Politica

«Lascio Berna senza rimpianti»

La consigliera nazionale Isabelle Moret si appresta a diventare consigliera di Stato nel Canton Vaud
Andrea Stern
Andrea Stern
19.06.2022 06:00

Quella appena conclusasi è stata l’ultima sessione parlamentare di Isabelle Moret. Dopo quasi sedici anni come consigliera nazionale PLR, dal 1. luglio occuperà la carica di consigliera di Stato vodese. «Sono grata agli elettori che mi hanno permesso di vivere questa esperienza». dice. «Io ho studiato a Berna, sono diventata avvocato a Berna, ho sempre visto il Palazzo federale come un sogno. Ma ora è tempo di voltare pagina».

Signora Moret, sarebbe stato bello voltare pagina entrando in Consiglio federale al posto di Ignazio Cassis.
«Non per forza. Dopo quella mancata elezione in Consiglio federale ho avuto la possibilità di diventare presidente del Consiglio nazionale. Adesso mi rallegro di entrare nel Consiglio di Stato del canton Vaud».

Nessun rimpianto?
«La corsa al Consiglio federale è stata una bellissima esperienza, dalla quale ho imparato molto e che mi ha permesso di progredire».

Le capita di osservare le gesta di Ignazio Cassis e pensare: «Ah, io avrei fatto diversamente»?
«Ogni persona è diversa, ogni persona farebbe le cose diversamente. Ma io non faccio queste riflessioni. Cassis ha tutto il mio sostegno».

Che rapporto ha con Cassis?
«Lo conosco molto bene, siamo entrati in parlamento quasi allo stesso tempo, siamo stati nelle medesime commissioni, abbiamo sviluppato un’amicizia personale molto forte. È una persona che mi piace molto».

Tra UE e Ucraina, non ha un compito facile.
«Si punta spesso il dito contro Cassis, ma tutte le decisioni vengono prese dal Consiglio federale, quindi da sette persone».

Lei ha fatto parte del gruppo parlamentare «Italianità». Perché?
«Mia mamma è cresciuta a Davos, ma è originaria del Grigioni italiano. È perfettamente trilingue, a differenza mia. Io ho sempre difeso l’italiano perché è una lingua che mi piace e perché credo che se molliamo sull’italiano, poi sarà il francese a essere rimesso in causa. Dobbiamo difendere il plurilinguismo».

Lei ora lascia Berna per andare a occuparsi di politica cantonale. Di solito si fa il cammino inverso.
«È vero, ma non sono la sola. Oggi questo cammino è sempre meno raro. Anche in Ticino c’è Norman Gobbi, che è stato nella Berna federale prima di diventare consigliere di Stato».

Non è un passo indietro?
«Non direi. Oggi si entra in parlamento sempre più giovani. Io avevo 36 anni quando sono stata eletta la prima volta. Se dopo il parlamento si vuole proseguire la carriera politica, il Consiglio di Stato è un’opzione interessante. I miei due colleghi PLR di Neuchâtel hanno fatto questo percorso, nel canton Vaud c’è Pierre-Yves Maillard che ha addirittura fatto andata e ritorno, Berna-Losanna-Berna».

Il suo subentrante in Consiglio nazionale è un uomo. Va bene così?
«Apprezzo molto il collega che mi succede, però è vero che adesso a Berna restano solo due donne PLR romande. Spero che alle prossime elezioni riusciremo a piazzarne altre. È importante che ci siano anche donne di destra».

Le donne di sinistra non vanno bene?
«Come c’è una pluralità di opinioni politiche tra gli uomini, c’è pluralità anche tra le donne. Il femminismo di destra contribuisce portano altre visioni, altre soluzioni rispetto al femminismo di sinistra».

Ora anche il canton Vaud, a lungo bastione della sinistra, è diventato di destra. Come si spiega?
«È stata importante l’alleanza tra tutti i partiti di centro e di destra. Ci siamo seduti attorno a un tavolo e abbiamo trovato un accordo su cinque temi, dalla fiscalità all’ecologia.  Abbiamo puntato su soluzioni comuni lasciando da parte ciò che avrebbe potuto dividerci. Questa è stata la nostra forza».

A Losanna però la destra ha un solo municipale su sette. Qual è il problema con le città?
«Non tutte le città sono a sinistra. A Payerne e Aigle c’è una maggioranza di destra».

Sì, però Losanna è la capitale. Ed ha un debito pubblico di oltre 2 miliardi.
«Questo ci preoccupa, perché se la capitale ha una politica finanziaria malsana, ciò si ripercuote chiaramente anche sul cantone. Ci vuole dialogo con le autorità comunali, riconoscendo pur sempre che la capitale ha certe responsabilità, per esempio culturali e formative, che generano dei costi».

Lei è stata spesso criticata dai media romandi, anche su questioni personali. Come reagisce agli attacchi?
«Da quando sono impegnata in politica, vedo che più della metà degli articoli su di me sono stati negativi. Però d’altra parte gli elettori mi hanno sempre sostenuto. Al mercato ci sono sempre persone che mi fermano per farmi i complimenti. È per queste persone che io mi impegno politicamente».

Quale sarà il suo primo compito nel Consiglio di Stato vodese?
«Uno dei primi dossier sarà la gestione dell’approvvigionamento elettrico. È possibile che in inverno ci sarà una penuria di elettricità, che avrebbe un impatto economico estremamente importante. Dobbiamo prepararci».

Lei era a favore dell’uscita dal nucleare. Lo è ancora?
«Certo, bisogna essere realisti, non è pensabile costruire una nuova centrale nucleare per far fronte alla penuria del prossimo inverno. La decisione di uscire dal nucleare era giusta. Il problema è che la politica federale è stata troppo lenta nel concretizzare la strategia energetica che mirava a sostituire il nucleare. Ora bisogna accelerare».

Il prossimo inverno, a chi chiederà di rinunciare all’elettricità?
«Farò un gruppo di lavoro sulla questione e tornerò da lei in ottobre. Sperando di aver trovato una soluzione per non dover rispondere a questa domanda».