Stabio

L'ora di licenziare

A casa in 34 (compreso il direttore) nella ditta orologiera Farone: personale dimezzato in sei anni – «Ma il settore resta sano»
©Fiorenzo Maffi
Davide Illarietti
02.07.2023 11:30

L’ora dei licenziamenti alla Farone di Stabio è scattata mercoledì, all’improvviso. Trentaquattro dipendenti sono stati lasciati a casa «seduta stante» con altrettante lettere di disdetta imbucate a Basilea, nel quartier generale del gruppo a cui fa capo l’azienda. «La esoneriamo fin da subito dal recarsi al lavoro», si legge nelle missive arrivate in Ticino a metà settimana. Sotto, è indicata la cifra della liquidazione.

Tutto in regola? Il licenziamento collettivo è stato comunicato - come da prassi - all’ufficio della sorveglianza del lavoro di Bellinzona, i sindacati non sono stati avvisati perché la fabbrica non aderisce ad alcun contratto collettivo. L’anomalia è data semmai dal contesto: il 2022 è stato un anno da record per il settore orologiero svizzero, quasi 25 miliardi di fatturato e una crescita attorno al 10 per cento. Anche i primi mesi di quest’anno sono stati festeggiati come «eccezionali» dai «Big» del settore. Tra questi c’è anche la basilese Ronda AG, 1.400 dipendenti sparsi per la Svizzera di cui 180 a Stabio fino a settimana scorsa. Meno 34, ora ne restano 150. Tra i licenziati anche il direttore dello stabilimento, in carica da cinque anni.

«Fulmine a ciel sereno»

La notizia è arrivata al sindacato OCST nei giorni scorsi, quando alcuni dipendenti si sono recati alla sede di Mendrisio per capire il da farsi. «Purtroppo siamo venuti a sapere della disdetta collettiva quando la consultazione si era già conclusa», commenta il responsabile industria nel Mendrisiotto Nenad Jovanovic. «È stato un fulmine a ciel sereno».

L’azienda in questione in realtà non è nuova ad «aggiustamenti» del personale. Nel marzo 2017 la proprietà aveva fatto ricorso alla cassa integrazione per 350 dipendenti, a causa di cali negli ordinativi di componenti. In precedenza, l’allora direttore era finito sui giornali per la decisione di obbligare gli operai - quasi tutti frontalieri - a recarsi a lavoro con appositi bus, che li prelevavano nel Varesotto. «Chi non viene in bus verrà licenziato» era la minaccia. In un’intervista del 2014 lo stesso direttore aveva «festeggiato» la bocciatura del salario minimo a 4mila franchi. «Ci avrebbe fatto soffrire molto» aveva dichiarato. All’epoca i dipendenti erano 370 e i salari si aggiravano sui 2’700 franchi.

Anche così però l’azienda ha sofferto, e non solo in termini economici. Il 22 aprile 2017 il nuovo direttore (da poco subentrato nel ruolo) era deceduto tragicamente all’esterno della discoteca La Rotonda di Gordola, dopo essere stato colpito con un pugno da un 22enne di Biasca. Il dramma scosse il Ticino, e ancor più i dipendenti in un periodo già non facile dal punto di vista produttivo.

Specializzata nell’assemblaggio di componenti in quarzo per il mercato di fascia medio-bassa, l’azienda non ha beneficiato del «boom» dell’orologieria di lusso, decollata prima della crisi-Covid e poi tornata a volare dopo la pandemia.

«L’aumento delle esportazioni registrato negli ultimi anni è legato soprattutto al valore dei prodotti, sempre più alto», spiega il presidente della Associazione ticinese industria orologiera (ATIO) Alessandro Recalcati. A fare da contraltare a un trend «sicuramente positivo» c’è però il numero dei «pezzi» venduti, in calo. Per i produttori di componenti come la Farone Sa (fondata dal gruppo Ronda negli anni ‘90) questo si sarebbe tradotto in meno ordini e nei conseguenti tagli.

«Il settore è in fase positiva»

Il condizionale è d’obbligo perché l’azienda - ora senza una guida ticinese - non è stata raggiungibile per un commento nei giorni scorsi. Le lettere di disdetta citano una «riorganizzazione» dovuta a «ragioni economiche» ma i dettagli non sono noti. Le difficoltà non toccherebbero in generale il resto del settore in Ticino: «Al momento non abbiamo una situazione di sofferenza estesa ad altre aziende», assicura Recalcati. «Nonostante il minor numero di componenti prodotti il settore è senz’altro in una fase positiva, generalmente parlando». Anche il ri-assorbimento dei dipendenti licenziati, trattandosi di operai specializzati, non dovrebbe essere problematico.

Presto un incontro

Ma è ancora presto per pensarci. Il sindacato OCST ha organizzato «un incontro con il personale rimasto a casa per i prossimi giorni», spiega Jovanovic. «Cercheremo di riunire il maggior numero di dipendenti possibile per raccogliere le loro preoccupazioni e portarle all’azienda». Ma anche per capire cosa nell’azienda è andato storto. E quale ingranaggio dell’orologio si è inceppato.

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