Il commento

Meno «woke» e più economia: la lezione di New York

Quando un anno fa i Democratici hanno perso la Casa Bianca, una ragione svettava su tutte – Sulla carta l'economia era in salute, ma la vita quotidiana diceva altro
Elisa Volpi
09.11.2025 06:00

Quando un anno fa i Democratici persero nettamente la Casa Bianca, fra le molte cause ce n’era una che svettava: l’economia. I numeri raccontavano di un paese in salute, ma la vita quotidiana di chi paga affitti, spesa e servizi all’infanzia diceva altro. L’inflazione aveva eroso la fiducia dei cittadini, e i temi culturali agitati in campagna elettorale non sono bastati a colmare quel divario.

Un anno dopo, a New York, Zohran Mamdani sembra aver capito l’errore dei leader dem e che sul carovita si può costruire un programma elettorale vincente. La sua proposta ha legato l’idea di equità a misure concrete: affitti congelati e più alloggi a prezzi calmierati, trasporti gratuiti e puntuali, un salario minimo più alto e servizi per l’infanzia accessibili. È un messaggio che la città già conosce: nel 2013 Bill de Blasio vinse proprio promettendo di invertire le disuguaglianze post-crisi finanziaria, con una tassa sui redditi alti per finanziare asili nido gratuiti e alloggi a prezzi controllati. Mamdani riprende quel filo e lo traduce nella New York contemporanea, dove l’esplosione dei canoni e dei costi quotidiani ha schiacciato affittuari, giovani e lavoratori dei servizi. Il messaggio è semplice: meno retorica woke, più soldi risparmiati a fine mese.

La domanda è se il «modello New York» sia esportabile. La risposta, in breve, è sì, se si adatta l’agenda ai bisogni locali. Nelle aree suburbane del Midwest il nodo è il pendolarismo e l’accesso alla casa; nella Sun Belt pesano bollette e affitti in aumento; nelle città universitarie contano salario minimo, alloggi per studenti e servizi all’infanzia per i lavoratori. Cambiano gli strumenti, ma l’impianto resta quello di abbassare il costo della vita, alzare la prevedibilità del reddito, restituire controllo sul futuro. Quando l’elettore sente di poter arrivare a fine mese, torna disponibile ad ascoltare anche il resto.

Anche il metodo di fare campagna che può essere esportato altrove. Mamdani ha combinato organizzazione capillare e presenza digitale, piccoli donatori e una campagna porta a porta. In questo modo Mamdani è riuscito a trasformare un’agenda economica in fiducia elettorale. I Democratici perdono raramente per assenza di proposte, quanto piuttosto per carenza di credibilità. E la credibilità non nasce (solo) da slogan valoriali, ma da qualche risultato vicino nel tempo: un affitto che non cresce, un bus puntuale e gratuito, una bolletta meno pesante, uno sportello comunale che semplifica davvero.La difficoltà principale del modello «Mamdani» è trasformarla in politiche di governo. Promettere è sempre più facile che governare, soprattutto perché molte delle soluzioni proposte richiedono l’appoggio del governo statale. Se nei primi mesi arrivano segnali tangibili, il caso New York smetterà di essere eccezione e diventerà probabilmente un manuale da seguire anche altrove. Se invece l’azione si arenerà nella retorica o negli annunci, l’onda si ritirerà e il «piano Mamdani» diventerà l’ennesimo fuoco di paglia.

Ma resta importante quello che ricorda Susan Neiman: c’è bisogno di una sinistra non «woke» (nel senso peggiorativo del termine) che sia capace di universalismo. Una sinistra che non abbandoni le battaglie per i diritti, ma che capisca che questi diritti si fondano su pilastri materiali che migliorano la vita di tutti. Per un Partito Democratico che vuole tornare maggioritario, la formula è antica e sempreverde: pane, tetto, trasporti, servizi. Poi tutto il resto.

* Elisa Volpi è professoressa associata di Scienze Politiche alla Franklin University Switzerland. Studia le élite politiche, il comportamento legislativo, i partiti e la società americana.