbe costituire un importante passo in avanti per la città, a condizione di saper distinguere le provocazioni realmente utili dalle proposte affrettate ed eccessive, fatte su misura per sgretolare i fragili equilibri su cui ci si dovrà comunque sempre muovere in ambiti come questi. Per ora, nell’atmosfera sempre un po’ dopata dall’entusiasmo e dal protagonismo individuale di ogni campagna elettorale, sono soltanto pensieri e parole. Poi, chissà.