Il commento

Lavorare senza tempo è un antidoto all'isolamento

«La giovinezza non è un fatto anagrafico, bensì mentale; non si è più giovani quando si smette di essere in sintonia con i tempi» dice Giorgio Armani
Prisca Dindo
28.05.2023 06:00

È vero. Chi parla la lingua delle nuove generazioni resta integrato nella società anche quando ha superato gli «anta» da tanti anni. Pagare con Twint, controllare il conto con l’ebanking, acquistare il biglietto del treno con l’app, fissare un appuntamento tramite Whatsapp, cestinare la carta geografica per girare con Googlemaps, oppure interpellare ChatGPT per il menù della sera ci dà la sensazione di essere «in sintonia con i tempi» come dice Giorgio Armani. 

Del resto, noi boomer figli della prolifica generazione della metà del secolo scorso, non abbiamo alternative. Se non assorbiamo le novità a velocità supersonica, rischiamo di finire come Daniel Blake: il cinquantanovenne cardiopatico, protagonista del film di Ken Loach, schiacciato dagli ingranaggi infernali della macchina burocratica digitalizzata del welfare inglese.

Armani aggiunge che «in questi oltre quarant’anni non c’è stato tempo se non per il lavoro. Non ho coltivato altri giardini».

Lo stilista non lavora per vivere; vive per lavorare. Ciò non è un problema per lui, anzi: «Dovrei ritirarmi - dice - ma perché? Per vivere in vacanza permanente? Viaggiare per il mondo? Lo faccio già, in parte. Ma non mi basta».

Anche io, quando penso al mio pensionamento mi chiedo se saprò staccare la spina. E se la staccherò - mi dico - mi farà davvero bene? Come vivrò le pagine vuote della mia agenda?

Se dovessi dar retta agli studi scientifici citati da Dataroom - la rubrica curata dalla giornalista Milena Gabanelli sul Corriere della Sera - prima di «appendere» la penna al chiodo dovrei pensarci due volte.

Secondo la ricerca riportata dalla trasmissione web e pubblicata nel 2015 dalla rivista «CDC Preventing Chronic Disease», se si vuole vivere a lungo e in salute non bisogna mai smettere di dedicarsi a un mestiere. I risultati dello studio parlano chiaro: su un campione di ottantatremila persone, gli over 65 che lavorano hanno tre volte più probabilità di stare meglio fisicamente rispetto a chi è inattivo e il 50% di probabilità in meno di contrarre patologie serie, come cancro o malattie cardiache. Per gli studiosi, ritardare il pensionamento rallenta il declino cognitivo e consente di sfuggire all’isolamento sociale.

Oggi l’identità di una persona si confonde con il ruolo che occupa nella società. Chi è fuori si smarrisce e subisce un sentimento di vulnerabilità. Esisti se lavori. Io sono il mio mestiere. O meglio, senza il mio mestiere sarò ancora io?

Certo per Giorgio Armani è facile pontificare; ha un’occupazione entusiasmante e non logorante come quella di un muratore o di un operaio di fabbrica. Al suo servizio ha una struttura che lo mantiene sulla cresta dell’onda. Il grande stilista non è costretto a rimboccarsi le maniche perché altrimenti non arriverebbe a fine mese. Per lui continuare ad essere un protagonista della moda è una scelta. Potessimo lavorare un po’ meno con lo stesso stipendio, tutti noi avremmo il tempo di goderci le cose belle della vita. La ricchezza sarebbe distribuita meglio e il lavoro diverrebbe un piacere per tutti da godere, se si ha voglia, fino alla fine dei giorni. Ma questa, in questo mondo capitalista, è un’utopia.

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