Coronavirus

Un altro maledetto tampone (positivo)

Diario di una settimana con la nuova variante Covid, Stratus, che sta prendendo piede anche in Ticino
©Chiara Zocchetti
Davide Illarietti
14.09.2025 06:00

«Ma è davvero positivo?». L’infermiera guarda il referto come fosse un reperto (archeologico) di una specie creduta estinta.

«Caspita».

Allora esiste ancora. È cominciata con un «raschietto» alla gola, di domenica. Da pensare a un’allergia, o a un effetto della cena indiana. Invece tempo 24 ore, il sintomo numero due (forte spossatezza) ha sostituito del tutto il primo. Anche allora, però, il campanello d’allarme non ha suonato: è comprensibile.

La cosa strana di beccarsi il Covid a quattro anni dall’ultima ondata degna di tal nome - 2022 - è una sorta di senso di stralunamento e solitudine. Come quei personaggi dei film che si risvegliano in un’altra epoca. All’inizio scambiano sempre il passato per il futuro, o viceversa.

Da NB181 a XFG

Poi sarà il passaparola, o qualche articolo che inizia a circolare - nella vicina Penisola 2.mila contagi settimana scorsa - e l’antica domanda riemerge come una maledizione: stai a vedere che? Sono passati due giorni - martedì - e all’effetto spossatezza si è sommato, intanto, il sintomo più distintivo dell’ultima variante Covid comparsa in Italia e in Ticino: la voce roca.

I giornalisti l’hanno soprannominata Stratus perché i nomi medici sono impronunciabili (XFG, NB 181) e perché viene dopo la variante Nimbus: il parallelo con la meteorologia - che coi nomi si sbizzarrisce dai tempi di Katrina - accosta le varianti ai nimbostrati, le nuvole basse che vanno e vengono ma non fanno temporale.

La «variante roca» per ora non è data come pericolosa (toccare ferro). «Da quanto si può apprendere sembra che la raucedine sia il sintomo predominante» confermano dall’Ufficio del medico cantonale. Di sicuro non è fastidioso (la voce profonda ha il suo fascino) quanto latosse secca e poi grassa che è comparsa di mercoledì, e ha il sapore di dejà-vu (in questa fase i sapori si sentono ancora).

Casi in aumento

Si scopre così - per curiosità - che la Stratus rappresenta già il 95 per cento dei casi diagnosticati in Ticino: l’autorità sanitaria non è preoccupata («non vi sono comunicazioni importanti da dare») ma è vero che nelle ultime settimane si è registrato un aumento. Il Ticino è come al solito più influenzato, con un tasso di contagi ((7,8 ogni 100mila abitanti, una ventina alla settimana) tre volte superiore alla media svizzera. O forse è la tentazione di tamponarsi, qui, a essere più sentita?

Un altro dejà-vu. Quelli che si credevano ricordi dei tempi bui, si scopre, in realtà sono ancora lì, nel web: il sito dell’UFSP ha continuato finora a raccogliere diligentemente i dati, dalle acque reflue ai test di laboratorio. Rivedere le «curve» e i grafici ordinati (finché non impennano) è confortante. In Ticino a oggi si registra solo un paziente ricoverato.

La tentazione del test

«La nuova variante è ancora oggetto di studio ma certo è che si diffonde molto velocemente» spiega Linda Müller dell’EOLab, il laboratorio di analisi dell’EOC che si occupa del monitoraggio settimanale e di trasmettere i dati all’UFSP. «Non siamo nel momento del picco, ci aspettiamo che i contagi aumentino ancora molto fino a raggiungere il massimo tra novembre e febbraio».

Nel frattempo la tentazione ha prevalso. Un po’ per nostalgia, un po’ per fact-checking. Farsi un tampone in laboratorio (sì, ci sono ancora) di questi tempi è un’esperienza surreale. Quando l’infermiera ha visto il risultato nella stanza è calato il gelo. Le finestre sono state spalancate in fretta. Sembra che nonostante la procedura curata nei dettagli (e il costo: 130 franchi senza prescrizione nessuno mettesse in conto che, dopotutto, il Covid c’è ancora per davvero.

A questo punto il revival è totale. La reazione emotiva e irrazionale («ma lei lo sapeva, prima di venire qui, di essere positivo?») è la stessa di quattro anni fa. I conoscenti si dividono, di nuovo, tra apprensivi e disinteressati, quelli a cui «si può dirlo» e quelli a cui «si deve dirlo», e il positivo inizia a considerarsi qualcosa di diverso da un semplice influenzato. Arrivano telefonate da persone che non si sentivano da tempo: sono incuriositi, è un po’ un evento esotico («ma allora è vero, gira ancora»). Il Covid in versione addomesticata - sulla pelle altrui - è ormai diventato un argomento proprio come il meteo.

Revival vaccinale

In realtà i sintomi, intanto, si stanno affievolendo - è giovedì: sabato saranno un ricordo - ma la malattia ha raggiunto il «picco» dal punto di vista dell’impatto sociale e sanitario. Fioccano certificati medici, vecchie raccomandazioni che sanno di intimidazioni (mascherine FFP2 in regalo). Il Dss ha un bel ribadire che «le precauzioni da adottare sono le solite, che tutti ormai conoscono bene». La vaccinazione anti-Covid è sempre raccomandata per i soggetti fragili e, dal luglio 2024, si effettua nelle farmacie come per una normale influenza, ricordano dall’Ufficio del farmacista cantonale.

Il dejà-vu per fortuna sembra confermarsi, per ora, un’illusione. Ma contro il panico da tampone forse non abbiamo ancora fatto gli anticorpi.

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