Reportage

«Non è vero che diamo solo multe»

I poliziotti sono sempre più di quartiere: almeno, questo è il progetto sul tavolo del governo – Ma cosa fanno esattamente? Abbiamo trascorso una giornata con loro
Multa a un'auto in divieto di sosta a Locarno © CdT/Gabriele Putzu
Andrea Bertagni
Davide Illarietti
Andrea BertagnieDavide Illarietti
25.02.2024 06:00

All’inizio il signore anziano alla guida non capisce. «Mi scusi sono appena stato a un funerale», dice, scosso al poliziotto di quartiere. Che l’ha fermato. Il motivo? «Non può passare da qui con l’auto - è la spiegazione -. C’è un cartello di divieto». L’anziano scuote la testa. «Ma non c’è mai stato un cartello». «C’è da novembre», è la replica dell’agente. Che questa volta decide di essere comprensivo, altrimenti sarebbe scattata la multa. «Perché io cerco sempre il dialogo a patto di essere rispettato», rimarca Reshat. Che è agente di quartiere a Molino Nuovo dallo scorso luglio. Reshat è cresciuto nel quartiere e oggi ci vive. Se lo sente suo. Sono passate da poco le 13.30 di martedì. Dalla sede della polizia comunale di via Beltramina, Reshat cammina a piedi fino al cimitero. Dove ci sono i posteggi a disco orario, quelli riservati ai docenti della scuola elementare e alcune strisce d’asfalto che si stagliano attorno al campo santo. Che vengono occupate anche loro dalle auto in sosta. È una zona calda.  

Nella zona del Cimitero
Nella zona del Cimitero

Perché il via vai di auto e persone è continuo. E non tutti rispettano le regole. Che Reshat vorrebbe invece venissero applicate «per il bene del quartiere e per la sicurezza dei suoi abitanti». Ecco perché ha fatto mettere un cartello di divieto d’accesso nella stradina che dal parcheggio a disco orario porta allo sterrato della Gerra. La stessa stradina imboccata dall’anziano per andare al funerale. «Ci passano i bambini ed era pericoloso», spiega. Ed ecco perché davanti all’asilo di Molino Nuovo, che dista più lontano, ha proposto il divieto di parcheggio accanto alle strisce pedonali. Che è stato accettato. «Con le auto parcheggiate una dietro all’altra prima e dopo le strisce pedonali c’era un problema di sicurezza per i bambini», annota. All’inizio non tutti hanno però recepito il messaggio. E qualche multa è stata data. Oggi invece nessuno sgarra. Forse anche perché Reshat si è messo davanti alle strisce a sorvegliare il passaggio. «Va bene là?», chiede una mamma che ha lasciato l’auto in una zona consentita. L’agente acconsente. «Dopo che sono stata multata ho capito il messaggio», sottolinea la donna. Che non è per niente arrabbiata. 

Tra agenti e assistenti

Reshat è uno dei tanti agenti di quartiere della città di Lugano. I quartieri sono 21 e ogni quartiere ha almeno un agente. Che pattuglia la sua zona di competenza dalle 7 di mattina alle 7 di sera. La parola d’ordine è prossimità. A loro si aggiungono gli assistenti di polizia che sono vestiti di grigio con i gilet gialli, e gli ausiliari. Due figure professionali di accompagnamento e supporto. Che non hanno le stesse mansioni dei poliziotti, ma sono complementari, appunto.

In viale Cassone a Pregassona
In viale Cassone a Pregassona

Malaika è un’assistente di polizia. Raggiunge Reshat davanti al cimitero. «Mi piace molto il mio lavoro, prima facevo l’infermiera, ma ho sempre desiderato essere poliziotta», confida, sorridente. Per poi precisare. Seria. «Non do solo multe, però». In effetti Malaika, che non è armata, può anche intimare contravvenzioni in procedura ordinaria e quindi operare controlli del traffico in movimento. Svolgendo una professione relativamente nuova - nella Legge sulla polizia del Cantone Ticino, la figura dell’assistente è stata sancita nel 2014 e i primi assistenti sono usciti dalla scuola nel 2020 - Malaika sa di imparare cose nuove quasi ogni giorno e ne è felice. Anche se non ha la divisa blu.

Essere agente di quartiere significa stare tutto il giorno sulla strada, conoscere ogni angolo e via. Ma vuol dire soprattutto essere un’antenna, un punto di riferimento per la popolazione. Non è insomma un caso che Reshat parli con tutti. Anche con gli anziani che si sono dati appuntamento a villa Carmine per il caffè-quartiere, l’appuntamento settimanale organizzato dalla Commissione di quartiere di Molino Nuovo. «Non mi sento sicura di camminare in giro di notte», dice un’anziana che viene subito rassicurata dall’agente. Un altro vecchietto si lamenta di un’illuminazione a suo dire poco efficiente. Reshat ascolta tutti, spende parole al miele. Essere agente tra la gente vuol dire anche questo.

Da via Industria al cantiere

Andrea sale in auto e inizia il giro. La prima tappa è in via Industria a Pregassona. «Era una zona molto calda, oggi è stata riqualificata», spiega l’agente di quartiere che nel tempo libero fa l’allenatore di hockey. Anche Andrea conosce tutti. Non fa in tempo a mettersi per strada che è un continuo via vai di saluti. «Mi piace il contatto con le persone», precisa. E in effetti per essere un poliziotto di quartiere occorre forse avere una predisposizione particolare. Che va al di là del singolo intervento, della singola operazione. Significa abitare un luogo. Viverlo dall’interno. Farne parte. Senza essere sotto la luce dei riflettori.

Perché sia Andrea che Reshat hanno a cuore che la vita scorra tranquilla e giusta ogni ora, ogni giorno. E per scorrere liscia anche le più piccole cose devono incasellarsi a dovere. Una volta significa ad esempio riprendere l’autista di camion che occupa una corsia senza autorizzazione e mette quindi a rischio lo scorrere del traffico. Un’altra controllare che le attrezzature comunali non siano state danneggiate. Un’altra ancora multare un conducente con il telefonino alla guida. All’apparenza dettagli. Ma solo in apparenza. Perché per funzionare anche il motore di un’automobile ha bisogno che tutti i bulloni non siano allentati.

Un momento dell'incontro con gli anziani
Un momento dell'incontro con gli anziani

Andrea si posiziona su viale Cassone. Il suo sguardo passa al setaccio ogni cosa. Vede l’automobilista che non si ferma, ma solo rallenta, allo stop. Vede se il cane della signora ha il guinzaglio. Guarda e registra ogni informazione. Con un approccio ben definito. «Se nell’altra persona ci sono dialogo e disponibilità all’ascolto la prima volta posso chiudere un occhio - chiarisce - la seconda volta, se ricade di nuovo in fallo, posso chiudere anche l’altro occhio. La terza volta no. Non posso essere più comprensivo». Un metodo collaudato. Che funziona. Anche perché se la persona con il cane, per rimanere all’esempio di prima, viene «beccata» senza guinzaglio anche in un’altra occasione, è difficile che non sappia di non rispettare le regole, visto che è stata già pizzicata. È insomma il contatto giornaliero, l’essere sempre sul terreno, la carta vincente dell’agente tra la gente. Che conosce palmo a palmo ogni strada. Sa chi le abita. E si accorge subito se un dettaglio è fuori posto.

A Locarno

Pierluigi Minotti ed Erik Bozzoli attraversano a piedi la Rotonda di Locarno. Sono al confine tra le rispettive zone di competenza: la Città Vecchia Minotti, Solduno Bozzoli (che però segue anche Muralto e la zona di Vattagne). La Rotonda è un crocevia - oltre la strada c’è anche il quartiere Soldini, di competenza di un altro collega - e un punto d’incontro. Ma anche il teatro di episodi poco edificanti, come il pestaggio avvenuto il 22 ottobre 2022 per cui quattro giovani sono stati processati nei giorni scorsi. «Sono cose che possono succedere ovunque - spiega Bozzoli - ma è vero che fino a poco tempo fa questa era una zona con delle problematiche». Risolutivo è stato il divieto di consumo di alcolici decretato dal Comune, ma soprattutto il lavoro costante degli agenti di quartiere panchina per panchina, tasca per tasca. «A furia di perquisizioni e identificazioni i soggetti più problematici se ne sono andati» e con loro gli «effetti collaterali» legati al consumo di stupefacenti e all’aggressività. Il lavoro di prossimità è anche questo: piccoli interventi quotidiani che possono risolvere problemi collettivi.

Il controllo degli indirizzi a Locarno
Il controllo degli indirizzi a Locarno

Ma c’è molto altro. Minotti e Bozzoli salgono la scalinata di fianco al Castello, tra saluti e strette di mano, staccano una multa a un’auto in sosta vietata davanti all’ingresso dell’ospedale La Carità - un punto «sensibile» - e proseguono verso via Castelrotto. Sottobraccio hanno una cartellina con un elenco di indirizzi: il controllo dei residenti via per via fa parte dei compiti solo apparentemente burocratici che la «prossimità» svolge in modo propedeutico ad altre attività di polizia. «Sapere esattamente dove abita chi, è importante per avere una capacità di intervento efficace» sottolinea Minotti mentre confronta i nomi sui campanelli con quelli nella lista. Quando emerge un’incongruenza, scatta il controllo. E può succedere che da questi controlli emergano situazioni delicate. Gli indirizzi delle persone morose, ad esempio, sono tra quelli più spesso visitati dagli agenti di quartiere vuoi per consegnare precetti esecutivi - 6.500 ogni anno solo nel Locarnese - vuoi per eseguire un accompagnamento forzato all’Ufficio esecuzioni. Altre volte la consegna riguarda atti giudiziari od ordini di pignoramento.

«Spesso non veniamo accolti con il sorriso» ammette Minotti. «Fa parte del mestiere». In 33 anni nella Polizia comunale ne ha viste di ogni: mentre il territorio cambiava - «la nostra è diventata una vera città» - il suo mestiere è cambiato di conseguenza, ma nel complesso ritiene che il risultato sia positivo. «Il territorio è più complesso, è anche più multietnico, ma tutto sommato i problemi sono sotto controllo». La Rotonda, sulla strada del ritorno, si è riempita di bambini che vanno in bici e in skate. Uno saluta entusiasta i due agenti di passaggio - «ciao!» - e tra le divise e i berretti compaiono due grandi sorrisi compiaciuti.

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