Satelliti e resistenza nella brusca svolta tra Russia e Ucraina

Il pendolo della guerra oscilla continuamente, racconta fasi diverse dove nulla è irreversibile e spinge a guardare oltre l’orizzonte, a tempi lunghi e costosi per tutti. Al momento l’Ucraina ha ripreso l’iniziativa grazie ad una serie di fattori che hanno creato una “massa” di efficienza e capacità.
Come dal giorno uno del conflitto l’intelligence ha giocato un ruolo cruciale. Gli ucraini hanno raccolto informazioni importanti sullo schieramento russo nella regione di Kharkiv, dati ottenuti attraversi la propria ricognizione e gli occhi elettronici degli alleati. Satelliti spia e altri apparati hanno valutato posizioni, osservato difese, captato comunicazioni. Una collaborazione per nulla segreta, il Pentagono lo ha riconosciuto apertamente aggiungendo che c’è stata poi una consultazione continua con Kiev per discutere i dettagli del piano. L’attività coordinata ha scoperto i punti deboli dello schieramento, il possibile varco da sfruttare.
Dopo tanti mesi ci si dimentica che gli Stati Uniti non solo hanno messo in guardia la comunità internazionale sull’invasione imminente ma hanno poi indicato allo Stato Maggiore di Zelensky dettagli precisi, a cominciare dal possibile assalto di team aerotrasportati alla base di Gostomel, vicino alla capitale. Se vogliamo l’operazione scatenata da Vladimir Putin ha incontrato qui il suo primo vero ostacolo e i suoi parà sono finiti in una trappola. Si è prodotto così un effetto a catena, il progetto di prendere Kiev è sfumato e il neo-zar ha dovuto ridurre le proprie ambizioni. Gli errori delle sue spie si sono ripetuti alla fine di agosto nel settore nord ovest.
Mentre gli ucraini avevano un’idea abbastanza chiara di ciò che c’era i loro avversari hanno atteso senza prendere contromisure sufficienti. Anzi, hanno persino spostato Battaglioni verso Kherson in quanto temevano l’assalto primario. Si è anche detto che la resistenza avrebbe intossicato la Russia con false notizie, classica manovra di diversione: può essere ma anche no.
Il gioco di specchi e astuzie si è tramutato in un’incursione articolata e profonda da parte dell’Ucraina. Hanno mascherato i movimenti di numerose brigate – già questo era un successo -, quindi si sono lanciati dentro il territorio in mano agli occupanti. Ancora una volta, come era avvenuto in inverno, gli ucraini hanno puntato su rapidità e agilità. Perché hanno raffinato tecniche già sperimentate e le hanno migliorate grazie ai suggerimenti occidentali. La prima spallata è stata affidata al binomio tank/cannoni e una volta aperto il varco hanno incaricato unità altamente mobili di “entrare”, lasciandosi alle spalle avamposti troppo protetti, per raggiungere alcuni snodi stradali e ferroviari. Questo per privare l’Armata della sua rete logistica incentrata molto sui treni. Per i russi il rovescio non poteva essere peggiore: sono stati scalzati da aree costate sangue, hanno dovuto lasciarsi alle spalle dozzine di mezzi, hanno subito un’umiliazione in arco di tempo ristretto, hanno confermato l’esistenza di problemi cronici. Dalla qualità dei plotoni alla loro determinazione. Inoltre la mancanza di un vero comando unificato avrebbe moltiplicato gli effetti negativi con il Cremlino furioso verso i gerarchi. Per questo c’è chi vorrebbe affidare la guida delle operazioni a Yevegny Prigozhin, uomo di fiducia del neo-zar, ribattezzato lo chef di Putin per le imprese commerciali nella ristorazione, oggi a capo della compagnia di mercenari Wagner, il “braccio” delle operazioni speciali.
La battaglia di Kharkiv è un solo “momento”, sarà il tempo a valutare l’impatto sul quadro globale. Mosca deve reagire e proverà a farlo se avrà le risorse. Al momento gli osservatori internazionali paiono scettici, dubbi accompagnati però dagli avvertimenti agli ucraini. Le terre liberate vanno protette, gestite, nutrite, rifornite. Uno sforzo in condizioni obiettivamente precarie. Zelensky, insieme alla Nato, guardano già al medio-lungo termine e lo dimostra il programma di addestramento gestito da Londra, con il supporto di sette paesi. Corsi destinati a forgiare migliaia di reclute, molte delle quali dovranno prendere il posto dei caduti triturati da una macchina infernale.