Il reportage

Non è un paese per vecchi

La Valle di Muggio è a caccia di giovani ma rischia di farsi scappare anche gli anziani – Eppure è un paradiso in terra, parola di Teddy Reno
Un veduta della valle da Roncapiano. © CdT/Chiara Zocchetti
Andrea Bertagni
Davide Illarietti
Andrea BertagnieDavide Illarietti
17.09.2023 06:00

Chico Fehlmann carica la spesa nel bagagliaio e parte. Direzione Scudellate e Roncapiano. Due frazioni della Valle di Muggio abitate da diversi anziani che fanno affidamento sulle consegne a domicilio per «resistere» lontano dalla civiltà. «Tanti non hanno la patente, altri faticano persino a camminare» racconta Fellmann tra una curva e l’altra, il piede pesante sull’acceleratore. Per chi non è abituato, la strada è da infarto. «Il Chico» ne ha rischiato uno - ha due stent cardiaci e fuma senza sosta - ma conosce a menadito precipizi e svolte, e viaggia tranquillo. «Finché ho la patente e gli occhi buoni voglio fare la mia parte» dice.

A 74 anni, Fehlmann è famoso in valle per la guida tenace e puntuale. Come volontario dell’Associazione Anziani del Mendrisiotto ogni sabato porta a otto coetanei la spesa dalla Dispensa di Muggio e Caneggio, mentre in settimana accompagna chi ha bisogno dal medico, dal fisioterapista...

Fehlmann ritira la spesa dalla Dispensa di Caneggio. © CdT
Fehlmann ritira la spesa dalla Dispensa di Caneggio. © CdT

Senza la solidarietà reciproca la valle dominata dal Generoso - nomen omen - sarebbe probabilmente più spopolata di quanto non sia. È vero, il Comune di Breggia dal 1990 a oggi ha visto crescere gli abitanti da 1.600 a 1.956, in controtendenza rispetto ad altri territori di montagna. Ma la crescita è concentrata nella parte bassa della valle. Le frazioni alte - quelle più «battute» da Fehlmann - sono in sofferenza demografica. Non così quelle basse, come Morbio Superiore, Caneggio e Sagno «che si sono trasformate in località dove alloggiano persone che risiedevano a Chiasso o a Mendrisio», rileva il sindaco del Comune, Stefano Coduri.

I posti di lavoro

Una valle, due anime, quindi. Pur con una similitudine. La perdita di posti di lavoro. «La sfida - continua Coduri - è quella di mantenere un minimo di agricoltura per valorizzare e conservare il paesaggio e per riuscire a ottenere prodotti tipici che possano interessare negozi e ristoranti». Non un’impresa facile. Perché chi abita nella basse valle lavora soprattutto nei centri urbani. «Quello dei posti di lavoro è un tema non di facile soluzione», ammette Claudio Guidotti, direttore dell’Ente regionale di sviluppo del Mendrisiotto e Basso Ceresio. «Bisognerebbe riuscire a mantere i posti di lavoro che già ci sono, come l’unico panettiere rimasto in valle, e nello stesso tempo attrarrne di nuovi».

Un aiuto potrebbe arrivare dai giovani. «Stiamo notando dei segnali positivi dai giovani - riprende Guidotti - giovani che vogliono tornare a vivere e a lavorare in valle attratti dal paesaggio ma anche dalla tranquillità della vita quotidiana che è meno frenetica e veloce di quella che potrebbero trovare in una città».

Lontano da tutto

L’auto di Fehlmann oltrepassa l’abitato di Muggio e s’inoltra nell’altra metà della valle, quella più selvaggia e remota. Attraversa i ripidi boschi e s’inerpica sui tornanti fino a Scudellate. In una casa a strapiombo sulla Breggia lo aspetta Iride Cereghetti, 84 anni e qualche acciacco che non ne intacca il buon umore. Riesce ancora a scendere alla Dispensa con la Posta per «fare l’ordine» ma, spiega, «le borse pesano troppo e le lascio giù». A portargliele l’indomani ci pensa il volontario, e lei lo ricompensa con qualche chiacchiera e una bottiglia a Natale. «Senza di lui non so come farei» ammette. «Purtroppo quassù è cambiato tutto, da quando ero giovane».

Iride Cereghetti nella cucina di casa sua. © CdT
Iride Cereghetti nella cucina di casa sua. © CdT

La signora Iride è uno dei pilastri di un paese che fu. Dal 1995 è sacrestana della chiesa dell’Addolorata di Scudellate - incarico ereditato dal fratello e dal padre - e ricorda ancora di quando la frazione aveva otto classi elementari, bar e ristoranti. Oggi scuola, posta e ristoranti (tranne uno) hanno chiuso i battenti come pure la fabbrica di accendini di Morbio Superiore dove Iride lavorava. «Solo il cimitero si è ingrandito» scherza mentre prende in consegna la spesa da Fellmann. «Per fortuna qui c’è ancora un senso di comunità. Non è un dormitorio come altri posti».

Chissà se il riferimento è per chi vive più in basso. Di sicuro, una ricerca commissionata nel 2016 dal Consiglio svizzero degli anziani ha confermato che, pur perdendo servizi e attività, l’alta valle di Muggio «ha conservato negli anni una coesione sociale maggiore rispetto a contesti più urbanizzati» spiega Dieter Schürch dell’istituto di ricerche Liss di Lugano, che all’epoca si occupò di intervistare diversi abitanti della Valle. Con grande sorpresa i ricercatori hanno scoperto che «gli anziani che abitavano nella parte bassa della valle, in un contesto ormai periferico rispetto a Mendrisio, lamentavano un maggiore senso di isolamento» ricorda Schürch.

Il sistema di «allerta»

Un collaudato sistema di controllo reciproco - assieme alle visite quotidiane di infermieri e volontari -permette alla signora Iride di continuare a vivere a Scudellate («se entro le 10 non apro le finestre, i vicini allertano mia nipote») e alla 72enne Angela Cereghetti di rimanere a Roncapiano, la tappa successiva di Fehlmann, nonostante gli acciacchi. «Certo, mette un po’ tristezza vedere il paese così spopolato» spiega sulla soglia di casa, davanti ai pendii riconquistati dal bosco. «Qui una volta erano tutti prati coltivati. Noi teniamo duro, ma quando non ci saremo più?».

Angela Cereghetti sulla soglia di casa. © CdT
Angela Cereghetti sulla soglia di casa. © CdT

I sociologi direbbero che manca lo scambio generazionale. A Roncapiano l’età media è di 70 anni e ci vive un’unica bambina sotto i 10. «È la prima dopo quarant’anni» calcola Cereghetti. «L’ultimo minorenne che abbiamo visto prima di lei era stato suo padre».

Riscendendo a valle verso casa di Fehlmann - abita nella frazione di Bruzzella - si incontra per fortuna una situazione un po’ migliore. Negli ultimi anni è arrivata qualche giovane famiglia, spiega il 74enne. «Capita di sentire le voci dei bambini giocare in piazza, ed è una meraviglia». Dal finestrino si vedono piccoli segnali di un mutamento non solo demografico (un parcogiochi qui, villette a schiera là) dietro a cui si celano anni di politiche volte a frenare lo spopolamento. L’esempio più noto è il paesino di Monte - riqualificato nel 2020-21 con un progetto «a misura d’anziano» premiato a livello federale - ma le iniziative sono tante su entrambi i lati della valle. «Abbiamo lavorato molto sia attivando servizi a livello comunale, sia con politiche a favore delle famiglie» sottolinea la sindaca di Castel San Pietro Alessia Ponti. Nel Comune oltre a Monte sono confluiti i villaggi di Casima e Campora. Tre frazioni, poco più di trecento abitanti. Le possibilità di acquisto e affitto di immobili non mancano, «anzi sono molto interessanti» osserva la sindaca.

Michela ed Elia Travaini sul Generoso con la piccola Diana, di un anno.
Michela ed Elia Travaini sul Generoso con la piccola Diana, di un anno.

Lo stesso vale per l’altro versante, sopra Morbio Superiore. Ne sanno qualcosa Elia e Michela Travaini, 32 e 35 anni, da sei hanno comprato casa a Caneggio dopo essersi trasferiti da Riva San Vitale. «Vivevamo in affitto e non avremmo mai potuto permetterci una casa come quella dove viviamo ora» raccontano. Il «prezzo» da pagare sono 20-30 minuti di viaggio per andare al lavoro - lui falegname a Riva, lei maestra elementare a Mendrisio, usa la bici elettrica - ma la coppia è convinta che ne valga la pena. «Siamo un po’ selvatici, abbiamo sempre sognato di vivere in mezzo alla natura e qui stiamo benissimo».

Il richiamo della natura

E se fosse proprio il richiamo della natura, verso nuovi abitanti e più turisti «responsabili» e sostenibili, il volano per rilanciare la valle? I tanti interventi paesaggistici - i sindaci e l’Ente Regionale di Sviluppo concordano - hanno già portato buoni risultati, dalla rete sentieristica alla Ferrovia del Monte Generoso. E volendo non mancano testimonial d’eccezione. Se si è fortunati - «a me capita spesso» confida Fehlmann prima di congedarsi - per le vie della frazione di Lattecaldo si può incontrare una leggenda della musica italiana. Teddy Reno sorride tra i tronchi di faggio che nel 1968 lo convinsero a trasferirsi qui con la moglie Rita Pavone. «Anche noi siamo rimasti stregati dalla bellezza di questi boschi» ammette il cantante e produttore, ormai 97enne. «È il luogo perfetto per trascorrere la vecchiaia, ma non solo. Vivo qui da sessant’anni e non avrei potuto fare scelta migliore. Il mio medico è d’accordo con me». E se lo dice una star della musica, la valle ha davvero le carte per sfondare.

Teddy Reno, un testimonial d'eccezione per la valle. © CdT
Teddy Reno, un testimonial d'eccezione per la valle. © CdT
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