Politica

Scene da un matrimonio

Quando l'ex moglie vuole tenere il cognome dell'ex marito: «Tanti casi, cambiamo la legge»
Giorgia Cimma Sommaruga
29.05.2022 13:30

Pressione sociale, convenienza e tradizione. Cosa rappresenta il cognome? L’origine, l’identità, la famiglia. Ma spesso è mera etichetta sociale. Secondo gli ultimi dati forniti dall’ufficio federale di statistica, nel 2020 ci sono stati, in Svizzera 64.356 matrimoni. Tra questi 22.729 donne hanno scelto di prendere il cognome del marito, e 983 uomini hanno scelto quello della moglie. Mentre tra coloro che scelgono di mantenere il proprio cognome da celibe spiccano gli uomini, ben 30.588, rispetto alle donne, 8.345. Il dato è sorprendente, ma non troppo. Dal primo gennaio 2013 la nuova norma in materia di matrimonio permette ad ogni coniuge di mantenere il proprio cognome, oppure di portare quello del marito o della moglie. Dunque «la legge conferisce la possibilità alle donne - che in passato erano obbligare ad assumere il cognome del marito - di riprendere il loro», osserva l’avvocato Roberta Soldati.

Spesso dietro la scelta c’è una questione di ripicca o la voglia di mantenere uno status

Ultimamente a Berna la Commissione degli affari giuridici del Nazionale ha anche riesaminato una iniziativa parlamentare che chiede il ritorno al doppio cognome.

Ma, cosa succede - ora - quando i due coniugi decidono di porre fine alla loro unione coniugale? Beh, la questione del cognome diventa controversa.

Secondo l’articolo 119 del Codice civile infatti «il coniuge che ha cambiato cognome in occasione del matrimonio conserva il nuovo cognome anche dopo il divorzio». Fatti salvi casi eccezionali, «la legge è a senso unico: non esiste la possibilità per un ex coniuge di obbligare l’altro a riprendersi il suo cognome originario», osserva ancora l’avvocato Soldati. Forse per consuetudine, è più comune che sia la donna al momento del matrimonio ad acquisire il cognome da celibe del marito. «L’impressione è che - anche se ora la legge permette alla donna di mantenere il cognome da nubile - permanga un certo, come dire, imprinting patriarcale per cui le donne accettano di buon grado questa usanza», osserva l’avvocato Igor Bernasconi, esperto in diritto di famiglia.

Ho avuto alcuni clienti che non lo accettavano ma non si può fare nulla e in passato era peggio

Ogni coniuge poi - secondo il Codice - «può dichiarare in ogni tempo all’ufficiale dello stato civile di voler riprendere il proprio cognome da celibe o nubile». Ma cosa succede se il marito non accetta che la moglie mantenga il suo cognome da coniugata anche dopo il divorzio? Niente. «Perché dal punto di vista normativo non c’è soluzione», interviene l’avvocato Francesco Barletta. «Analizzando l’elevato numero dei divorzi in Svizzera, 17.044 nel 2021 secondo l’Ufficio federale di statistica - continua Barletta - la tendenza è che la moglie mantenga il cognome da coniugata anche dopo il divorzio. Le ragioni sono molteplici e soggettive, tuttavia si possono ricondurre più in generale all’abitudine e alla convenienza». E poi, spiega Bernasconi, «ho avuto casi in cui il marito provava un gran fastidio, perchè la moglie non voleva rinunciare al suo cognome dopo il divorzio, ma non ha potuto fare niente, così ci siamo concentrati su altri aspetti del divorzio».

Spetta al legislatore dare una nuova lettura più ampia della legge vista la casistica

Il nocciolo della questione sta nel fatto che allo stato attuale, dal profilo giuridico, la facoltà per un coniuge di riprendere il proprio cognome da nubile o celibe è qualificato come diritto strettamente personale, sottratto dal libero accordo fra le parti. Fuori dal linguaggio legale, significa che di principio questo aspetto non può essere formalmente regolamentato in una convenzione di divorzio. «A mio avviso questa è una contraddizione di fondo - afferma Soldati -. Il coniuge che decide di mantenere il cognome da spostato, spesso da noi è la donna: lo fa magari per ripicca o perché non vuole rinunciare ad uno status che il cognome le conferisce. E il marito non può fare nulla, sotto questo profilo per me vi ancora troppa disparità di trattamento tra uomo e donna. Bisognerebbe dunque modificare la normativa».

L'opinione di Ramona Gallo, Avvocato

Non è più un appellativo soltanto di carattere anagrafico è diventato un tratto distintivo, una etichetta sociale

Il cognome non rappresenta esclusivamente un identificativo anagrafico, può essere anche un’etichetta di carattere sociale, un appellativo con il quale le persone vengono riconosciute. Per questo motivo, molte donne utilizzano comunemente il secondo cognome, facendolo diventare una sorta di elemento distintivo, in special modo quando il loro marito è un personaggio famoso, oppure è noto in un determinato ambiente sociale.

Questo concetto poteva valere per il passato quando la donna non aveva un ruolo nella realtà in cui viveva ed il matrimonio era considerato l’ingresso in società. È singolare che la nuova legge visto l’evolversi del ruolo della donna, si fossilizzi su un concetto a mio modo di vedere oggi arcaico. Con questo non si vuole ridurre l’argomento ad una critica che riguarda una consuetudine codificata nel tempo ma che ormai deve considerarsi desueta e superata. Una volta che il vincolo matrimoniale termina con il divorzio cessano tutti gli effetti civili legati al vincolo coniugale ed a maggior ragione non ha più senso il mantenimento del cognome del marito. A rigor di logica dovrebbe cessare con la sentenza di divorzio (una volta passata in giudicato), semplicemente per una questione d’identità ed una corrispondenza dello stato attuale/ reale. Entrambe le parti hanno lo stesso diritto a rifarsi una vita a volersi risposare - spezzo una lancia a favore - degli uomini che devono sentirsi liberi di voler ri-dare, eventualmente, il loro cognome alla (nuova) moglie senza che esista un vincolo «letterale» con il passato (retaggio arcaico) all’uso del cognome. Le donne che si stanno emancipando nel mondo del lavoro e che chiedono equità a parità di condizioni sul posto di lavoro, lo devono fare anche nei rapporti interpersonali, e abbandonare le vecchie consuetudini. Rimanere legate ad un cognome solo per principio, etichetta, ruolo sociale, una volta finito il rapporto di coniugio, restare legate a desuete consuetudini, è un tornare indietro oltre che non voler riabilitare il cognome da nubile, è un po' negare la propria origine la propria vera e reale identità. Detto ciò credo che un ulteriore sforzo debba essere fatto dal legislatore; con la nuova normativa ha liberalizzato il diritto «prima» del matrimonio tra i futuri marito e moglie su quale cognome scegliere per i coniugi, quale dare ai figli, è quindi necessario liberalizzare il diritto anche dopo la fine del rapporto di coniugio, per cui con il divorzio cessano tutti gli effetti civili automaticamente, anche il mantenimento del cognome dell’ex coniuge.