Attualità

«Meloni non ha mai tagliato il filo con il passato fascista»

L'analisi di Maurizio Viroli, professore emerito all’Università di Princeton e professor of government ad Austin, in Texas
Giorgia Cimma Sommaruga
18.09.2022 17:12

«Sono molto preoccupato dalle prospettive che sembrano delinearsi in Italia», risponde Maurizio Viroli, professore emerito all’Università di Princeton e professor of government ad Austin, in Texas, quando gli viene chiesta la sua opinione - da italiano all’estero - sulla situazione che si va delineando in Italia dopo le prossime elezioni del 25 di settembre.

Viroli, che dal 1987 vive tra gli Stati Uniti, l’Italia e ha vissuto in Svizzera quando insegnava all’USI di Lugano, si definisce un «esule di lunga data», che però non ha mai dimenticato «i valori repubblicani italiani». Tant’è che «se i sondaggi sono credibili, avremo in Italia una maggioranza di governo di centrodestra con Giorgia Meloni presidente del Consiglio alleata con Silvio Berlusconi e Matteo Salvini. E - precisa Maurizio Viroli - non ci sarebbe nulla di preoccupante ad avere una maggioranza di centro destra se non fosse per il fatto che Meloni non ha - secondo me - ancora sciolto un problema morale prima ancora che politico. Ovvero il suo rapporto con l’ideologia e con il regime fascista».

Ci vuole chiarezza

La Costituzione italiana è repubblicana e antifascista «per il semplice motivo che ha una norma finale che vieta sotto qualsiasi forma la ricostituzione del disciolto partito fascista - precisa il professore -. Ora mi domando: può una persona che avrà la responsabilità di governare, e che quindi dovrà giurare sulla Costituzione, giurare su una Costituzione antifascista se lei stessa non è antifascista?». Ma non è finita qui. Visto che, come osserva il professore, «il partito di Fratelli d’Italia ha nel suo simbolo la fiamma che, oltre ad essere stata presente in quello del MSI, rappresenta la fede perenne che arde sulla tomba del duce a Predappio». E allora, eccola qui «la continuità ideologica con la tradizione del neofascismo italiano». Ma a preoccupare non è tanto il legame con gli ideali del passato, quanto «il non ritrattare pubblicamente da parte dell’onorevole Meloni, forse per paura di perdere voti, troncando con il passato: questo secondo il mio modo di ragionare significa non avere le qualità di un vero leader politico. Perché i grandi leader sono capaci di innovazioni ideali e politiche per il bene della Repubblica».

Guardare l’Italia da fuori

Osservando il panorama politico italiano dall’estero, esistono tre figure politiche che rappresentano i valori repubblicani a cui il professore ha dedicato una intera vita di studi. «Il primo è Giuseppe Conte. Soprattutto per un punto. Ho sempre notato con piacere nelle sue dichiarazioni una costante attenzione ad una parola chiave: legalità. Ed è di questo che ha bisogno l’Italia oggi, lealtà costituzionale e legalità. Poi mi piace anche citare Stefano Fassina che ha fondato un movimento che si chiama ‘Patria e Costituzione’. Per tutta la mia vita mi sono battuto per legare questi due valori. Aggiungo anche Luciana Sbarbati dell’MRE (Movimento Repubblicani Europei) che, purtroppo, non è candidata».

Anche dall’estero è un dovere civico

Come tutti gli italiani residenti all’estero e iscritti all’AIRE, anche Viroli ha ricevuto il plico per esprimere il suo voto. «E l’ho già spedito», rassicura. «Tuttavia, spesso mi è capitato di confrontarmi con giovani studenti, quando insegnavo a Lugano o in Italia, che mi dicevano di non essere interessati a votare, «tanto non serve a niente». Ma il diritto di voto, lo chiarisce l’articolo 48 della nostra Costituzione, è un dovere civico». Dunque non ci sono scuse secondo Viroli. In Italia o all’estero bisogna votare. E, per chi, ovunque si trovi, ha una idea della Costituzione e della Repubblica «molto vaga, complice la lontananza o la scarsa informazione», Viroli ammonisce: «Attenzione, a non cadere nel fenomeno che i miei colleghi qui in USA definiscono «il votante non informato». Perché chi vota senza sapere, normalmente vota i demagoghi, quei politici che sanno sedurre il demos, che toccano le passioni e della ragione poco si curano».