Donne

Storie di vita e di violenza

Il drammatico racconto di chi ha subito umiliazioni e molestie e ha trovato la forza di reagire
Giorgia Cimma Sommaruga
08.05.2022 10:00

Si è scagliato contro di me, non sapevo il motivo, non ho reagito». Ilary e Marta pronunciano entrambe questa frase, perché entrambe hanno vissuto una situazione che le ha segnate profondamente. Entrambe sono state vittime di violenza fisica e psicologica. Il carnefice? Scontato: il loro partner.

Il fenomeno della violenza sulle donne progressivamente ha assunto dimensioni e forme sempre più preoccupanti. Le vittime sanno che il loro partner violento definisce le regole della relazione, sanno anche che esercita su di loro uno stretto controllo, le ricatta, le svaluta, le fa sentire sempre in colpa, le domina e le isola dal mondo. Le donne maltrattate - hanno spiegato psichiatre e criminologhe - sanno tutto questo. Eppure restano. Spesso anche dopo aver denunciato. Legate al loro carnefice, con un nodo stretto. Perché? Cosa impedisce loro di rinascere, scacciare la condizione di vittime? «Le regole del gioco - spiega Marta-. Un gioco che tarda a punire chi commette atti di violenza».

Non mi sento tutelata

Nell’ambito della violenza domestica, i dati relativi ai reati registrati dalla Polizia cantonale nel 2021 sono aumentati. «Parliamo del 18% in più rispetto al 2020, pari a 717 infrazioni - osservano le vittime -, ma non vi potete neanche immaginare quante donne subiscono violenze e non chiamano le autorità». A questo proposito è Ilary che cerca il confronto con chi non ha avuto il coraggio di rivolgersi alle autorità: «Ho creato il profilo instagram @violenzasulledonneticino. Voglio capire assieme ad altre donne come mettere in luce zone buie del diritto svizzero che - duole dirlo - non ci fa sentire tutelate, dato che, anche se subiamo un maltrattamento, il nostro carnefice viene allontanato dalla polizia per soli 10 giorni. Ma quante volte in questo lasso di tempo il carnefice - ignorando l’imposizione delle autorità - avvicina nuovamente la vittima e magari si vendica per la denuncia e la massacra?».

In Svizzera situazione preoccupante

Secondo il Dipartimento delle istituzioni «la Polizia interviene in media tre volte al giorno - in Ticino - per situazioni di violenza domestica». Ogni anno - in media - «seguiamo 600 vittime, di cui il 40% riguarda situazioni di violenza domestica», riferiscono Cristiana Finzi, delegata per l’aiuto alle vittime e Nadia Gianora Lanini, operatrice del servizio. «Il servizio per l’aiuto alle vittime di reati (LAV), - spiega Finzi - è stato creato con l’entrata in vigore nel 1993 della Legge Federale che prevede che tutti i Cantoni abbiano dei consultori affinché le vittime possano ricevere un ascolto, un sostegno e un’adeguata consulenza e anche un accompagnamento in tutte le fasi del procedimento penale». La legge prevede anche delle prestazioni risarcitorie finanziarie, come degli aiuti immediati subito dopo il reato, o anche un eventuale indennizzo e/o il torto morale.

La denuncia è un atto dovuto, a mio avviso, anche se devo ammettere che è stato un percorso molto difficile per me visto che ho avuto vari ripensamenti
Marta

Un aiuto consapevole

Nel mondo 1 donna su 3 subisce violenza fisica, sessuale o psichica. Il dossier pubblicato dall’UFU (Ufficio federale per l’uguaglianza fra donna e uomo) nell’aprile 2021 ha messo in luce un dato importante: «La popolazione generale è poco propensa a denunciare violenza e minacce e la soglia di inibizione in questo senso appare particolarmente alta se vittima e persona imputata si conoscono o se tra loro esiste una relazione: tra il 10 e il 22 per cento delle persone che subiscono violenza domestica si rivolge alla polizia». Tra le altre cose, il medesimo dossier specifica che «il ricorso alla consulenza per le vittime di reati non presuppone né comporta obbligatoriamente una denuncia alla polizia. Alcune persone si rivolgono sia alla polizia sia a un consultorio per le vittime di reati». La denuncia «è atto dovuto, a mio avviso - interviene Marta -, anche se devo ammettere che è stato un percorso molto difficile per me visto che ho avuto vari ripensamenti. Ora vorrei capirne il motivo, ma non ho i soldi per pagare uno psicologo».

Segnalare significa aver preso consapevolezza del problema. E volerlo risolvere. Le strutture d’assistenza intervengono quando una donna ha deciso di chiedere aiuto: «Il nostro consultorio - interviene Nadia Gianora- è un servizio preposto all’aiuto, non una autorità. Il 70 % delle vittime si rivolge in maniera autonoma e il 30% delle persone vi accede tramite terzi (polizia, scuole, medici, ecc..). Dunque i contatti con il nostro servizio possono essere interrotti da parte della vittima in qualsiasi momento».

Una mano tesa

Sul territorio, a disposizione delle vittime in pericolo, la Casa Armonia, nel locarnese, e la Casa delle Donne, nel luganese, sono due strutture protette private che vengono sussidiate. Gli indirizzi delle Case sono segreti per garantire la protezione delle donne che ospitano.

La legge per l’aiuto alle vittime, «prevede delle prestazioni di aiuto immediato - spiegano da LAV -. Si tratta di 4 ore di consulenza legale, un sostegno psicologico di 10 sedute, un soggiorno presso le case protette di massimo 35 giorni, del pagamento di spese mediche urgenti, come ad esempio l’ambulanza. Dopo questi primi aiuti - con gli altri servizi sul territorio - ci attiviamo affinché alle vittime possa essere garantito una presa a carico più a lungo termine».

Ma non per tutti è stato così, racconta Marta: «Ho chiesto aiuto. Ora non so più che fare».