Il reportage

Le scommesse sui galli, a un'ora di auto dal Ticino

A Milano non è difficile imbattersi in una bisca clandestina in collegamento con le Filippine - Dove i combattimenti sono seguitissimi e, ancorché legali, creano un sacco di problemi
Gli scommettitori osservano un combattimento tra galli in streaming, in un parco alla periferia di Milano (foto Cdt)
Davide Illarietti
28.09.2025 06:00

I due sfidanti si osservano per un istante che sembra lunghissimo. Immobili, tra le mani dei due allenatori che li tengono fermi. Poi li appoggiano sulla sabbia dell’arena con cautela, come fossero due bombe pronte ad esplodere, e si allontanano in fretta.

«Wala wala wala wala»

La folla grida.

«Meron meron meron meron»

La scena avviene in un luogo imprecisato delle Filippine ma è riprodotta, a 11mila chilometri di distanza, sul tablet di Rolando, 44 anni. Di giorno lavora come badante in centro a Milano, al tramonto si ritrova con gli amici al parco Martesana, periferia nord-est della città, per scommettere da remoto o anche solo guardare il match e bere insieme «halo halo», uno squisito cocktail salato.

Il raduno di scommettitori, nel parco Martesana in periferia di Milano (foto Cdt)
Il raduno di scommettitori, nel parco Martesana in periferia di Milano (foto Cdt)

I combattimenti di galli sono un fenomeno clandestino e poco conosciuto alle nostre latitudini - dove sono vietati per legge, a scanso di equivoci - ma che genera un giro d’affari multimilionario, in Asia ma non solo. La comunità filippina all’estero, in particolare, è molto attaccata a questa «tradizione» del paese d’origine attorno a cui fioriscono scommesse online e offline.

Da Manila a Milano

I ritrovi in periferia di Milano - ma se ne vedono in diverse metropoli europee - attirano persone da tutto l’hinterland. Sotto gli alberi vicino al naviglio centinaia di scommettitori si aggregano durante il weekend e anche in settimana, inscenando un rituale rumoroso che ha attirato l’attenzione dei media e della polizia a più riprese, dal 2022 in avanti - l’ultima volta quest’estate - senza grossi risultati.

«Non diamo fastidio a nessuno» dice Rolando senza distogliere lo sguardo dallo schermo. È seduto su una bici pieghevole e ha posizionato il tablet sul portapacchi: alle sue spalle si è subito formato un crocchio di 4-5 persone concentratissime sul match. Tutti giurano di non avere puntato un soldo. «Siamo qui per il piacere di stare insieme» dice un sessantenne dalle mani inanellate, che stringono una sigaretta. «Gli italiani non capiscono, da noi questo è uno sport legale».

È vero e falso. Il «sabong» è attestato in Oriente fin dal 1.300 a.C. - ma arrivò anche in Grecia e nella Roma antica - e sebbene sia oggi vietato al di fuori dei contesti religiosi in paesi come India e Indonesia, dove è praticato solo clandestinamente, nelle Filippine esistono competizioni autorizzate e addirittura un «torneo mondiale» (il World Slasher Cup). Le scommesse illegali («tigbakay») sono altrettanto diffuse, come il racket e la corruzione che alimentano assieme a frequenti blitz della polizia.

Violenza e misteri

Nel corso di uno di questi, nel 2020, un poliziotto è stato addirittura ferito a morte da un gallo (ebbene sì). Quest’estate invece quindici agenti sono finiti sotto inchiesta, in relazione alla misteriosa sparizione di alcuni biscazzieri avvenuta nel 2022. I corpi sarebbero stati fatti sparire in un lago vicino alla capitale Manila: la magistratura ipotizza siano stati uccisi su mandato di un importante boss delle scommesse clandestine.

Non è un mistero invece che, nonostante gli appelli delle associazioni contro il gioco d’azzardo e degli animalisti, la piaga sociale non accenna a ridimensionarsi: il giro d’affari nel 2017 era valutato poco meno di un miliardo di dollari da uno studio del 2017 dell’Università delle Filippine (Los Banos) e dopo la pandemia di Covid sarebbe cresciuto ancora, con il moltiplicarsi di piattaforme online.

Vince il blu

Non è un caso che, anche a Milano, gli assembramenti di scommettitori sono diventati più affollati negli ultimi due-tre anni. Nel punto convenuto, sempre lo stesso, bancarelle ambulanti di cibo di strada si dispongono a semicerchio, mettendo in mostra involtini immersi nell’aceto (un’euro l’uno) e pesce fritto. Il cibo etnico (illegale ma molto buono) non disturba il vicinato quanto gli schiamazzi, un altro dei tratti più tipici del rituale del sabong.

«Wala wala wala wala»

I raccoglitori di scommesse gridano al centro dell’assembramento, alzando le braccia.

«Meron meron meron»

In filippino «wala» significa «blu» e «meron» rosso. Sono i colori delle fascette che distinguono i galli combattenti, a cui sono legate delle piccole lame per rendere mortali i fendenti (la morte del poliziotto nelle Filippine, tre anni fa, è stata causata proprio da queste lame). Nel crescendo delle grida dei biscazzieri, le banconote banconote passano di mano: dagli scommettitori ai broker, dai broker ai «cassieri» seduti fuori dal cerchio.

Una donna vende cibo di strada fatto in casa, durante il match (foto Cdt)
Una donna vende cibo di strada fatto in casa, durante il match (foto Cdt)

«Uno, due, tre»

D’improvviso le voci tacciono. Inizia l’incontro. I combattenti si studiano per pochi, interminabili secondi. Poi iniziano a saltare. Attorno al tablet di Rolando gli spettatori si assiepano e bisogna sgomitare, per seguire in diretta i colpi di becco e di lama che durano un minuto: finché un gallo stramazza al suolo.

«Ha vinto il blu».

Nelle Filippine un giudice in ciabatte e canottiera solleva il «meron» per due volte, e due volte lo lascia cadere al suolo per certificarne il decess: una gestualità che ricorda quella dell’arbitro di boxe, ma anche un po’ del macellaio al mercato. A Milano le banconote - dieci, venti euro - refluisono dai «cassieri» agli scommettitori al netto delle commissioni.

Nel tablet di Roland lo spettacolo è finito e uno a uno gli scommettitori se ne vanno. Chi ha guadagnato, chi no? Una breve pausa e dal cerchio tornano a levarsi le voci dei biscazzieri.

«Wala wala wala»

«Meron meron meron meron»

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