1. maggio

Sindacati preoccupati

Una festa del lavoro guastata dall'inflazione e dalla guerra in Ucraina
Andrea Stern
Andrea Stern
01.05.2022 06:00

Oggi è il primo maggio. Come ogni anno dal 1890 a questa parte - fatta eccezione per il pandemico 2020 - i lavoratori scenderanno nelle piazze delle città invocando più diritti, più salario, migliori condizioni di lavoro. E la pace nel mondo. In Svizzera sono previste una cinquantina di manifestazioni, da Zurigo a Ginevra, da La Chaux-de-Fonds a Bellinzona. Qualcuno ha già festeggiato venerdì sera, l’OCST, con un convegno sulle «sfide del lavoro nella transizione ecologica». Gli altri sindacati restano invece fedeli ai tradizionali cortei con sventolamento di bandiere e discorsi al popolo.

«Uniamoci, stringiamoci»

«Lavoratori e lavoratrici! Accomunati dalle ingiustizie, dalla miseria e dai dolori; affratellati da un grande ideale, faro luminoso del Mondo nuovo, noi formiamo una grande sola famiglia – scriveva Libera Stampa, organo del Partito socialista ticinese, il 1. maggio 1919 –. Uniamoci, stringiamoci, cuore a cuore, fianco a fianco, nelle nostre organizzazioni, nelle nostre case del Popolo, nelle nostre scuole, nelle nostre biblioteche, nel nostro giornale, nelle nostre società ricreative, solidali sempre nella gioia - avarissima per noi - e nel dolore - fedele compagno della nostra esistenza».

Era il 1919. A Zurigo si radunarono 50 mila persone, a Bellinzona, Locarno e Lugano sfilarono «imponenti cortei», secondo il Corriere del Ticino di allora. Era il periodo in cui i sindacati reclamavano a gran voce la settimana lavorativa di 48 ore, l’uguaglianza salariale tra uomo e donna, l’introduzione di sussidi per la disoccupazione e di un sistema di previdenza per la vecchiaia gestito dallo Stato. Alcuni di questi obiettivi sono stati nel frattempo raggiunti, altri meno. Guarda caso, l’uguaglianza salariale figura ancora oggi nel manifesto della rivendicazioni del sindacato Unia. Oltre cent’anni dopo.

Potere d’acquisto triplicato

D’altra parte va riconosciuto che nel frattempo i progressi sono stati tanti. L’assicurazione disoccupazione facoltativa è stata introdotta nel 1924, quella obbligatoria nel 1976. L’AVS è diventata realtà nell’immediato Dopoguerra. E il potere d’acquisto dei lavoratori è fortemente cresciuto.

Ancora nell’ultimo decennio, o meglio tra il 2010 e il 2020, i salari reali in Svizzera sono cresciuti dell’8,1% per gli uomini, del 9,2% per le donne. Mentre sul lungo periodo la crescita del potere d’acquisto è ancora più impressionante. L’Ufficio federale di statistica ha calcolato che, al netto dell’inflazione, oggi gli svizzeri guadagnano più del triplo rispetto al 1939. Per la precisione, i salari reali degli uomini valgono oggi il303% di quanto valevano allora, quelli delle donne il 367%.

Stiamo conoscendo uno shock come non lo conoscevamo da molto tempo
Pierre-Yves Maillard, presidente dell'Unione sindacale svizzera

«Stiamo conoscendo uno shock»

Questo non significa che non esistano più disparità, né che la situazione attuale non possa far temere un’erosione del potere d’acquisto. Alla luce della guerra in Ucraina c’è oggi chi vede nero, come l’Unione sindacale svizzera (USS), che negli scorsi giorni ha invocato aumenti salariali per consentire alle famiglie di far fronte al rincaro e all’annunciata stangata sui premi dell’assicurazione malattia. «Stiamo conoscendo uno shock come non lo conoscevamo da molto tempo», ha detto il presidente del sindacato Pierre-Yves Maillard.

Anche gli analisti, seppur con toni più pacati, vedono nubi grigie all’orizzonte. A seguito dell’invasione russa dell’Ucraina l’istituto BAK Economics ha rivisto al ribasso la sua stima sulla crescita del PIL svizzero nel 2022, dal 3% al 2,3%. Nello stesso tempo il tasso di inflazione dovrebbe situarsi attorno al 2,1%. Meno che negli altri Paesi europei, sottolinea BAK Economics, grazie alla forza del franco. «Queste prospettive sono però minacciate da rischi e imprevisti, a partire dal pericolo di un’ulteriore escalation del conflitto, che minerebbe ulteriormente la stabilità economica, oltre naturalmente ad accrescere la sofferenza delle persone coinvolte», precisa l’istituto.

Si può sempre temere il peggio, se si vuole. Sebbene la Banca nazionale svizzera (BNS) – che pure nel primo trimestre ha registrato una perdita di 32.8 miliardi di franchi – non veda motivo di fasciarsi la testa prima di rompersela. «Personalmente – ha detto il presidente Thomas Jordan all’agenzia Reuters – credo che una parte significativa dell’attuale inflazione sia temporanea».

Credo che una parte significativa dell'attuale inflazione sia temporanea
Thomas Jordan, presidente Banca nazionale svizzera

La disoccupazione continua a calare

Non desta, almeno per adesso, troppa preoccupazione nemmeno il mercato del lavoro. In marzo il tasso di disoccupazione in Svizzera è sceso al 2,4% (in Ticino al 2,7%). È nel contempo in crescita il numero di occupati. In Ticino, dopo un lieve calo nel 2020, segnato dalla pandemia, l’anno scorso il numero di occupati è tornato a salire superando i livelli pre-pandemici. Nel 2021 si contavano 235.600 occupati, oltre ventimila in più rispetto ai 214.500 di dieci anni prima.

Un aumento che, in Ticino, è tuttavia andato quasi esclusivamente a vantaggio del frontalierato. In dieci anni infatti il numero di occupati svizzeri è diminuito da 118.000 a 113.100, mentre nel mercato del lavoro sono aumentati gli stranieri domiciliati (da 25.400 a 30.500) e soprattutto i frontalieri (da 51.900 a 73.000).

«Solidarietà tra lavoratori»

Tornando al Primo maggio. Vista l’invasione russa dell’Ucraina, quest’anno l’USS ha deciso di far ruotare la festa del lavoro attorno ai valori di «pace, libertà e solidarietà». In un appello, ricorda che il peso maggiore della guerra ricade sulle spalle dei lavoratori. «Ora più che mai è importante che la vera solidarietà tra i lavoratori si esprima al di là delle frontiere e a prescindere dalle nazionalità - sostiene l’USS nel suo appello per il 1. maggio -. Vogliamo che i profughi di guerra trovino in Svizzera un Paese d’accoglienza aperto e che la Svizzera contribuisca con tutte le sue forze al sostegno della popolazione civile in Ucraina. E i Paesi limitrofi che sopportano il carico maggiore dell’approvvigionamento devono essere sostenuti con rapidità ed efficacia».

Sindacati sempre più ristretti

La parola alle piazze. Megafono di un movimento che continua a restringersi. Oggi in Svizzera solo il 17% dei lavoratori è sindacalizzato. Nel 2002 erano il 25%. Unia, il più potente sindacato, conta solo poco più di 180 mila affiliati. In totale a essere iscritte a un sindacato sono 684.557 persone. Siamo lontani dal periodo d’oro degli anni Settanta, quando i sindacati svizzeri potevano contare su oltre 900.000 iscritti. Oltretutto in un mercato del lavoro che era più piccolo di quello attuale.

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