Ritorna il Giro d'Italia, festa popolare
Contrariamente a quanto si pensa, il Giro non è solo la geografia dell’Italia, è anche la sua storia, la sua cultura, il suo cibo e, soprattutto, la sua gente. Non c’è cuore di appassionato di ciclismo che sappia resistere alla tentazione di seguirlo, ascoltarlo e guardarlo. Se poi ci fosse l’occasione di vederlo da vicino, perché transita per il proprio paese o la propria città, il richiamo sarebbe talmente forte da far rinviare impegni e incombenze per dedicarsi tutti a quei pochi secondi in cui il gruppo, magari compatto, passa davanti allo sguardo lunare degli spettatori.
Sarà un percorso da scalatori
L’edizione numero 105 scatterà il 6 maggio dalla piazza degli Eroi di Budapest, in Ungheria, per approdare, dopo una lunghissima peregrinazione tra il sud, il centro e le montagne del nord, a Verona il 29 maggio. Ventuno le tappe previste, 3.445 i chilometri da percorrere, appena 26 a cronometro, 51 mila metri di dislivello. Giro per scalatori, giro di grande fatica.
Nella mia carriera, oltre che due volte il Tour de France per il Corriere della Sera, ho raccontato il Giro d’Italia del 1987 vinto da Stephen Roche, l’irlandese che in quella straordinaria stagione conquistò anche il Tour e il titolo di campione del mondo.
Quando scrivo di fatica nel ciclismo so, dunque, di cosa parlo e non c’è nulla, come la salita, a tirar fuori le tribolazioni dei corridori, anche degli specialisti o dei più preparati. Quando il grande Gianni Mura, giornalista de la Repubblica, chiese a Marco Pantani quale fosse la ragione per cui andava tanto forte in salita, lui, profeticamente e amaramente, gli rispose «per accorciare l’agonia».
Da questo punto di vista, dunque, sarà un Giro omerico che potrebbe essere reso ancora più duro dalle condizioni atmosferiche che si troveranno in alta montagna: Marmolada, Borgo Valsugana, Lavarone, Ponte di Legno, Aprica.
Il favorito della competenza è uno solo e si chiama Richard Carapaz, ecuadoriano, 28 anni, già trionfatore all’Arena nel Giro del 2019. La sua, come quasi sempre per i ciclisti che sono gli ultimi eroi popolari, è la storia di un ragazzo partito da lontano - Carchi, tremila metri di quota, al confine con la Colombia - e che è riuscito a scalare il mondo. Ha vinto anche il titolo olimpico di Tokyo e questo ha portato Carapaz ad una notorietà che nessuno sportivo ecuadoriano aveva mai avuto prima.
Chi saranno i protagonisti
I rivali? Nibali, 37 anni, e ancora una grande voglia di stupire nella sua Sicilia (Avola-Etna, Catania-Messina), Dumoulin e Hart. Ma, dietro Carapaz, c’è la possibilità di una grande sorpresa. Il Giro, infatti, è una scoperta quotidiana perché regala primati e imprese, crisi e cadute, durezza e dolcezza.
Per me il Giro va vissuto sulla strada. Muoverà dalle città dell’Ungheria (tre tappe), per dare l’ormai tradizionale tocco di internazionalità, inerpicandosi poi dalla Sicilia al Piemonte, fino all’arrivo a Verona. Sono previsti 12 milioni d tifosi.
Ma chi sono questi tifosi? Antropologicamente vengono dalla provincia, amano partire con i bagagliai delle auto pieni di provviste (abbonda il vino), e si accampano, a volte anche tre giorni prima del passaggio della corsa, poco oltre io ciglio della strada. Spesso, queste autentiche scampagnate, sono occasioni per vedere luoghi dimenticati o sconosciuti. Altre per visitare città lontane da casa. Altre ancora per dire io c’ero e i corridori li ho visti con i miei occhi. Sono assolutamente convinto che tutti abbiano visto passare il Giro almeno una volta nella vita. Il bello non è rappresentato solo dai corridori che, quando sfrecciano, lo fanno in una sorta di brezza provocata dalla loro stessa velocità. Il bello è la carovana che precede gli atleti, i gadget che vengono lanciati ai ragazzi i quali li acchiappano come novelli feticci, il vorticare di suoni e rumori che fanno da cornice al grande evento.
Ha detto di recente Urbano Cairo, presidente di RCS, organizzatrice della manifestazione: «Il Giro è una competizione che nella sua storia vanta sfide tra grandissimi campioni. Ultimamente abbiamo avuto finali pieni di suspence, con vincitori decisi all’ultima o alla penultima tappa. È una manifestazione che genera un interesse altissimo e che ci permette di far vedere l’Italia nel mondo, promuovendo le sue tipicità».
Un grande volume d’affari
Per questo, quindi non a caso, è stata rinnovata la partnership tra Giro, ministero del Turismo e Enit (l’agenzia nazionale italiana del turismo). Un modo originale e innovativo per mostrare le bellezze d’Italia attraverso la corsa rosa. Altrettanto rilevante il pubblico televisivo. Ricorda ancora Cairo: «Il Giro d’Italia viene trasmesso in duecento Paesi arrivando nelle case di quasi 800 mila persone: è evidente che la promozione sia notevolissima».
Insomma, per chi non lo avesse capito, il Giro muove anche un volume di affari considerevole. A dimostrazione che più lo sport è radicato nel passato più ha prospettive nel futuro. Basta correre pulito, conditio sine qua non per il successo e la credibilità della manifestazione. Ma sul fronte del doping molto è stato fatto nel ciclismo e, ad oggi, si può ben dire che la prevenzione sia stata più efficace della repressione.