A tavola

Se la pizza ticinese è vittima dell’inflazione

I rincari degli ingredienti pesano sui menù, e i pizzaioli ammettono: «Siamo costretti a ritoccare»
© CdT/Archivio
Davide Illarietti
26.03.2023 13:30

«È una cosa schifosa». A mandare in bestia il pizzaiolo del ristorante Da Franco, a Lugano, è la mozzarella tagliata a cubetti che sparge sullo strato di salsa rossa. Ma ce l’ha anche con il pomodoro. E con la farina dell’impasto a dire il vero. Non per la qualità - «sempre ottima» - ma per il prezzo. «Alcuni clienti si sono indispettiti quando ci siamo adeguati all’inflazione» lamenta. «Ma cos’altro potevamo fare?».

Il caro-vita si fa sentire oltre che nel carrello anche nel piatto dei ticinesi, e quello della pizza non fa eccezione: anzi essendo più grande, gli effetti si vedono meglio. Dall’inizio del 2023 il costo dei principali ingredienti è salito (fino al 30 per cento in alcuni casi) e buona parte dei ristoranti hanno ritoccato i menù. In Italia il rincaro medio è stato del 7,7 per cento secondo la Federazione dei pubblici esercizi, il costo degli ingredienti è salito invece del 25 per cento. I prezzi sono cresciuti anche in Ticino, mantenendosi vicini al doppio rispetto alla vicina Penisola.

L’indice della Margherita

A rendere il conto più salato sono soprattutto le pizze speciali, quelle «ricche» o «arricchite» su richiesta del cliente. Da Franco sono aumentate di 1 franco il mese scorso, alcune di 2: la più cara («Carpaccio, Rucola e Grana») è salita a 19. La Margherita rimane a 10, «perché è un simbolo e non si può toccare». Le lamentele non sono mancate, ma «neanche la comprensione e la solidarietà» spiega il pizzaiolo. Del resto non è un caso isolato. In Piazza Riforma i rincari sono arrivati prima, «già nel corso della pandemia» al ristorante Argentino ad esempio, dove la margherita è passata da 13 a 14 franchi, al tagliere (impasto spesso) da 18 a 19. «Siamo al passo con i tempi per quanto riguarda l’offerta, e per forza di cose in presenza di rincari importanti siamo obbligati ad adeguarci» spiega il direttore.

Il caro-ingredienti

Un «franchetto» in più passa forse inosservato nei menù delle pizzerie blasonate, ma altrove può diventare un problema. Alla pizzeria Compare di Locarno, ad esempio, non si azzardano a superare la soglia «psicologica» degli 11 franchi per la Margherita. «Abbiamo sempre puntato su prezzi popolari. Non lavoreremmo più, se dovessimo alzarli» spiega il pizzaolo e titolare Chris. Significa rinunciare a dei guadagni, in un momento in cui le voci di spesa degli esercenti sono sistematicamente in crescita. Chris fa due conti, che collimano con quanto registrato da Gastro Ticino e con i listini della grande distribuzione. Una confezione di mozzarella (4 kg) costa ai ristoratori 8.50 franchi, anche 9, a seconda del tipo. Prima della pandemia erano 2.50 franchi in meno. Il sugo di pomodoro è arrivato a 18-19 franchi al cartone (10 litri). Calcolatrice alla mano, fanno 1.60 franchi in più. Un sacco di farina (25 kg) costa tra i 50 e i 55 franchi, con un rincaro di 3-5 franchi rispetto al passato. E la lista potrebbe continuare.

Aumenta il salario minimo

«A i rincari sugli ingredienti vanno aggiunte altre spese vive i cui aumenti colpiscono noi come tutta la ristorazione, e buona parte dell’economia in generale» osserva Giovanni Zinna, veterano del settore e responsabile di Gastro Ticino per la formazione dei pizzaioli. «Sono aumentate le bollette del gas e della corrente, che per aziende ad alto consumo sono importanti». Anche la legna da forno (per chi ce l’ha) è diventata più cara, del 15 per cento in un anno. Infine la voce stipendi. Nel 2023 il salario minimo per un pizzaiolo è aumentato da 3.700 a 3.800 franchi lordi in Ticino. Ma il personale non abbonda: un professionista formato ed esperto «non si trova per meno di 4.500» assicura l’esperto. Volente e nolente, insomma, anche Zinna nei suoi ristoranti (tre, nel Bellinzonese) ha dovuto fare qualche ritocco. «I prezzi delle pizze forti sono rimasti gli stessi, ho alzato quelli delle pizze fuori menù, arrotondandoli verso l’alto o aggiungendo al massimo un franco». Anche le aggiunte (più olive, più prosciutto) una volta erano gratis: «Ora le faccio pagare» ammette l’imprenditore a malincuore.

Ritocchi discreti, in punta di penna. Cominciando magari dal fondo del menù. C’è chi ha arrotondato il coperto. Chi ha aumentato le bevande. Alla pizzeria Compare si sono «sfogati» sui dessert: 50 centesimi o un franco in più, nella speranza di far quadrare i conti. «Navighiamo a vista» è il ritornello che si rimbalza di forno in forno. Che significa: nei prossimi mesi, ulteriori aggiustamenti non sono esclusi. Anche in base alla capacità dei consumatori di digerirli. Troppo lievito in una volta sola - i pizzaioli lo sanno bene - potrebbe causare al cliente bruciori di stomaco. O di portafogli.

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