Quei ticinesi armati (fino ai denti) di buoni propositi

Il più grande collezionista di armi private del canton Ticino , almeno sulla carta, è Osvaldo Grossi, 84 anni, pensionato bellinzonese. Sulla sua patente da collezionista - la numero 69 - è registrato un numero di pistole e fucili che lui non vuole rivelare, ma che si aggira verosimilmente sulle diverse centinaia.
«I collezionisti di armi sono diversi dagli altri collezionisti - dice -. Non amano parlare dei propri oggetti».
Il maxi-deposito
Nel caso di Grossi il vanto sarebbe fuori luogo: le armi non sono di sua proprietà. In qualità di presidente dell’associazione FOR TI Forte Mondascia, l’84.enne è il responsabile formale e giuridico del più grande deposito di armi private esistente a sud delle Alpi, accumulato in anni e anni di lasciti in un bunker nel fianco del monte Masnan, alle porte di Biasca. L’ex forte militare Mondascia è stato ceduto nei primi anni Duemila da Armasuisse a un gruppo di appassionati di armi della regione, che hanno utilizzato la struttura abbandonata dall’esercito per depositarvi armi di ogni tipo: armi d’ordinanza, da collezione, nuove e antiche, rare e comuni.

«Abbiamo iniziato col portarci le pistole e i fucili che avevamo a casa, poi con il tempo abbiamo accettato anche diverse armi che la gente ci portava, perché non sapeva più cosa farsene».
Donazioni in aumento
Al signor Grossi capita sempre più di frequente di ricevere donazioni individuali, e negli ultimi anni la collezione è aumentata costantemente di qualità e volume. Privati cittadini arrivano «regolarmente» a consegnargli «il fucile del nonno o la pistola del papà» che non possono più tenere, spiega il presidente dell’associazione. L’alternativa sarebbe portarli all’Ufficio armi ed esplosivi della Polizia cantonale, quindi al macero.
«Per moltissime persone le proprie armi o quelle ereditate dai genitori hanno un valore affettivo. Sono considerati beni di famiglia. Non possono conservarle ma non vogliono nemmeno distruggerle».
Secondo Grossi e gli altri membri dell’associazione il fenomeno ha a che fare con la demografia ticinese - «una generazione di ex militi sta scomparendo» - e anche con le dinamiche del mercato immobiliare: la gente, sottolinea Osvaldo, oggi «vive sempre più spesso in piccoli appartamenti e quando i genitori vengono a mancare ha un problema di smistamento degli oggetti».
Seimila armi in più
Le armi non si buttano. E nel contempo quelle registrate e regolarmente detenute in Ticino continuano ad aumentare. Il totale, fanno sapere dalla Polizia cantonale, è di circa 80.mila pezzi attualmente. Nel 2023, per fare un confronto, erano circa 74.000. Nel 2021 68.mila. Dodicimila in più in appena quattro anni.
Il fenomeno non è solo ticinese. Per fermare la proliferazione di armi, a fine agosto il Consiglio Federale si è espresso favorevolmente alla proposta - vedi sotto - di confiscare quelle che non sono state utilizzate per oltre dieci anni. Se la mozione dovesse essere accolta, cosa ne sarà del deposito dell’associazione Forte Mondascia? «Noi siamo un museo riconosciuto dalla Confederazione, non possiamo certo utilizzare tutte le armi che conserviamo!» ironizza Grossi. «Il problema, semmai, sarebbe gestire tutte le armi che ci verrebbero consegnate».
«Momenti emozionanti»
Il Forte, che custodisce anche carri armati e mezzi pesanti dismessi dall’esercito, è sottoposto a una sorveglianza rigidissima da parte della Fedpol e a procedure eccezionali per una collezione privata e anche per un museo. Grossi non può aprire il deposito - dieci stanze per un totale di un centinaio di metri quadrati -senza adempiere a una lunga serie di misure precauzionali. Le foto sono vietate.
I controlli sono «giusti e sufficienti» secondo Grossi, non ne servono di ulteriori. «Ogni anno dobbiamo fornire una lista dettagliata delle armi ricevute, e siamo tenuti a conservare i nominativi dei donatori che ci dichiarano, sotto loro responsabilità, di essere entrati in possesso dell’arma legalmente».
Questa pratica viene svolta da Grossi e compagni quasi ogni settimana: è ormai un’abitudine. Settimana scorsa un uomo gli ha portato una ventina tra pistole e fucili appartenuti al padre deceduto. Doveva trasferirsi in Svizzera interna, non poteva più tenerli. «Si è commosso» racconta l’84.enne. «Mi capita spesso di vedere scene emozionanti». Secondo Grossi molte persone si sentono quasi in colpa al momento della consegna: «Spesso si scusano addirittura». Non per avere detenuto delle armi, ma per essersene disfatti.
