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Lotta al coronavirus: il genere conta

Le donne sono più forti di fronte al virus ma più soggette a soffrire di long COVID
22.05.2022 06:00

Più resistenti nei confronti del coronavirus, le donne sembrano però avere il doppio di probabilità di sviluppare un long-COVID rispetto ai maschi. Un rischio più alto, anche parecchi mesi dopo l’infezione (non per forza in forma grave tanto da ricorrere al ricovero), di lamentare sintomi come la ‘fatigue’, la dispnea, il fiato corto, dolori diffusi o la perdita dei capelli. Gli esperti cercano di darsi una spiegazione: la risposta immunitaria innata e acquisita più potente nel sesso femminile ha in realtà il rovescio della medaglia. Rende la donna più forte rispetto alle infezioni ma più esposta alle patologie infiammatorie e autoimmuni. Un trend confermato anche dal dottor Gian Antonio Romano, responsabile del reparto long COVIDaperto all’ospedale La Carità di Locarno: «In questo ultimo anno effettivamente abbiamo riscontrato più casi di donne sofferenti di long COVID». Il motivo? «Difficile saperlo. Per ora si fanno soltanto ipotesi. L’età sembra non essere qualcosa di rilevante».

Le evidenze scientifiche

Una volta ancora, dalle evidenze scientifiche emerge come le donne abbiano un maggiore livello di autoanticorpi anche dopo un’infezione asintomatica, mentre gli uomini più autoanticorpi dopo una malattia sintomatica. Disturbi a lungo termine legati all’infezione da COVIDche, in generale, rappresentano una nuova sfida per la medicina, quella che per l’Organizzazione mondiale della sanità è lo studio dell’influenza delle differenze biologiche (definite appunto dal sesso) e socio-economiche e culturali (definite dal genere) sullo stato di salute e di malattia di ogni persona. D’altro canto, in questi mesi di pandemia numerose ricerche hanno fatto emergere l’esistenza di differenze tra uomini e donne. Stando ai dati, l’infezione da SARS-CoV-2 produce effetti diversi nei due sessi, sia in termini di severità che di letalità (quasi il doppio negli uomini). E c’è chi ritiene che le cause possano essere riconducibili al sesso e al genere. Genere, quello femminile, che, questa è quasi una certezza, in generale è più soggetto alla cronicizzazione dei sintomi così come alle malattie definite ‘funzionali’, di cui purtroppo ancora poco si conoscono i meccanismi. C’è poi il fattore ormonale, che potrebbe giocare un ruolo. Gli esperti tendono a pensarlo, visto che nei bambini non si riscontrano differenze di genere per il long COVID.

Donne più attente

Sarebbe però riduttivo liquidare la faccenda adducendo soltanto questioni di sesso e di genere. Per alcuni esperti, le donne hanno un altro atteggiamento nei confronti della loro salute. Più attente, si ascoltano di più e percepiscono meglio alcuni sintomi. Tanto da consultare più sovente un medico. Per altri esperti, invece, ciò non spiega la differenza uomo-donna nei confronti del long COVID. Ci sarebbero reali fattori fisiologici. «In realtà è ancora presto per dare una spiegazione , siamo nel campo delle ipotesi - ripete Romano -. Il dato di fatto è che le donne soffrono di più di long COVID, prima o poi la scienza riuscirà a dare una spiegazione».

Più esposte al virus

Un altro fattore da considerare è che le donne sarebbero meno protette da cariche virali importanti rispetto agli uomini, il che potrebbe essere determinante nello sviluppo di una cronicizzazione dei sintomi iniziali. Vero è che, statisticamente, le donne lavorano in settori più a rischio di contaminazione massiccia: pensiamo alle cassiere, alle cameriere, alle colf, alle docenti...

Tornando al long COVID, per quel che riguarda i sintomi in realtà non ci sarebbero differenze tra uomini e donne. Lo conferma anche il dottor Gian Antonio Romano: «I sintomi sono quelli che abbiamo sempre detto, stanchezza, dispnea, dolori diffusi e la perdita dell’olfatto che può anche protrarsi per mesi». Stando a Mayssam Nehme, capoclinica del servizio di medicina di primo soccorso degli ospedali universitari di Ginevra (Hug), interpellato da LeMatinDimanche, ha spiegato che anche se i sintomi sono simili, le donne hanno una tendenza più marcata a sviluppare stati di ansia. Potenzialmente perché, dice, sanno che è socialmente più accettato. E se gli uomini lamentano più spesso la mancanza di fiato o la dispnea è perché sono più a rischio di sviluppare forme gravi nella fase acuta della malattia».

Una cosa è certa, il long COVID non va sottovalutato. Basta un numero. Solo nel reparto di Locarno nel corso dell’ultimo anno sono entrati almeno un centinaio di pazienti .

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